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Save praise for a better man
No need for your touching hands
There's nothing to understand
I'm one with the lost and damned

Manuel resta oltremodo sorpreso quando si accorge dell'assenza di Simone. Non ricorda che l'altro abbia mai lasciato l'ufficio senza salutarlo, prima di quel giorno. Pensa subito che qualcosa gli sia successo, che probabilmente l'influenza l'abbia colpito di nuovo, che ne senta ancora i postumi e che sia corso a casa perché stava male.

Decide di telefonargli mentre raggiunge la sua auto.

«Simone? Tutto bene?» chiede, appena l'altro risponde alla chiamata.

Sente un colpo di tosse, prima della voce del suo ragazzo.

«Sì, Manuel, tutto bene. Ero solo molto stanco e sono andato via. Scusami se non ti ho salutato...»

A Manuel quella voce, quell'intonazione non convince minimamente.

«Ma sei sicuro de sta' bene, si? Ti sento strano.» domanda.

«Sì, sto bene, davvero, ci vediamo domani.»
«Mh, va bene, buonanotte Simò. Ti amo.»
«Buonanotte Manu, anch'io.»

Se prima di quella telefonata Manuel pensava che qualcosa non andasse, dopo aver sentito Simone, ne ha l'assoluta certezza.

Il mattino seguente si fa trovare sotto casa sua, ché ormai gli orari delle sue lezioni li ha imparati a memoria. È poggiato alla sua auto con un bicchiere di cappuccino rovente tra le mani.

Non lo berrebbe mai ma Simone lo ama quindi lui, muto, lo asseconda.

«Piccolè.» lo richiama a gran voce quando lo vede uscire dal portone del suo palazzo, tanto che Simone quasi sobbalza.

Per un attimo dimentica le parole di Ginevra e gli sorride, felice.

«Manuel, che ci fai qua?» sussurra, prima di essere catturato dalle sue braccia.

«T'ho portato un cappuccino... e questo.» spiega il maggiore, prima di baciarlo.

Questo è chiaramente un bacio che fa girare la testa a Simone che si allontana poco dopo, poggiando la fronte sulla sua spalla.

«Ma tu...» inizia a dire, poi si ferma.
«Io?» lo incoraggia Manuel.
«Niente, mi dai un passaggio in università? Ho freddo.» biascica prima di baciargli il collo.

Manuel ridacchia, lo stringe di più a sé.

«Sali, va'.» dice, aprendo la porta della macchina su cui erano poggiati.

Nell'abitacolo cala uno strano silenzio, uno  al quale Manuel non è abituato.

O meglio, lui era abituato al silenzio ma da quando Simone riempie le sue giornate c'è soltanto confusione, quella bella, quella che mette a tacere la tristezza che bisbiglia.

«Non me lo vuoi dire perché stai così?» prova allora a chiedere, quando sono quasi arrivati all'università.

Simone scrolla le spalle, «non lo so nemmeno io...» mente.

«Mh.»
«E prima che mi stavi per chiedere?»
«Niente...»
«Simone...»

Simone si gira per guardare Manuel, mentre guida. Ne osserva i movimenti. Gli sembra sempre elegante, nonostante non lo sia, non ventiquattro ore al giorno almeno. E lui se n'è innamorato anche per questo.

Ora si sente un po' stupido a sentire una serie di fastidi allo stomaco soltanto per la vista del suo fidanzato che guida con la  camicia arrotolata fin su i gomiti.

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