27. Colpa mia

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«Rimanere da te?»

«Sì, è la soluzione migliore. Potrai cercare un alloggio più adatto nei mesi in cui starò via.»

«Ne sei sicuro?»

Sospira. «Sì, adesso andiamo.»

Appoggio le mani sulle sue spalle per tenermi e monto in sella. Il viaggio di ritorno sembra durare meno dell'andata, ma probabilmente perché penso a tutti i pro e i contro nel rimanere a casa di Enea. Sicuramente ha ragione lui, ma vivere in quel quartiere un po' mi terrorizza.

Quando solchiamo l'ingresso di casa, mi fermo a osservarla come se fosse la prima volta e comprendo il contro peggiore: tutto qui mi farebbe pensare a lui. Anche quando non ci sarà. Anche quando ricorderò che non potrò mai considerarlo mio. 

«Forse potrei chiedere a Noa di rimanere da lui.»

Mi accorgo di aver parlato ad alta voce solo quando Enea mi risponde. «Perché? Questo appartamento è vuoto ed è anche vicino a dove lavori.»

Il solo pensiero di tornare a lavoro e affrontare Damiano mi crea un dolore al petto, ma rimanere disoccupata è l'ultima cosa che posso permettermi in questo momento. «Ti pagherò l'affitto e le utenze. Non voglio essere un peso.»

«Pagherai le utenze, se ti fa stare meglio, ma non l'affitto.» Va verso il comò e apre i due cassetti in basso che sono riempiti solo per metà. «Puoi sistemare qui i tuoi vestiti.»

«Grazie.»

Annuisce e prende la tuta sul letto e un cambio prima di chiudersi in bagno. Osservo la porta chiusa e sprofondo sul pavimento appena sento il fruscio dell'acqua. Incastro la testa tra le ginocchia ed eseguo dei respiri profondi per calmarmi. 

Questa situazione è surreale e, appena ci rifletto meglio, scoppio a ridere in maniere isterica perché, ancora una volta, il destino si sta prendendo gioco di me. Non posso stare insieme a lui, però in qualche modo tutto quello che succede a contorno mi fa ritornare sempre al suo fianco. 

Il cellulare inizia a squillare e mi tremano le mani quando leggo il nome di mia madre. Sono stata così concentrata a trovare un posto in cui stare che ho dimenticato di dirlo alla mia famiglia. Non ho pensato neanche a una scusa per giustificarmi. La telefonata si interrompe, ma ricomincia pochi secondi dopo. 

Premo il pulsante verde per evitare di farla preoccupare ancora. «Mamma.»

«Carla, per l'amor del cielo, dove sei?»

«Sono a casa di Enea» dico, decidendo di non mentirle. 

Rimane in silenzio per qualche istante. «Non sapevo che fosse tornato.»

«È qui solo per questo fine settimana.»

«Va bene. Perché ieri sera non me lo hai detto? Lo sai che con me puoi parlare di ogni cosa.»

Sollevo lo sguardo verso il soffitto mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime. Dopo lo sfogo di ieri mi ero ripromessa di non farlo ancora, ma non riesco a trattenermi. Nella mia mente vedo mia madre che prepara i miei piatti preferiti, il sorriso radioso che mi rivolge mentre mi chiama stellina. Non voglio andare via di casa, non voglio abbandonare lei e Mattia, ma non posso rimanere ancora sotto lo stesso tetto di quel mostro. 

Sento la pelle delle guance diventare umida e mi sfugge un singhiozzo, nonostante stia mordendo i labbro inferiore per trattenermi.

«Carla, che succede?» chiede mia madre allarmata, ma io non riesco a risponderle. Mi manca il fiato.

Delle dita calde mi sfiorano la guancia e mi fanno reclinare il capo. Le mie iridi appannate si scontrono con quelle nocciola di Enea che continua ad asciugarmi le lacrime con un tocco delicato. «Respira, sei al sicuro qui. Andrà tutto bene.» 

La parte mancante di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora