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Manuel si sveglia completamente sudato, gli sembra di trovarsi di fronte ad un forno per quanto caldo senta ma in realtà è solo Simone completamente avvinghiato a lui.

È abbastanza preoccupato perché al tatto sembra rovente, quindi suppone abbia la febbre alta, allora si sposta un po' per poggiargli le labbra sulla fronte.

«Simo.» sussurra delicatamente, cercando di svegliarlo.

Riceve in risposta una serie di mugolii sconnessi che dovrebbero rappresentare delle proteste, gli viene da ridere.

«Svegliati, sei troppo caldo Simò.»

Simone apre appena gli occhi, lo guarda e «che fastidio oh...» biascica.

«Fingo de non aver sentito, guarda. Misurate 'sta febbre, piuttosto.»

Sorprendentemente per entrambi, Simone non ha la febbre. La sua temperatura, per tutta la mattina, oscilla tra i trentasei e i trentasette gradi. Tuttavia lui non sembra proprio lucidissimo.

Si accorge soltanto quando è tempo di pranzare infatti che qualcosa non va.

«Manuel!» richiama il suo fidanzato a voce alta, ché lo sente in cucina e lui è rintanato sotto una pesante coperta.

Il più grande subito lo raggiunge, ha le maniche della felpa tirate fin su i gomiti e i capelli arruffati.

«Stai male? Devi vomitare?» chiede, allarmato.

Lui ride intenerito, arrossisce anche un po'.

Scuote il capo, poi batte sul letto accanto a sé, invitandolo a sedersi.

«Ma te non dovresti essere in ufficio, scusami?» domanda, aggrottando la fronte.

Manuel si gratta una mano, temporeggia, «dovrei, in teoria... in pratica è più importante che sto qua.» dice e il cuore di Simone compie una serie di capriole che lui stesso non riesce proprio a fermare.

«Manuel! Ma sei scemo?» esclama però, preoccupato.

«Ti amo anch'io amore mio, luce dei miei occhi e sono felice de sta' qua co' te!» ribatte allora l'altro, sarcasticamente, per schernirlo.

Simone prima ride, poi gli prende una mano ed inizia a lasciarvici tante piccole carezza.

«Un po' non sono abituato... un po' non voglio che tu lo faccia.» sussurra, come se non volesse che quella confessione effettivamente lasci le sue labbra.

«Cosa, piccolè?»

«Che ti preoccupi per me.»

Le labbra di Manuel si curvano all'insù in un sorriso, poi si sporge quanto basta per rubargli un piccolo bacio a stampo.

«Non t'avrei mai lasciato da solo, che pensavi? Io non ti voglio mai lasciare solo.» dice, serio.

E Simone, di fronte ad una simile confessione, non può fare altro che tirarlo a sé per la felpa, stringendola in un pugno ed abbracciarlo forte, fino a sentire le sue braccia divenire un tutt'uno con il suo esile corpo.

«Grazie, Manuel, davvero.» mormora, prima di nascondersi nel suo collo.

«Simò, te devo ricorda' quando ebbi l'incidente?» ribatte il maggiore, ridacchiando, accarezzandogli un fianco in quella scomoda posizione, semi seduto accasciato su di lui, in quell'abbraccio.

Simone sbuffa, allenta la presa.

«Non è necessario.» mormora.
«Ah, non è necessario?» gli fa il verso Manuel.

«È diverso.» continua a protestare Simone, incrociando le braccia al petto.

Manuel sorride come un ebete, si poggia a lui.

Saving graceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora