PROLOGO

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"Oddio, non di nuovo! Ma che problemi aveva quella donna?!"

Infilò il cellulare sotto il cuscino, ma non sortì alcun miglioramento. L'anonimo corpo nudo femminile al suo fianco si mosse mugolando.

"Ma chi diavolo è?", si domandò mettendosi a sedere sul bordo del letto. Era nel pieno di un post sbronza apocalittico e quel cellulare del cazzo non la smetteva di suonare!

"Merda... rispondi...", disse il corpo lanciandole il cellulare malefico.

Rispose con voce impastata dal sonno pessimo appena terminato da schifo.

"Pronto?".

"Si può sapere dove cazzo sei?!", sbraitò dall'altra parte una voce di donna che nell'ultimo anno era il suo incubo peggiore.

"Buongiorno a te mia principessa."

"Non fare la stronza Anya! Se non sei qui entro mezz'ora, giuro su Dio che ti rompo il culo!", detto ciò chiuse la comunicazione senza attendere mezza parola da lei.

C'era un piccolo problema però: qui dove? Non poteva certo richiamarla per farle quella domanda, dalla rottura del culo sarebbe direttamente passata alla frittura del cuore. Dio che donna cruenta! In un anno aveva nominato almeno duecento modi diversi per farla fuori! Si passò entrambe le mani nei lunghi capelli biondi e pensò che con una bella doccia fredda ed un caffè forte tutto sarebbe riemerso nella sua mente. Si guardò intorno, di certo non era nel proprio appartamento.

"Ehi bella, dove siamo?", domandò al corpo senza testa.

"Al Bellagio... e lasciami in pace...", bofonchiò carinamente da sotto il cuscino.

Anya adorava quelle coccole mattutine! Raccolse i vestiti da terra, li indossò più velocemente che poté ed andò via.
Il sole del Nevada la pugnalò agli occhi senza pietà e purtroppo non aveva con sé gli occhiali da sole... e neanche la macchina, constatò frugando in ogni tasca.

"Merda!", imprecò prendendo il cellulare per chiamare un taxi... ma la batteria era morta.

"Stronza!", inveì contro la principessa del male che l'aveva svegliata e consumato l'ultimo respiro di batteria.

Tornò all'interno dell'albergo e chiese che le fosse chiamato un taxi. Quando entrò nel proprio appartamento ovviamente la mezz'ora era passata da un bel po'. Mise il cellulare in carica ed andò a fare un'altra doccia. Dopo essersi lavata e profumata si sentiva meglio, ma le leggere ombre sotto gli occhi color ambra erano la testimonianza palese di una notte brava. Stava abbottonando la camicia quando il cellulare ricominciò a suonare. Non c'era bisogno che guardasse il display per vedere chi fosse, lo sapeva benissimo!

"Cazzo la strozzo!", infilò la giacca del tailleur, prese il cellulare, le chiavi della macchina, la borsa ed uscì... ma poi rientrò per prendere gli occhiali da sole.

Mentre avviava il motore dell'auto rispose al telefono che non aveva smesso un attimo di squillare.

"Sto arrivando! Non rompere le palle!", chiuse la chiamata e gettò il cellulare sul sedile a fianco imprecando.

Grazie alla doccia fredda aveva ricordato che avevano la consueta riunione mensile di aggiornamento per quanto concerneva l'andamento dei lavori all'Eco District. Non è che fosse la cosa più importante del mondo e quell'incontro riguardava più la principessa del male ed i suoi investitori che lei e la 'K&C Bio-Construction'. Anya vi partecipava per correttezza e perché l'ordine giungeva dai capi e non per farsi comandare a bacchetta da quella stronza dispotica!

Strinse con forza il volante e contrasse il muscolo della mascella. Meglio non pensare al fatto che avrebbe dovuto sopportarla per almeno un altro anno o con la macchina avrebbe puntato dritta ad un palo della luce!

Parcheggiò l'auto nel suo posto riservato del garage e raggiunse l'ascensore dove erano ubicati gli uffici della società neo-formata da Nyko Cohen e Marcus Kane, i suoi capi.

Le porte dell'ascensore si aprirono ed Anya tirò un profondo respiro prima di avviarsi verso il proprio ufficio. Prima di andare in sala riunioni aveva assoluto bisogno di bere un caffè.

"Buongiorno Clarke", salutò la propria segretaria prima di entrare nell'ufficio e dirigersi verso il piccolo angolo bar dove aveva sempre in caldo una caraffa di caffè nero e amaro. Se ne versò una generosa quantità nella tazza e ne bevve un sorso. Si sentì subito meglio... ma durò poco. Mentre beveva un altro sorso la porta del suo ufficio sbatté con violenza facendola trasalire e versare un po' di caffè bollente sulla camicia immacolata.

"Porca puttana!", imprecò posando la tazza e girandosi furiosa, sapeva già chi si sarebbe trovata di fronte.

"Sto arrivando, non rompere le palle?!", le gridò contro la sua nemesi con occhi di fuoco.

"Si può sapere che problemi hai Raven?! Ti prego parliamone! Oppure fallo con uno psicologo... ma che sia bravo!", alzò la voce lei.

"Se c'è qualcuno che ha bisogno di uno psicologo quella sei tu razza d'idiota! Ogni stramaledetto mese c'è questa riunione di aggiornamento e ogni volta, puntualmente, arrivi in ritardo!".

"Ma che diavolo dici?! Non è vero!".

In effetti non lo era, ma quando litigavano di stronzate ne dicevano tante, giusto per innervosirsi a vicenda... come se fosse stato necessario aggiungere altra benzina sul fuoco!

"Lo fai apposta! Fai di tutto per complicarmi il lavoro! È troppo chiederti di tenere a freno le tue voglie la sera prima di impegni importanti?!".

"Ah, ecco il nocciolo del problema! Per te avere una vita sociale è fuori da ogni logica accettabile!", fece un passo verso di lei guardandola minacciosa e puntandole un dito contro.

"Non sfidare la mia pazienza Raven! Che tu lo accetti o meno sono il tuo capo e ti proibisco di dirmi ciò che posso o non posso fare! Sono stata chiara?".

"Tu saresti cosa?!", domandò guardandola mentre si dirigeva al bagno privato e ne usciva con in mano una camicia pulita, per fortuna ne teneva sempre una di riserva in ufficio.

"Gli investitori sono i miei capi, non certo tu!", le inveì contro mentre si sfilava la giacca. Lei sorrise ironica guardandola.

"Oh per piacere! I tuoi investitori hanno un misero venti per cento di questo bel circo quindi, per favore, sta zitta e fai il tuo lavoro senza ammorbarmi con il tuo triste perbenismo da single acida che vive per il lavoro!", sfilò la camicia e Raven la fulminò con lo sguardo.

Le aveva detto di stare zitta chiamandola single acida?!

"Come ti permetti di giudicare la mia vita?!".

"Tu lo fai continuamente con la mia!", rispose infilando la camicia pulita nei pantaloni del tailleur.

"Perché la tua... influenza il tuo lavoro... il nostro lavoro!".

"Anche la tua. Se lavorassi di meno e scopassi di più saremmo tutti più felici in questo ufficio!", disse infilando la giacca e andando verso la porta. Raven era rimasta di sasso.

"Finalmente ti ho lasciato senza parole! Vogliamo andare? I tuoi 'capi' ci staranno aspettando!", concluse ironica tenendole aperta la porta.




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