III

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Londra, 20 Marzo 1983

Erano passate poco più di due settimane, da quando Louis ed Harry avevano cominciato a vivere sotto lo stesso tetto. E, per giunta, a casa del proprietario dagli occhi di ghiaccio. Harry si era opposto, protestando contro la donna, ma non ci fu nulla da fare. Impacchettate le sue cose, non era pronto per trasferirle in un'altra camera.

Lasciare la casa che, per diciassette anni, era stata la sua dimora, fu come un pugnale scagliato nel cuore. Lasciare la casa significava abbandonare suo padre, distaccarsi dall'unico pezzo portante che teneva vivo l'uomo attorno a lui, a quella famiglia colpita dal dolore, all'animo del riccio straziato.

Ci fece su anche un pensiero carino, ma quando mise piede in casa Tomlinson e gli giunse voce di dover dividere la cameretta con lui, volle sprofondare negli abissi dell'inferno. Altro che viaggi allegorico, avrebbe preferito bruciare nel cerchio dei dannati e non uscirne più.

«Nemmeno a me aggrada l'idea di condividere la mia stanza con te. Ma, siccome questo buco presenta poche camere, dovrai accontentarti.» lo minacciò il suo nemico, dietro la porta, prima di aprirla e forse rivelargli la stanza più bella che ebbe mai visto; nemmeno la sua, era così ammaliante.

Le pareti dipinte di viola scuro risaltavano i poster attaccati, a partire dai Queen ai Nirvana, da David Bowie agli U2, dai Depeche Mode a Michael Jackson. Una chitarra elettrica nera e bianca era appesa al muro sulla desta del letto. Delle mensole ospitavano un lettore con tanto di collezione di cassette, vinili e un giradischi grande in pelle, oggetti come portafortuna, simboli del karma e souvenir orientali.

Sulla scrivania una lampada, alcuni quaderni scolastici con dei libri abbandonati, della cancelleria sparpagliata, una pianta pendente e uno strano oggetto con una lampadina al suo interno. Gli parve una seconda lampada ma, più che in genere l'oggetto in sé, era di forma rotonda e funzionava a pile.

Spostò lo sguardo sul letto ad una piazza e mezza, pieno di cuscini e rivestito di un piumone nero, un tappeto ai suoi piedi e, alla spalliera, delle collane di ferro e catene. Un paio di manette in pelliccia viola, un crocifisso, un rosario, un ciondolo fortunato, un quadrifoglio e un girocollo stile gotico.

Deglutendo, saettò gli occhi verdi sulla figura del ragazzo, a braccia conserte, che attendeva dicesse qualcosa. «Questa...questa camera...»

«Non c'è posto per i tuoi libri, qui. Prova solo a sfiorare qualcosa e ti brucio. Sei autorizzato solo a toccare il letto per dormirci e non ti permettere di appoggiare le tue cose sulle mie mensole e la scrivania che le getto nel cassonetto qui giù.» lo fulminò con lo sguardo.

«...Perché?»

«Perché non voglio te e le tue cose tra i piedi.» lo ammonì. «Lo so, che ti piace ciò che guardi, ma non è tuo.»

«Mi piace la mia cameretta, infatti.» scrollò le spalle, ribadendo sugli stessi toni.

«Quel cesso fatto di pagine ingiallite che puzzano e dalle pareti morte?!» quasi scoppiò in una fragorosa risata.

«Come osi?? Tu non hai il diritto di giudicare!»

«Nemmeno tu, bambola.»

«Ma se non ho proprio fiatato!»

«È questo, il punto. Non devi parlare.»

«Vai a farti fottere.» gli diede le spalle, in transito per abbandonare il luogo.

«Guidami tu, non conosco la strada.» lo provocò, ridacchiando quando il ragazzo sollevò il dito medio in aria, scomparendo poi nel corridoio. Si sarebbe divertito molto, a rendergli la vita un inferno.

The Color Violet [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora