II

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Londra, 15 Febbraio 1983

Il giorno dopo, a scuola, Harry fece il possibile per evitare Louis. In classe, naturalmente, fu nettamente impossibile da non guardare o comunque sentirne la presenza, dato che era il componente del gruppo più chiassoso e ronzante di tutti. Ringraziava quelli dall'alto per trovarsi seduto ai primi banchi, lontano di un bella manciata di posti da lui.

D'altro canto, Louis non parve proprio scomodarsi nel degnarlo di attenzioni. Certo, l'occhio cadeva sempre sulla sua figura, su quei tremendi ricci che avrebbe voluto tirare uno ad uno e quei maglioncini che lo rendevano un uomo anziano e prettamente storico. Non aveva un senso di gusto, nel vestirsi. Non come lui, con giacche di pelle, cinture stravaganti, magliette con stampe alla moda, scarpette col tacchetto e i capelli sempre conciati in modo sublime. Era impraticabile, inoltre, non pensare al ragazzo con quella bambina tra le braccia, manco fosse sua figlia.

La penultima ora giunse al termine e il riccio si alzò, prendendo le sue cose. Si sarebbero spostati nel laboratorio di informatica, con dei computer simili a cassonetti della spazzatura e mal funzionanti. Avrebbero dovuto praticare laboratorio di scrittura creativa, quindi senza il bisogno di connettersi o di imparare cosa fosse la rete.

Il docente, una giovane donna sui circa quarant'anni, li condusse passo dopo passo. Ciò che avrebbero dovuto scrivere riguardava proprio i rapporti sociali, le emozioni e il loro relazionarsi con gli altri. Per alcuni divenne un gioco da ragazzi, per Harry abbastanza complicato, soprattutto se il suo primo pensiero era sua madre e la situazione con il nuovo compagno che proprio non lo aggradava.

Nei corridoi un via vai e lascia passare di docenti, personale, studenti. Ragazze con capigliature stravaganti, perle, fasce tra i capelli e ogni capo fatto di jeans. Libri tra le mani, orecchini a forma tonda, stivaletti col tacchetto, eccesso, colore, cinture ad uomini e donne, pantaloni a vita alta, a zampa d'elefante o a palazzo, giacche di pelle...insomma, un misto di caos e garbuglio, in quella scuola.

Urtò contro alcune ragazzine, appostate agli armadietti intende a scambiarsi sguardi e pettegolezzi con la scusa di prendere un libro o qualche effetto personale, percependo una risatina, quasi a presa in giro, ma non si voltò per osservare i loro volti deridenti, guardando davanti a sé. E non si voltò nemmeno quando il suo nemico lo raggiunse, fermandosi dietro lui dopo aver rivolto l'occhiolino a quelle tre paperelle.

«Solo tu puoi farti deridere dalle ragazze, Styles. Penso che tu sia così imbranato che nemmeno te ne accorgi.»

Continuando a camminare nella propria direzione, con lo sguardo avanti e la mascella contratta. «Che cosa vuoi, Tomlinson?»

«Tormentarti.» rispose, avvicinandosi al suo orecchio e infiltrando le mani nelle tasche dei suoi jeans vintage, tenuti fermi da una cinta nera molto elegante. Con la coda dell'occhio, Harry gli scrutò la giacca larga in pelle, di una tonalità marrone, e voltò lo sguardo al cielo, senza scomporsi.

Con un mezzo sorriso, la lingua tra i denti e le pupille gagliarde, gli si avvicinò al volto provocatorio «Hm, tecnicamente adesso io e te siamo legati dall'eroico amore che i nostri genitori nutrono l'un l'altro.»

«Sì, dillo con voce più alta la prossima volta.» replicò sarcastico.

Così il ragazzo dagli occhi blu portò le mani alla bocca, echeggiando: «Harry Styles è il mio fratellastro» ma, prima che potesse portare a termine la sentenza, ricevette dal diretto interessato un pugno alla costola, colpendogli il fianco. «Questa è violenza!»

«E la tua imbecillità.» ribatté stizzito «E poi, non siamo fratellastri. Tu non sei un bel niente per me né tanto meno lo sono io per te. Lasciami in pace, adesso.» concluse, superando la soglia del laboratorio e, ogni studente, si accomodò. Harry prese posto nella prima fila, così che Louis si adagiasse all'ultima con i suoi compagni e confabulasse senza infastidirlo.

The Color Violet [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora