8.

63 1 0
                                    

Anche oggi è un nuovo giorno, questo significa una nuova rottura di palle però quella è un'altra cosa.

Terzo giorno che non dormo bene, non so manco come faccio a stare all'in piedi, sono stata tutta la notte a pensare ai comportamenti e alle parole di Aaron, non riesco a capirlo, prima fa tutto il simpatico e poi sembra il mostro uscito dalle caverne, con il suo viso perennemente incazzato, le sue frasi acide e il suo comportamento distaccato.

In questo momento sto sopra al tetto della scuola, ormai c'ho fatto l'abitudine, e non me ne vado manco sotto tortura. Dovrei stare in mensa con gli altri, però non voglia né di mangiare né di socializzare con altre persone.

Sto bella tranquilla fino a quando non sento la porta aprirsi. "𝐹𝑎𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖𝑎 𝑢𝑛 𝑏𝑖𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑜 𝑎 𝑑𝑖𝑟𝑖𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 𝐴𝑎𝑟𝑜𝑛, 𝑜𝑟𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑜𝑟𝑎, 𝑛𝑜𝑛 𝑙𝑜 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜 𝑣𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒" congiungo le mani in una silenziosa preghiera, e sì, se ve lo state chiedendo, quando sto da sola parlo italiano, mi viene spontaneo.

"Smettila di pregare, o quello che stai facendo, tanto è inutile" ma vedete che dio mi odia proprio, chi doveva essere se non Aaron. Sbuffo "Che ci fai qui?" Gli chiedo brusca. Si avvicina di più a me. "Potrei farti la stessa domanda rompipalle" mi guarda di sfuggita, concentrandosi poi sul panorama, faccio la stessa cosa. "Stavo prima io" incrocio le braccia e gonfio le guance come una bambina. Di sfuggita ho notato il suo sguardo su di me. " Sai quanto me ne può fregare".

"𝑐𝑜𝑔𝑙𝑖𝑜𝑛𝑒" vorrei anche aggiungere, stupido, stronzo, cretino, essere umano senza cervello, stronzo già l'ho detto?

"Continui ad insultarmi, vuoi davvero che arrivo alle manieri forti" mi richiama, mi spunta un sorriso e quando sto per rispondere mi ferma. "No ok, non voglio più sapere la risposta, sei imprevedibile" al ché mi esce una risata spontanea che lui ovviamente non ricambia.

Torno seria e non parliamo restando in silenzio, nei nostri pensieri. Penso che sono passati minimo 5 minuti quando lui rompe questa atmosfera.

"Parlando seriamente- si schiarisce la gola- ho notato che stai evitando Jared e Ansel, beh l'hanno notato anche loro, se volevi che non lo notassero, stai fallendo miseramente." Mi guarda per vedere se sto prestando attenzione e poi continua. "Non so perché tu lo stia facendo, ma non mi interessa nemmeno, però se vuoi bene a quei ragazzi, non farli soffrire maggiormente. Sai bene quanto io, cosa hanno dovuto affrontare durante la loro adolescenza." Si ferma un secondo aspettando una mia risposta che non arriva, io abbasso il capo sentendomi in colpa.

Non so bene cosa dire, non mi aspettavo che iniziasse questo discorso, non era mia intenzione ferirli, per nessuna ragione al mondo volevo questo. Però più sentendo queste parole, più capisco che mi sto e mi sono comportata da egoista, senza pensare a quello che potessero sentire loro. Mi sono così tanto focalizzata sulla mia paura che non mi sono accorta che stavo facendo soffrire delle persone che mi hanno sempre voluta bene.

 "Pensano che, passati questi tre anni, tu non vuoi avere niente a che fare con loro, che non sopporti la loro presenza e ti vedono distaccata nei loro confronti". Adesso tutta la sua attenzione è rivolta verso me, con gli occhi cerca i miei. Mi gratto la testa in cerca di una risposta "Se pensi che io lo faccia per ferirli ti sbagli."

"Non l'ho mai insinuato, ma penso che ci sia una ragione al tuo comportamento. "Non reggendo il suo sguardo, lo volto sulla vista che c'è dal tetto. "Mi credi se ti dicessi che ho paura" "Spiegati meglio", incrocia le braccia e continua a guardarmi.

"Ho paura di soffrire, del dolore, quando voi ve ne siete andati via, la mia vita è andata a rotoli, prima voi, poi i miei frate- faccio un colpo di tosse, sbagliando a menzionare i miei fratelli, ricordandomi che certe cose le devo tenere per me- volevo dire che sono stata davvero male, e ho paura che risuccede". Mi giro verso di lui, e noto che ha un cipiglio in faccia. Lo guardo interrogativa. "Cosa è successo con i tuoi fratelli?" Sbuffo, io e la mia lingua lunga. "Non è questo il punto, come stavo dicendo per questo ho deciso di ignorarli, però è più difficile di quanto pensassi" l'ultima frase la sussurro e abbasso lo sguardo. "Lo so ho sbagliato, non ho pensato a come potessero sentirsi loro e mi sento davvero in colpa."

HomesickDove le storie prendono vita. Scoprilo ora