18. Umiliazione

36 4 0
                                    

«Quindi? Com'è andata? Non mi hai raccontato niente.» Mia madre mi tempesta di domande appena supero la soglia della cucina.

Ieri ho deviato il suo interrogatorio, ma oggi non ho scampo. «Ci siamo divertiti» sibilo, sedendomi nello sgabello dell'isola.

Si volta verso di me e mi scruta circospetta. Mi mordo il labbro e abbasso lo sguardo, consapevole che abbia notato le mie occhiaie vivide, testimoni del mio sonno irrequieto. Da quando ho lasciato andare Enea, è come se stessi prosciugando dall'interno.

Mi irrigidisco mentre asciuga le mani con lo strofinaccio e incrocia le braccia al petto, pronta a ricevere un attacco dei suoi, anche se sono stanca delle domande. Vorrei che tutti mi lasciassero in pace. Se a lui è bastato un solo sguardo per capire le mie intenzioni, perché gli altri continuano a insistere?

Tutto riguarda... riguardava solo noi. Chiudo gli occhi e respiro lentamente per calmarmi, ma i pensieri nella mia testa mi bombardano senza sosta. La parte razionale del mio inconscio è l'unica che mi sostiene. Perché devo essere io a mollare tutto? Perché non può essere lui a rimanere con me?

«Carla? Mi hai sentito?»

Sollevo lo sguardo su mia madre. «No, scusami, ero distratta.»

Inarca il sopracciglio. «Non stai male, vero?»

Scuoto la testa, ma dalla sua espressione seria capisco che non mi lascerà andare stavolta se non le dico qualcosa di vero. «Sono un disastro, mamma.»

Ridacchia. «Fino a qualche tempo fa credevo che rimanessi zitella per tutta la vita, adesso sono sicura che non sarà così. Che cosa è successo?»

«Perché dai per scontato che sia un problema di cuore?»

«Solo l'amore ti riduce così. Forza, racconta.»

Scruto il riflesso distorto del mio viso sul ripiano in marmo. «Ho scelto la mia carriera invece del ragazzo che mi piace.»

«Che sarebbe...»

«Enea.»

Mi soppesa con lo sguardo in silenzio e aspetto che inizi la sua ramanzina, ma, con mia grande sorpresa, annuisce. Si volta verso il forno ed estrae il pollo che ha preparato per cena.

«Non hai niente da dirmi?»

Posiziona la pirofila calda sul bancone e si scosta una ciocca castana che le ricade sul viso. Aggrotta le sopracciglia, pensierosa, prima di sospirare. «Enea ti ha mai detto che ha risposto lui al cellulare la sera prima che finisse in ospedale?»

«Sì, anche se non so cosa vi siete detti.»

Mi porge la tovaglia per apparecchiare. «Dopo una bella raccomandazione, gli ho chiesto di farmi una promessa.»

Sorrido amaramente. «Lui non è bravo a mantenerle.»

«A modo suo, secondo me, sì.»

«Che cosa gli hai chiesto?»

«Di tenerti sempre al sicuro. E lo ha fatto.»

Mi mordo il labbro e reclino il capo, trattenendo le lacrime. Mia madre si avvicina e mi toglie i tovaglioli dalle mani che non mi ero accorta stringere con troppa intensità.

«Ho rovinato tutto.»

Accarezza la mia guancia e mi rivolge quel sorriso che solo le madri sanno fare, come se loro avessero tutte le risposte che tu non hai. «Può darsi. Ma sono convinta che se è destino, per quanto la strada sarà tortuosa, riuscirete a trovare un punto di incontro.»

Mi da un bacio sulla tempia e io sospiro. «Alle volte non dipende solo da te. Ci sono delle condizioni al contorno...»

Alza le mani e scuote la testa, interrompendomi. «Sciocchezze. Sei tu che dai valore a ciò che ti capita. Tutto dipende da te.»

La parte mancante di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora