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Londra, 21 giugno 1984

Uscì da quell'aula con il volto allibito, quando la commissione aveva deciso che l'esame fosse più che soddisfacente, e la valutazione eccellente. I torpori, le ansie e i tremori delle precedenti notti passate insonne, delle quattro ore prima trascorse a ciondolare in giro per la scuola, ripassando e pregando qualsiasi libro sacro affinché andasse tutto bene, erano futili e vani, adesso che si ritrovava diplomato e con quegli anni affrontati e superati.

Si chiudeva un capitolo della sua vita, e se ne sporcava un altro di inchiostro; una nuova prima pagina, un nuovo inizio, ma lo sfondo sempre uguale. Uscito da scuola, corse all'esterno dove Gemma, assieme alla piccola Didi e al cognato, lo stavano aspettando.

Con la scusante dell'andarlo a prendere e festeggiare solo loro quattro, la sua famiglia gli aveva organizzato una piccola festa in disparte; per dir si voglia, comunque anche senza saperlo se lo sarebbero aspettato, che avrebbe superato l'esame finale. Adesso era diplomato, aveva quasi vent'anni e stava imparando a guidare la macchina.

Non appena uscì, la donna corse nella sua direzione con le braccia aperte e, dopo aver urlato di gioia, lo strinse così forte da farlo quasi soffocare. Lui sorrise apertamente, appoggiando il mento sulla sua spalla, e percepì la sorella accarezzargli la schiena. «Il mio piccolo, grande uomo! Sono così fiera di te.» esalò, strillando al suo orecchio.

«Ma non sai nemmeno se l'ho superato o meno!!»ridacchiò.

«Non ho bisogno di sentirtelo dire, per saperlo. Piccolo genio.» gli toccò i capelli e lui mostrò le fossette. Poi, rivolse un breve sguardo a Mark che attendeva la sua ragazza si separasse. La donna riuscì a liberarlo e non perse occasione per avvicinarsi al cognato e lasciarsi stringere la mano.

«Congratulazioni, Harry.» gli diede una pacca sulla spalla.

«Grazie, Mark.» sorrise.

«La piccolina ha da dirti qualcosa.» gli fece l'occhiolino e, curioso, egli abbassò lo sguardo. Didi, nella sua gonnellina lilla, teneva in mano qualcosa.

«Harry, tuo.» allungò le piccole braccia e, piegandosi, Harry prese il piccolo scatolino dalle mani della bimba.

«Ma grazie, principessa.» la guardò con occhi dolci e, sciolto il nastrino, sollevò il coperchio e, quello che vide, fu una chiave. Ma non una chiave qualunque. Fiat 127. Non un granché, ma un buon inizio, per mettere in atto le doti della sua patente. Sgranò gli occhi, guardando poi i due. «E questa sarebbe?»

«La chiave della tua macchina.» annuì fiera, Gemma. «Ahh, desideravo tanto dirlo.» esasperò poi.

«Hai un diploma, hai la patente, hai il nostro orgoglio, perché non ancora una piena indipendenza?» disse Mark, «Adesso puoi trovarti un lavoro e non prendere più il bus, puoi andare all'università a comodità tue e potrai farti le scappatine nei boschi con qualcuno.» gli fece l'occhiolino, ricevendo una gomitata dalla fidanzata.

«E poi sono io! Ma tu sentilo, a questo!!» esordì e, la sua espressione, fece ridere non poco il fratello e il ragazzo stesso.

Qualche ora più tardi, si trovavano a casa di Anne e Richard e il ragazzo era bendato, dietro la porta della cucina, che aspettava di entrare. Sul tavolo, una grande torta, tanti dolcini e i parenti, quelli più stretti, ad attendere con ansia. Gemma aveva comunicato alla madre i più minuziosi e possibili dettagli, e la donna si era preparata a tema. Le gemelle e Lottie avevano aiutato Anne a preparare i dolci, Richard aveva comprato la torta e Gemma con il suo ragazzo si erano preoccupati del regalo. La ragazza in questione gli prese la mano e, dopo avergli sussurrato parole d'incoraggiamento, lo trainò con sé verso l'entrata della cucina.

The Color Violet [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora