Alfie 8

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Alfie era di nuovo un pesce angelo e stava nuotando felicemente nella barriera corallina insieme ai suoi amici. Giocavano, facevano gare di velocità, si nascondevano tra le alghe ridendo e scherzando insieme.

"Vi voglio bene." disse a tutti loro con un abbraccio di gruppo.

"Ti vogliamo bene anche noi ma c'è solo un problema." gli rispose Aaron.

"Che cosa?" chiese confuso.

Ponendo fine all'abbraccio tutti gli puntarono le pinne contro con fare accusatorio.

"Vattene via da qui squalo."

A quelle parole tutto divenne più scuro, Alfie cominciò a diventare più grande, la bocca si riempì di denti appuntiti, il suo colore passò dal giallo al grigio sopra e al bianco sotto. Era di nuovo uno squalo! Cominciarono a comparire pesci di ogni forma e colore, mutilati, con brandelli di carne strappata, con le ossa scoperte, che lo circondarono e lo guardarono con un tono accusatore.

"Come hai potuto mangiarci?" Lo accusarono con una voce spettrale. "Eri uno di noi una volta. Assassino.".

Avrebbe voluto dire qualcosa, giustificarsi, ma in quel momento dalla sua bocca cominciò a fuoriuscire un flusso di sangue che gli impediva di parlare.
Uno squalo avvolto da acqua scura si erse tra i pesci morti. Spalancando le fauci comparvero i suoi genitori completamente masticati.

"Come hai potuto?" lo accusò suo padre.

"Ti avevo chiesto di fare il bravo ma guarda cosa sei diventato." continuò sua madre.

"Avremmo dovuto lasciarti mangiare." gli dissero insieme.

"No." avrebbe voluto rispondere. "Non volevo fare tutto questo." ma non riusciva a parlare.

"Non puoi più giudicarmi per aver ucciso i tuoi genitori. Adesso sei proprio come me." gli disse lo squalo oscuro con una voce simile a quella di un demone, inghiottendo Franz e Dalia.

Alfie cercò di muoversi, ma non ci riusciva. L'essere bloccato gli impediva anche di respirare, mentre tutti continuavano a dirgli.

"Mostro." o "Assassino."

"Non sono un Mostro! Non voglio essere un mostro!" urlò Alfie riattivando le parti spente del suo cervello.

"Un altro incubo?" gli chiese Lisca con un grande sbadiglio. "È il quinto che fai in questi giorni."

"Non posso farci niente." commentò lasciandosi guidare dalla corrente. "Mi sento come bloccato in questo momento."

"Come è possibile?" chiese confusa "Credevo che ormai ti stessi adattando e che cominciasse a piacerti essere uno squalo."

"Beh... commentò lui. "Non sono ancora sicuro di questo."

In quei giorni Alfie aveva mangiato altri pesci senza lasciarli parlare in modo da semplificarsi le cose. Imparò le varie tecniche di caccia e come sfruttare ogni parte del suo corpo da squalo. Scoprì anche, con sua enorme sorpresa, che gli squali devono usare il cervello mentre cacciano. Una volta diventato uno specialista nei pesci piccoli Nathan e gli altri lo avevano sottoposto alla prova definitiva. Uccidere e mangiare un pesce grosso. Ricordava ancora come era andata. Lorentz ne aveva trovato uno specifico apposta per lui.

*

"Vil marrano" gli aveva detto Ramon il pesce spada. "Non sarò la tua prossima preda. En garde."

Alfie guardò il pesce spada che gli puntava contro la spada. Lo sguardo degli altri squali e dei pesci pilota era su di lui. Ma era pronto a compiere questo passo.

"Come vuoi." rispose. "Fatti sotto."

I due nuotarono l'uno verso l'alto e Ramon iniziò a sfruttare le sua abilità con il naso per tentare di colpire Alfie, che fece altrettanto con i suoi denti.
La lotta tra i due fu uno scambio tra morsi, tagli, forza, e strategia.
Alla fine fu Alfie ad avere la meglio e, con un morso, strappò il ventre a Ramon.
Mentre mangiava il suo nemico sconfitto, gli altri squali lo acclamarono e, dopo che ebbe finito, lo portarono in trionfo.

"Ce l'hai fatta." gli disse Berard. "Sei stato bravo e letale."

"Un lavoro impeccabile. Devo ammetterlo." aggiunse Umar.

"Ora sei uno di noi a tutti gli effetti." annunciò Nathan.

"Ti rimarrà qualche cicatrice, ma non importa." concluse Lorentz "Perché esse sono solo una prova della tua forza e del tuo valore."


*

Ricordava ancora quanto quelle parole lo avessero colpito. Mai nella vita avrebbe pensato che si sarebbe guadagnato l'amicizia e il rispetto di un gruppo di squali, ma era successo. Aveva sempre desiderato essere forte e potente, e sconfiggere Ramon in combattimento lo aveva fatto sentire tale. Quest'ultimo aveva una reputazione di abile duellante col naso e loro lo avevano scelto come sua preda proprio perché credevano in lui ed erano convinti che sarebbe stato un modo grandioso per diventare uno squalo a tutti gli effetti.

"Pronto? Terra chiama Alfie." lo chiamò Lisca bussandogli sulla testa.

"Scusa." rispose " È che continuo ad avere dubbi e incertezze."

"Che intendi?"

"Da un lato mi piace il sapore della carne. Ho cacciato e ucciso vari pesci in questo periodo, e mi sono sentito potente e inarrestabile. Mi piace il brivido della caccia, l'esaltazione e il piacere della sfida quando inseguo o tendo un agguato a una preda." abbassò lo sguardo "Ma dall'altro lato non riesco a smettere di sentirmi in colpa, dato che ero uno di loro e il fatto che mi piaccia peggiora le cose. Per questo non dormo sereno la notte."

La pesce pilota rifletté attentamente prima di rispondere.

"Beh, è comprensibile che ti senti così. Sei ancora incatenato alla tua vita passata e non riesci a lasciarla andare. Non hai accettato del tutto quello che sei diventato."

"Il problema è che non sapere cosa mi ha messo in questo corpo mi impedisce di capire se potrei tornare normale. Se mai accadesse, come potrei guardare in faccia gli altri pesci dopo quello che ho fatto?" spiegò Alfie.

"Forse è proprio questo il problema." rispose Lisca "Ti aggrappi alla speranza che un giorno potresti tornare quello di prima. Ma è un dato di fatto che le cose cambino senza possibilità di tornare indietro. Dovresti semplicemente metterti l'anima in pace e accettare che ormai è questo ciò che sei." gli poggiò una pinna sul fianco con fare consolatore. "Forse un giorno potresti trovare il modo di tornare com'eri ma, se accadesse, lo vorresti davvero?"

Il grande squalo bianco dovette ammettere che non aveva tutti i torti. Il problema era non sapere cosa fare ed essere. Voleva passare il resto della sua vita a mangiare gli altri pesci? Oppure tornare a essere una preda debole e indifesa? Una volta avrebbe accettato fin da subito di riavere il suo corpo, ma ora non ne era più sicuro.

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