Break this bittersweet spell on me, lost in the arms of destiny

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"Venga tu dall'inferno o dal cielo, che importa,
Bellezza, mostro immane, mostro candido e fosco,
se il tuo piede, il tuo sguardo, il tuo riso la porta
m'aprono a un Infinito che amo e non conosco?"

- Charles Baudelaire, Inno alla bellezza


Hermione venne portata nei laboratori sotterranei, nei quali sarebbe stata tenuta sotto osservazione per tutta la notte.
Fu Draco stesso a chiedere di poter vegliare sulla ragazza, guardandola dormire dall'altro lato della grande vetrata che divideva la stanza adibita per il controllo dal laboratorio.
Un semplice letto era l'arredamento che completava quella bianca ed asettica stanza.
Nessun mobile, nessuna finestra, nessuna luce naturale: solo bianco, bianco ovunque.
Hermione vi trascorse più di diciotto ore, tutte seduta o sdraiata su quelle cortine pallide, immersa nelle sue riflessioni, ignara che due occhi grigi non si stessero perdendo nessun suo movimento.

La notte trascorse serena.
Hermione dormì tranquilla come un bambino e Draco passò ogni istante a perdersi tra i contorni di quel viso dolce ed addormentato.
Fu tentato ogni minuto di aprire quella porta e sdraiarsi accanto a lei.
Averla vicina, sentire il suo calore ed il suo dolce profumo, contare i suoi respiri e passare la notte a contemplarla... Voleva stringerla a sé, memore del contatto del pomeriggio, quando il suo corpo si era stretto a quello della ragazza in un abbraccio che sapeva di disperazione, consolazione e sentimento.
Voleva abbracciarla forte, passare una mano sul suo viso morbido e liscio, tra quei capelli lunghi e setosi. Voleva sentire il suo cuore battere sotto la sua mano e guardare quelle labbra schiuse per tutta la vita.
Si trattenne, però, dal fare tutto ciò. Doveva vegliarla, farle sapere che lei non era un mostro come temeva ma una splendida ragazza, bellissima e coraggiosa.
Doveva vegliare il suo sonno, per tutta la notte, senza distrazione alcuna, seppur la sua più grande distrazione fosse proprio l'oggetto della sua veglia.


Il controllo stabilì quello che già tutti pensavano: Hermione stava bene e non era la vampira dai capelli rossi. Non aveva alcun problema di personalità, nessun canino spuntava nella notte.
La riccia, rincuorata dal controllo, era euforica e piena di energia. Il sorriso non si spegneva mai sul suo volto, rendendo l'atmosfera dell'ufficio Auror più calma e rilassata.
Nella notte non era stato trovato alcun cadavere, notizia altamente positiva a detta degli Auror e del Ministro stesso.
Le notti ed i giorni si susseguirono tranquilli. Nessuna lettera, nessun cadavere, nessun problema.
Quasi stentavano a crederci.
Con il passare dei giorni, il dubbio che l'ultima lettere si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto era divenuto palese, sollevando lo spirito ed il morale di molti.
Le ricerche, però, continuarono ugualmente: qualcuno aveva pur commesso quei delitti.
Peccato che le informazioni fossero sempre le stesse e la situazione fosse in continuo stallo.
I libri che trattavano l'argomento erano sempre gli stessi, ormai conosciuti a memoria da tutta la squadra.
Le informazioni relative alla famiglia Bourgeois e le pietre del sangue, invece, erano davvero pochissime.
Nessun manoscritto, nessun libro, nessuna traccia. Sembrava che quella famiglia fosse scomparsa, inghiottita dal silenzio e dalla nebbia dei secoli.
Nessuno si arrendeva, però.
Hermione scrisse una lettera alla McGranitt, preside di Hogwarts, nella quale le chiedeva un permesso speciale per lei e Neville per poter consultare i libri della Biblioteca di Hogwarts.
Se qualche informazione fosse stata scritta, era sicura di poterla trovare in quel luogo.
La risposta non tardò ad arrivare: l'anziana preside era felicissima di poter rivedere la sua alunna preferita e lasciava la biblioteca – reparto proibito compreso – a loro disposizione per l'intero fine settimana.
Il sabato mattina arrivò ed arrivò anche il Patronus di Hermione col quale esprimeva il suo dispiacere per non poter accompagnare Neville ad Hogwarts. Purtroppo, le estenuanti ricerche e gli sbalzi di temperatura ai quali era stata esposta negli ultimi giorni durante le ricerche nel bosco, le avevano fatto venire un bel raffreddore.
Harry si fiondò subito al camino. Avrebbe voluto mandarle un gufo, ma Edvige II non ne voleva sapere.
La comunicazione via camino fu tempestiva. Hermione si presentò con il viso arrossato ed il naso gocciolante, un'immagine che fece tenerezza all'amico.
«Raggio di sole, che ti è successo?» chiese subito Harry ed Hermione gli rispose con un bel starnuto.
«Lascia stare, Harry. Sapevo che me lo sarei beccato, questo maledetto raffreddore. Lo covavo da un paio di giorni... Proprio oggi, cavolo!» si lamentò la riccia con voce da bambina.
Harry le sorrise e cercò di tirarle su il morale.
«Non ti preoccupare, avrai altre occasioni per rivedere la McGranitt e la tua amata biblioteca» la prese in giro bonario, mentre Hermione metteva il muso. «Manderò Blaise con Neville e ti contatterò non appena avremo notizie. Tu resta a riposo, mi raccomando! Stasera vengo a prepararti qualcosa di caldo» concluse il moro. Peccato che non fece quasi in tempo a finire la frase, che Hermione lo fermò.
«No!» disse soltanto, facendo aggrottare le sopracciglia al moro.
«Perché, scusa?» chiese stralunato.
Hermione sbuffò. «Perché potrei passartelo, scemo! Ci manca solo che prendi il raffreddore anche tu e lo passi alla squadra. Sta' tranquillo, so ancora prepararmi qualcosa da mangiare.» finì facendogli la linguaccia.
Harry le sorrise dolcemente, rivedendo la solita Hermione in quella che aveva di fronte: sempre pronta a preoccuparsi per gli altri e mai per se stessa.
«Va bene, strega. Però risposati, dico davvero.» le disse, poi, con voce più preoccupata.
Hermione gli sorrise dolcemente ed annuì.
«Buon lavoro, Harry.» lo salutò e chiuse la comunicazione.

Ad Hogwarts, però, non trovarono nulla, solo un piccolo libricino scritto in francese antico che nessuno, purtroppo, sapeva tradurre. Era un libricino vecchio, piccolo e consunto, ricoperto di pelle nera e consumata.
Il titolo riportava alle grandi famiglie francesi del medioevo. Speravano di non aver preso un abbaglio.
Ora dovevano solo aspettare che Hermione tornasse in ufficio per sapere se vi era qualcosa di utile in quel centinaio di pagine.
Fortunatamente, Hermione si riprese in fretta e tornò al lavoro in pochi giorni.
Si mise subito all'opera, stupendo tutti con la sua conoscenza del francese, anche dei dialetti più antichi.

Dopo due settimane di ricerche approfondite e turni pesantissimi, gli Auror e la famiglia Weasley al completo ricevettero un invito da una Hermione raggiante.
Il suo lavoro con il libro non aveva ancora portato a grandi risultati, ma la ragazza non disperava. Aveva tradotto più dei due terzi del piccolo manoscritto, scritto in un francese medioevale arricchito di latinismi e dialetti che la facevano arrovellare, ma ancora mancava la parte finale. Era sicura che vi avrebbero trovato qualcosa.
Harry, seduto dietro la sua scrivania, sentì il suo cellulare suonare.
Non era quasi più abituato a quel suono, l'unica che lo aveva chiamato di tanto in tanto, durante le vacanze scolastiche, era stata Hermione anni prima.
E proprio di Hermione si trattava.
Il moro guardò stralunato il display dell'oggetto e, dopo pochi istanti, rispose apprensivo.
«Hermione, stai bene? Dove sei? Cosa succede?» disse a raffica, subito dopo aver premuto il tasto per rispondere alla chiamata.
In risposta, il ragazzo sentì soltanto la risata cristallina dell'amica e si rincuorò.
«Harry, sto benissimo! Sempre il solito catastrofico. Ascolta, ti chiamavo perché mi è venuta un'idea... Che ne dici di prendere i tuoi Auror e la famiglia Weasley al completo e venire a pranzo da me, domani?»
Harry rimase di stucco.
Hermione non stava più nella pelle e in quelle ultime settimane l'aveva vista davvero sollevata, tutto grazie a quel piccolo controllo che, però, aveva sviato ogni dubbio della ragazza in merito alla sua natura.
Il sabato prima aveva preso il sole con Ginny e la rossa era tornata a casa con un sorriso enorme, felice come non lo era da molto tempo. Aveva trascorso quasi due ore a raccontare ad Harry dello splendido pomeriggio passato con Hermione.
Avevano preso il sole, chiacchierato, spettegolato bevendo buonissimi cocktail analcolici che Hermione adorava ed avevano riallacciato i rapporti. Ginny sembrava una bambina il giorno di Natale, mentre raccontava per filo e per segno la splendida giornata trascorsa.
«Pronto?» le elucubrazioni mentali del moro vennero interrotte dalla voce di Hermione all'altro capo della linea.
«Sì, scusa Herm... Ero soprappensiero.» rispose un po' stralunato.
«Allora, ti piace come idea? Sul retro di casa mia c'è un grandissimo giardino e mi piacerebbe poterlo sfruttare meglio. Potremmo preparare un bel pranzetto con l'aiuto di Molly, prendere il sole, chiacchierare... Insomma, stare tutti insieme. Cosa ne pensi? Ci serve una pausa. Queste ricerche ci stanno togliendo un sacco d energie» concluse con enfasi malcelata l'amica.
Harry sorrise teneramente mentre un biondino dall'altro lato della stanza sentiva le mani prudere.
Con la riccia non c'erano più stati grandi avvicinamenti e lui si sentiva in costante agitazione, e lo odiava.
Sentendosi osservato, Harry incontrò lo sguardo di Draco. Vedendolo piuttosto cupo, decise di giocare un po'. Sapeva che quei due si piacevano, non c'era molto da fare. Aveva visto la sua amica sciogliersi tra le braccia del biondo, l'unico che fosse stato in grado di calmarla in un momento di crisi.
Però, come due adolescenti, si fuggivano.
«Mi sembra un'ottima idea. Saranno tutti felici di passare un po' di tempo all'aperto e, soprattutto, con te» rispose allora il moro.
Hermione sorrise dall'altro capo del telefono.
«Perfetto! Vi aspetto tutti per le dieci e trenta. Mi raccomando, puntuali. Dillo anche alla ciurma Weasley. Tu preparati ad essere rapito per il barbecue!» rispose felice la ragazza.
Harry scoppiò a ridere, attirando l'attenzione dei presenti che lo guardarono come se avessero di fronte un alieno.
Harry era un ragazzo allegro, ma nulla in confronto al sorriso sincero ed alla risata cristallina che Hermione era in grado di fargli nascere.
«Il barbecue è il mio regno, lo sai.» rispose sorridendo. «Ah, a proposito. Devo dirlo anche a Malfoy?»
Quello che seguì fu il silenzio più lungo e denso che Harry avesse mai sentito. Draco, al sentirsi nominare, aveva sentito il battito accelerare ed aveva voltato la testa di scatto.
Blaise, accanto all'amico, aveva capito il gioco del moro e se la rideva sotto i baffi.
Il suo amico, da quando si era preso una sbandata per la Granger, era irriconoscibile. Seppur agli occhi degli altri lui fosse sempre lo stesso, Blaise riusciva a vedere la crepe nella sua facciata e nel suo autocontrollo. E ne era felice.
Voleva che l'amico vivesse, sperimentasse davvero i sentimenti, tutti.
Era stato cresciuto come una macchina, fredda e calcolatrice, ma la sua indole non era affatto quella.
Draco era un uomo passionale, preda degli istinti, irrazionale e pieno di sentimenti, ed era ora di tirare fuori il suo vero io.
Per questo resse il gioco al Bambino Sopravvissuto e non disse una parola all'amico.
Harry, nel frattempo, represse un ghigno, immaginando la faccia color pomodoro dell'amica.
«Lo sai che sei davvero un antipatico, Harry James Potter? Sei... sei...» rispose Hermione, la voce totalmente imbarazzata.
Il moro scoppiò a ridere. Adorava sentire Hermione così imbarazzata, era tenera.
«Ho capito, ho capito. A domani, Herm.» e chiuse la chiamata ancora col sorriso sulle labbra.
Si voltò, poi, guardando i suoi compagni.
«Ragazzi, avete impegni per domani a pranzo?» chiese con il sorriso sulle labbra.
I ragazzi si guardarono e negarono, chi a voce, chi con la testa.
«Bene, perché la nostra collaboratrice ci invita a pranzo da lei. Un bel pranzo all'aria aperta. Ci state?»
A Ron brillarono gli occhi. Gli sembrò di tornare indietro nel tempo, ai pranzi domenicali alla tana.
Neville sorrise ed annuì, stessa cosa fu per Blaise.
Draco guardò il moro con uno sguardo strano, poi annuì leggermente, ma Harry non ne voleva sapere di lasciarlo in pace.
«Ah, Malfoy. Hermione era un po' restia, ma alla fine ha ceduto. Sei invitato anche tu.»
Quelle parole, dette in tono piatto e casuale, fecero sentire un dolore sordo in mezzo al petto del biondo.
In quelle settimane avevano lavorato insieme, ma non c'era più stato alcun contatto. Lei gli sorrideva e ci parlava tranquillamente, ma non si era più avvicinata di molto.
Probabilmente si è pentita – continuava a ripetersi il biondo, sentendosi sempre più sofferente, e quello che gli aveva appena detto Potter gliene aveva dato la certezza.
Hermione non lo voleva accanto.
Non aveva nemmeno la forza di controbattere, così si voltò semplicemente, ma Harry fece in tempo a vedere il suo sguardo e si sentì uno schifo.
Forse stava esagerando.
Si avvicinò al biondo e, da dietro le spalle, gli disse semplicemente: «Non c'è più gusto a battibeccare con te. Sei diventato troppo... umano!»
Il tono era calmo, ma sapeva che in questo modo l'avrebbe scosso.
Draco, infatti, si sentì ribollire.
Si voltò, pronto a ribattere con veleno, quando si trovò il sorriso tranquillo di Potter.
Stronzo.
«Ora capisco perché il cappello parlante voleva smistarti a Serpeverde. Sei davvero uno stronzo.» anche Draco non riuscì a trattenere un sorriso, mentre Harry scoppiava ridere.
«Non farla soffrire, Malfoy, o giuro che ti faccio fuori. Non sto scherzando.» disse diventando serio d'un tratto.
Draco rimase spiazzato, poi s'aprì in un ghigno che, però, sapeva di sorriso.
«Certo, Potter. Certo.» rispose leggero, ma Harry capì che la sua minaccia non aveva fondamenta: negli occhi grigi di Malfoy si vedeva qualcosa che somigliava troppo al sentimento più grande che lui avesse mai conosciuto...



Il giorno dopo, un numeroso gruppo di persone dalla testa rossa si era smaterializzato davanti ai cancelli della casa di Hermione.
La famiglia Weasley al gran completo assieme a Neville osservavano incantati quello splendido palazzo riccamente ornato.
Harry fece un passo ed i cancelli si aprirono all'istante.
Il gruppo entrò piano in quel bellissimo giardino, avviandosi verso l'ingresso.
Neville si guardò attorno, rapito dalla bellezza di quella perla d'arte che era la casa della sua amica.
Il giardino arricchito di splendidi fiori e fontane, il pozzo in mattoni scuri che spuntava a lato, le rose bianche che profumavo, uno splendido chiostro con copertura in ferro battuto lavorata ad arte, sorretto da splendide colonne in marmo... Una meraviglia.
La sua bocca rimase spalancata anche quando entrarono nell'atrio.
Quella stanza era magnifica. Non fece in tempo a dire nulla, che Hermione arrivò correndo dalle scale.
Abbracciò tutti, dicendo quanto fosse contenta che tutti loro avessero accettato l'invito.
Persino Percy fu abbracciato, restandone completamente spiazzato.
Fleur rimase incantata dalla bellezza della casa e di Hermione stessa.
«Hermión, mais c'est magnifique! Davvero, la tua casa è splendida. Ed anche tu, sei davvero bellissima.» le disse mentre abbracciava la giovane che rispose sorridendo.
Non fece in tempo a guardarsi attorno, che due figure entrarono dal giardino all'interno dell'ingresso.
Draco e Blaise erano impeccabili, seppur vestiti in modo casual.
Il biondo, soprattutto, era davvero affascinante.
Vestiva di un pantalone nero, che cadeva leggero sulle sue gambe e ne fasciava e definiva i contorni, una maglietta a manica lunga con scollo a v di un tenue celeste che gli faceva risaltare il colore della pelle ed i capelli, per non parlare degli occhi.
Era davvero bellissimo.
I loro occhi s'incrociarono ed Hermione sorrise abbassando il volto, leggermente imbarazzata.
Si avvicinò ai due ospiti che tenevano in mano, entrambi, un mazzo di rose, rosse per Blaise e bianche screziate di pesca per Draco.
La ragazza accettò i fiori sorridendo, e fece strada ai due verso il gruppo, per poi far passare tutti dietro l'immensa scalinata, dietro la quale si apriva un'enorme cancellata che dava su di un grandissimo e curato giardino.
Tutti rimasero a bocca aperta.
Davanti a loro si estendevano ettari di verde, alla fine dei quali s'apriva un piccolo boschetto.
Guadandosi attorno notarono il laghetto finemente curato, all'interno del quale nuotavano splendide carpe giapponesi; i cespugli e gli alberi, i roseti e le mille varietà d fiori che spruzzavano colore su quel manto verde.
Ciò che, però, li colpì più di tutti fu il grande gazebo di fronte a loro e la piscina che si estendeva ad una decina di metri dal gazebo stesso, una enorme piscina in marmo, con piccole cascate ai lati, acqua fresca che sgorgava da pietre marmoree di un beige tenue e lucido.
Hermione fece strada verso il grande gazebo, sotto il quale troneggiava una lunga tavolata riccamente imbandita, con tanto di candelabri in fine ferro battuto, centritavola floreali composti da vasi d'acqua in vetro nei quali galleggiavano piccoli lumini colorati, rose di vari colori e fiorellini ad impreziosire il tutto.
La lunga tovaglia in pizzo bianco, poi, dava un tocco di classe.
Harry venne pilotato subito al barbecue, mentre Molly si avvicinava alla cucina all'aria aperta che Hermione aveva messo appositamente per lei e cominciò a spadellare allegra.
Piano, piano tutti presero posto, s'incominciò a chiacchierare, si cucinò tutti insieme e si pranzò in totale allegria.
Harry era davvero il mago del barbecue ed aveva preparato della tenera e gustosa carne alla brace. Ginny si era occupata dei contorni di verdura ed Hermione si era sbizzarrita con la frutta, mentre Molly preparava decine di piatti diversi, dai primi ai secondi, ai contorni al dolce. Dolce che tutti gustarono leccandosi i baffi.
Come si poteva resistere alle torte allo yogurt di Molly?
Il tempo trascorse in fretta, tra una chiacchiera ed un bicchiere di vino, fino a quando non calò la sera.
Le candele vennero accese ed i centrotavola presero luce grazie ai piccoli lumini. Le luci colorate volteggiavano sui visi dei commensali, mentre le chiacchiere e le risate giungevano fino alla strada.
La temperatura era piacevole, la notte limpida.
Mentre Molly e Ginny cucinavano qualcosa e riscaldavano qualcos'altro, i ragazzi cominciarono a parlare di Quidditch e le ragazze di gossip. Fleur e Angelina si erano sedute a bordo piscina, i piedi immersi nell'acqua ed i visi rilassati mentre l'ultima si accarezzava la pancia prominente con un dolce sorriso ad illuminarle il volto.
Hermione era felice. Aveva trascorso una splendida giornata in compagnia della sua seconda famiglia.
Proprio mentre pensava a tutto questo e guardava la luna illuminare l'acqua nella piscina, due mani si posarono sui suoi fianchi.
Erano abbastanza lontani dal gruppo da poter concedersi qualche minuto da soli.
Hermione riconobbe subito quelle mani e poggiò il capo sul petto di Draco, che circondò il ventre della giovane avvicinandola a sé.
Aveva deciso di azzardare un avvicinamento, e non era stato deluso.
Rimasero in silenzio a guardare il cielo per minuti che parvero infiniti e meravigliosi, poi Draco ruppe il silenzio.
Si sentiva davvero sereno. L'allegria della giornata e le chiacchiere avevano strappato anche lui dalla solita serietà ed il solito autocontrollo. Aveva riso e scherzato, facendo piacevolmente ricredere i presenti. Aveva addirittura cucinato, in un momento in cui Molly si era ritrovata senza l'aiuto di Ginny, sparita vicino al Barbecue dal suo ragazzo.
«Sono stato molto bene, oggi.» la sua voce era calda e leggera mentre soffiava nell'orecchio della riccia.
Hermione sorrise. «Ne sono davvero felice.» rispose sistemandosi meglio tra le braccia del biondo che sorrise a sua volta. La strinse a sé di più e le posò un bacio sul capo.
Era felice. Aveva avuto il timore che lei si ritraesse, che lo ignorasse, dispensando sorrisi di cortesia, invece avevano trascorso la giornata ridendo, rubandosi sguardi fuggevoli e sorridendosi.
Hermione si voltò nel suo abbraccio, fino a ritrovarsi a pochi centimetri dal viso del giovane.
Draco le carezzò il volto leggero, mentre una mano si posava alla base della schiena della riccia.
I loro volti erano sempre più vicini, gli occhi limpidi a specchiarsi in quelli dell'altro... Rosso.
Draco sbatté le palpebre e si staccò un poco dalla ragazza.
Hermione aggrottò la fronte e posò una mano sul viso del ragazzo.
«Tutto bene, Draco?» chiese apprensiva.
Il biondo sentì il cuore mancare un battito al suono del suo nome pronunciato da quelle labbra piene e dolci di fronte a lui.
Sorrise e gliele sfiorò dolcemente. Si staccò da lei e la guardò di nuovo negli occhi per poi calare nuovamente su quelle labbra e coinvolgerle in un bacio tanto dolce da far mancare il fiato.
Hermione schiuse le sue labbra, assaporando piano il sapore del ragazzo, godendosi il calore del suo corpo ed il battito del suo cuore contro la sua mano.
Giocò con la sua lingua, portò le mani a cingergli il collo, si avvicinò ancora di più mostrando la sua passione malcelata.
Draco sorrise sulle sue labbra quando la sentì così vicina, così calda...
Fu il bacio più lungo e più dolce che Draco avesse mai dato e ricevuto.
Fu emozionante.
Quando si staccarono, si sorrisero ed Hermione nascose il suo viso rosso sul petto del giovane che, subito, la strinse a sé, restando accoccolati per qualche minuto, il vento fresco tra i capelli ed il cuore a riprendere il normale ritmo.
Quando lei rialzò lo sguardo, lui si perse in quelle gemme ambrate, tanto trasparenti e pure.
Eppure, per un attimo, gli era sembrato di vedervi riflesso il colore del sangue...




La sua tela si stava tessendo.
I suoi piani stavano dando i frutti sperati ed agognati.
Mancava poco per arrivare alla sua meta, eppure... Qualcosa non andava.
Ciò che inizialmente era stato calcolato e premeditato, incominciava a divenire stretto.
Sentiva qualcosa di caldo, qualcosa di strano ed incomprensibile.
Qualcosa di cui aveva memoria ma che la sua natura non ricordava.
Qualcosa che, presto, avrebbe cambiato tutte le carte in tavola.
Qualcosa che l'avrebbe annientata, completamente.





Note dell'Autrice

"Break this bittersweet spell on me, lost in the arms of destiny", Bittersweet - Apocalyptica feat, Ville Valo e Lauri Ylönen.
La citazione è presa dalla poesia di Baudelaire "Inno alla Bellezza".

Come sangue nelle veneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora