Capitolo 6

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24 luglio: RAUL (prima parte)

Mi pietrifico sul posto, sento il sangue congelarsi nelle vene. Non me lo aspettavo, non ho la minima idea di come comportarmi dopo una rivelazione del genere. È chiaro che non ha voglia di parlarne, ma se fossi nei suoi panni vorrei avere un po' di compagnia.

Dove sono i tuoi amici? La tua famiglia?

Giro i piedi e ritorno lentamente verso il bordo della terrazza, le mani in tasca e un'espressione neutra, non troppo scioccata in viso. Mi rimetto a sedere in silenzio mentre lei fissa le mie scarpe.

«Ti posso fare una domanda?» chiedo mentre la guardo negli occhi chiari e lucidi, rischiarati dalla luna.

«Spara» dice con fare noncurante, ma lo vedo che è sull'attenti.

Ci rifletto bene, non intendo ferirla facendo domande dirette del tipo: che tumore è?, quando l'hai scoperto?, quanto tempo ti resta?, sarebbero fuori luogo. Ma c'è una cosa che sta in cima alla lista, che ho bisogno di sapere.

«Avresti fatto qualcosa diversamente se lo avessi saputo?»

«Ho cercato di non pensarci, i rimpianti fanno più male del dolore. Però, sì, se potessi tornare indietro cambierei alcune cose» osserva ancora in basso, si vergogna.

«Anch'io mi pento di alcune scelte. Non ti devi vergognare, è normale, credo.»

«Può darsi, ma non dovrei lamentarmi. Sono più fortunata di tante altre persone. Ho una casa, una famiglia che mi vuole bene, la possibilità di studiare e di curarmi. E a parte tutto sono ancora viva, ho ancora tempo.»

L'ho capito dal primo momento che questa ragazza è diversa dalle altre. Ma non sapevo che nascondesse una tale forza e secondo me nemmeno lei si rende conto di possederla.

È assurdo. Sta morendo e paradossalmente mi sta insegnando a vivere. Lei è qui, che cerca di trovare il buono nella sua realtà sgangherata e io mi sento un ingrato, sporco, ho tutto, molto più di lei, eppure c'è sempre qualcosa che non va.

«Ho ancora tempo per innamorarmi» aggiunge poi con un filo di voce come se avesse espresso un pensiero ad alta voce senza accorgersene.

«Senz'altro.»

«Ok, ho risposto alla tua domanda. Ora tocca a me» dice furba.

«Prego...»

«Di cosa ti penti?»

Rido. «Di essermi innamorato della persona sbagliata. Con Haley, la mia ex, ho condiviso pezzi di vita, momenti difficili, credevo di conoscerla... Ero così accecato.»

Non dovrei raccontarti gli affari miei, a malapena ci conosciamo e se avessi capito chi sono, potrebbe essere pericoloso che io ti racconti queste cose, potresti venderle ai giornali. Ma, non so perché, mi fido. Il modo in cui mi guardi, mi fai sentire normale e al sicuro, mi piace. Mi piaci, e voglio che mi ascolti.

«L'ho incontrata ad una festa di recente e abbiamo scambiato due parole. È stato terribile, imbarazzante. Pensavo che avrei detto qualcosa di più interessante, ma non ero preparato all'eventualità di rivederla lì. Ho fatto la figura dell'idiota.» Sto rimpiangendo di aver portato a galla questo argomento. Ogni volta mi riprometto di essere apatico però i ricordi iniziano a bruciare tra la rabbia e la nostalgia.

«Come vi siete conosciuti?»

Mi concentro su Silvia. «Ad un concerto nel 2014.» Non ho intenzione di mentirle, tralascerò alcuni futili dettagli - per prudenza - tipo che quel concerto era mio e che la mia ex fidanzata è la famosa attrice Haley Rose. Continuo a parlare fingendo di essere distaccato. «Siamo stati solo amici per anni prima di metterci insieme. E fin da subito, mi ha sostenuto nelle mie decisioni, era al mio fianco, sempre, una fan. Qualche anno dopo, responsabilità e scadenze si sono messe in mezzo e ci siamo allontanati, senza troncare i contatti. Amava quello che faceva, forse di più di più di quanto abbia mai amato me.»

«Cos'è successo poi? Vi siete riavvicinati in qualche modo...»

Abbasso gli occhi e cerco le parole giuste. «Eravamo stati invitati entrambi ad un evento, era metà serata e il vino aveva fatto il suo gioco fin troppo bene. E lì è successo... Ci siamo baciati. Ma era un bacio consapevole e tutti e due lo sapevamo. Abbiamo iniziato a frequentarci e nonostante gli impegni risultava facile stare insieme avendo un trascorso di amicizia. Quando poi lei ha avuto un'offerta di lavoro a Los Angeles erano passati quasi tre anni. Insomma ero veramente felice con lei e credevo fosse l'occasione per portare la nostra relazione al passo successivo.»

«Ahia» dice solo intuendo il seguito.

«Ho fatto una copia delle mie chiavi di casa per chiederle di venire a vivere con me. Mi ricordo che quel giorno da tanto che rigiravo la chiave tra le dita, mi faceva male la mano. Non ero agitato nonostante il cuore battesse all'impazzata, ero emozionato. Ma quando l'ho guardata, davanti alla porta del mio appartamento, ho subito capito che qualcosa non andava, qualcosa era diverso nella sua espressione. Lei ha soltanto detto che era il momento di una pausa.»

Non dice niente per un attimo e poi dice: «mi dispiace. Cosa hai fatto?»

«Cosa potevo fare? Niente, non ho fatto niente. Una relazione amorosa nasce da due persone, se una si tira indietro non ha senso continuare.»

Provo a chiudere il discorso, non voglio suggerirle altre domande a cui non mi va di rispondere. In quel momento mi vibra il cellulare, sono i ragazzi che si accertano di dove sono. Mi immagino già le loro facce tra il divertito e il perplesso nel leggere «sto conversando con una fata del bosco».

«Comincia a farsi buio, devo andare.»

Il mezzo sorrisetto, veloce come si è formato, scompare dalle mie labbra e deve averlo notato anche lei. «Sai come scendere in città?» Si alza, «se vuoi posso accompagnarti ma prima devo passare a casa a cambiarmi.»

«Sì!» esclamo un po' troppo deciso alla sua proposta.

Che cazzo stai facendo? Te la ricordi la strada che hai fatto per arrivare qui, ce n'è soltanto una per raggiungere l'albergo. Più facile di così!

«Andiamo.»

IL SUONO DI NOI DUEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora