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I'm wasting my young years
It doesn't matter if
I'm chasing old ideas.

🎲🖤🔥

«Madison, torna a mangiare!» grida una voce lontana.

Sto correndo spensierata, ridendo tutta soddisfatta, mentre scappo da una parte all'altra dell'angusto soggiorno.

Le pareti gialle sono ricoperte di muffa e una sporca tenda, anche abbastanza malconcia, pende dalla porta-finestra che conduce in giardino; sulla sinistra si trova il tavolo da pranzo, un tavolino in legno, consunto dal tempo. I miei pochi giochi sono finiti ovunque, persino sulle mensole più alte.

Accanto alla sedia, ormai malamente buttata a terra, c'è Molly, mia sorella.
Il suo sguardo è severo, quasi esasperato, ma, sotto sotto, sta cercando con tutta sé stessa di trattenere un enorme sorriso.

È da più di un'ora che sta provando a farmi mangiare la solita pasta collosa, riscaldata al microonde.
L'unica che, al momento, ci possiamo permettere.

Improvvisamente la porta dell'entrata si apre, finalmente è tornato a casa!

Il mio eroe, il principe che, in una gelida sera di inverno, è tornato a prenderci.

Proprio come aveva promesso.

«Piccola peste, ancora non hai mangiato?» esclama, leggermente esausto, mio fratello.

«Mason, questa pasta fa schifo!» piagnucolo, correndo tra le sue braccia.

Prontamente mi prende in braccio e mi stringe contro il petto possente, è sudato e i capelli scuri sono tutti appiccicati alla sua fronte, ma va bene così.
Ora che è di nuovo con noi va bene così.

«Fa schifo? Molly ancora con questa pasta!» sbuffa e, anche sul suo viso stanco, si forma un piccolo sorriso.

Nonostante tutte le difficoltà, i miei fratelli maggiori non smettono mai di sorridere.
È da sempre il loro modo per rassicurarmi, per convincermi che andrà tutto bene.

«Non è che ci sia molta altra scelta...»

«Lo so, sto cercando di fare il possibile! Dai, adesso la miglioro io questa pasta; con un po' di amore si può migliorare tutto.» sorride ancora Mason, facendomi l'occhiolino.

Lo scenario, tuttavia, cambia e mi ritrovo in una palestra.

Sono sola, tremo, forse per lo shock, forse per il freddo.
Le gambe, indolenzite e insanguinate, sono ancora divaricate.
Non ho la forza di alzarmi, non ho la forza per urlare, sono sfinita e vorrei soltanto sparire per la vergogna.

Mi sento sporca, con i vestiti ferocemente strappati.

Di scatto apro gli occhi, nel silenzioso mattutino, ritrovandomi con il petto che si alza e si abbassa irregolarmente.
Non può essere, non posso aver nuovamente perso il controllo.
Scosto una ciocca di capelli dalla fronte bagnata e cerco, con tutta me stessa, di respirare.

«Era soltanto un incubo, soltanto un incubo.»

Questa frase riecheggia nella mia mente, è prepotente, non veritiera, ma sicuramente capace di calmarmi.

Perché non è mai soltanto un incubo.
È il ricordo di quanto mi è stato tolto, ferocemente strappato quando avevo quattordici anni.
Da allora ho smarrito la bussola, sono uscita fuori dalla retta via, perdendo ogni forma di controllo sul mio corpo.
Neanche quando dormo, neanche quando potrei immaginare una realtà diversa, riesco a dimenticare.

Opposite OddsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora