III • About daisies and greek mythology

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Which takes me back
To the color that we painted your brother's wall

*

«Oh, ma guarda un po'. Lo stronzo è tornato!»

Zenzero lo guarda con il muso che spinge nelle fessure del cancello, uggiola un pochino, e Louis è Louis e quindi gli apre senza esitare un secondo.

Non si può nemmeno sognare di utilizzare la parola buongiorno, quella mattina. Non quando, nel mezzo di un sonno pesante e allo stesso tempo leggero come un battito di ciglia, aveva sognato Harry e il suo sguardo terrorizzato, quasi disgustato, che aveva visto poche ore prima, quando avevano trovato Zenzero. Solo che non era il cane che guardava. I suoi occhi assolutamente lividi guardavano lui, e l'attimo dopo faceva dei passi indietro e diventava sempre più veloce e Louis non riusciva neanche a vederlo, figuriamoci raggiungerlo.

E quel sogno era stato il colmo, dato che per addormentarsi aveva fatto i salti mortali, in quanto le parole di Liam dalla chiamata della sera prima continuavano a produrre pensieri su pensieri su altri pensieri ancora, al livello di una stampante inceppata.

«Tu hai fatto cosa?» gli aveva urlato Liam al telefono, smuovendo un po' l'intera scatola cranica.

«Sì, Liam, lo so di non essermi comportato in modo maturo, ma ero in panico e Harry era-»

«No, dico. Louis, hai davvero deciso di sposare una persona perché ti sentivi in colpa? Ti rendi conto della gravità-»

«No, scusa un attimo» lo aveva fermato Louis, la testa in sobbuglio e l'urgenza a premergli sulla pelle. «Di tutta questa storia, l'unica idiozia che mi riconosci è l'aver deciso di sposarlo?»

«Ma certo che sì! Stavi per condannarti a una vita infelice. Louis, pensaci. Hai scelto di sposarlo perché lo amavi o perché ti sentivi in dovere di farlo?» e Louis sente una nota grave nella sua voce, e non sa se sia disperato sollievo o un sincero rimprovero. A confermare entrambe le opzioni è ciò che Liam aggiunge, sentendo il suo silenzio: «Infatti, come pensavo. Per fortuna hai incontrato Harry, anche se adesso, probabilmente, starai pensando il contrario.»

E Louis aveva ripensato a quella chiamata per tutta la mattinata, o almeno nei momenti in cui non aveva regole grammaticali e un accento troppo morbido per essere quello inglese sulla lingua.

(C'era stata una lezione in particolare. L'insegnante di storia aveva chiesto a Louis di lasciar terminare il compito agli allievi, in quanto, per una serie di imprevisti, avevano dovuto cominciare a ora inoltrata. Louis aveva accettato con un gran sorriso a nascondergli le occhiaie, e per una buona mezz'ora aveva fissato più la cattedra che i ragazzi. Era proprio giornata, perché loro fissavano più lui che il compito.

«Allora? Non avete una verifica da finire?» aveva chiesto Louis a un certo punto, il pugno a schiacciargli la guancia e il gomito puntellato sul bracciolo della sedia con così tanta pesantezza da sentirlo formicolare.

Aveva risvegliato dei mormorii nella classe, prima che una ragazza al primo banco, Sarah, mormorasse: «Va tutto bene, professore?»

Louis aveva sentito il suo golfino stringere un po' sulla sua pelle. «Certo che va tutto bene.»

George, dal retro della classe, aveva alzato la voce: «E pensare che non ha letto questa verifica, professore, non immagino come starebbe, altrimenti.»

«È così terribile?» aveva chiesto, ottenendo subito dei lamenti e dei sospiri sfiancati. E non è che Louis fosse nella sua età dell'oro. Aveva guardato appena la porta prima di alzarsi: «Storia romana?»

Paper Rings || L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora