Capitolo 9

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Lo stava guardando, si stavano guardando.
Nico gli sorrise sfacciatamente, mentre Will restò con un’espressione indecifrabile sul volto per qualche secondo. Poi un gruppo di ragazzi numerosi annebbiò la visuale di Nico che, in un impeto di coraggio, si rivolse direttamente a Richard per farsi offrire ancora da bere -forse, ma questo lo avrebbe ammesso solo più tardi, questa volta aveva usato un tono ammiccante. Emma lo guardò con apprensione tentando di farfugliare qualcosa, ma il suo istinto da mamma chioccia era frenato dalle risate di Lucas al suo fianco, dal volume della musica decisamente elevato e dai cocktail che lei stessa aveva bevuto. Quando Nico si ritrovò a sorseggiare il drink offerto dal ragazzo sentì un sapore zuccherino invadergli la bocca e addolcire il palato. Chiuse gli occhi cercando di alienarsi dal caos in cui lui stesso si era rifugiato pur di distrarsi dalle emozioni contrastanti che provava. Richard gli posò delicatamente una mano sul fianco. Nico lo guardò per la prima volta, sul serio. Era carino, aveva un volto spigoloso con lineamenti fortemente maschili: le mascelle pronunciate, il naso lungo, le labbra sottili. Gli occhi erano di un castano scuro, quasi nero. Nico si chiese da quanto tempo Richard lo guardasse in modo diverso dal modo in cui potevano guardarlo gli altri. Si divincolò dalla sua presa facilmente, dato che l’altro non opponeva resistenza.

Lucas ed Emma discutevano animatamente accanto a lui mentre i restanti compagni ballavano o cantavano allegramente. Si accorse che non c’era stato un singolo momento in quella serata in cui non si era sentito fuoriluogo. Sembrava che avesse scelto di recarsi in quel posto più per fare un dispetto a se stesso che per il piacere di uscire. O, quanto altro, per fare un dispetto a Will. Will. Doveva essere ancora tra la folla. Quando si mise a cercarlo con lo sguardo era troppo tardi, il gruppetto di amici con cui il dottore abitualmente usciva si stava avvicinando. Un altro fastidioso cliché.

Nico osservò con ansia Camille e qualche altra ragazza salutare qualcuno del suo gruppo, iniziare a chiacchierare -nonostante l’intensità della musica- con persone sconosciute che si radunavano attorno a lui e di cui non avrebbe saputo riconoscere né il volto né ricordare il nome. Però Will era vicino, non abbastanza da sfiorarsi, ma abbastanza da cercare di decifrarne lo sguardo. Nico sentì nuovamente quella sensazione che aveva provato le prime volte che Will si avvicinava, come se i contorni delle cose si ammorbidissero e gli permettessero di mettere a fuoco solo il volto dell’altro ragazzo, che, inaspettatamente, brillava nonostante la scarsa illuminazione del locale che -ad intermittenza- ricopriva con l’oscurità i loro visi.

Nico non ci pensò, afferrò Richard e appoggiò rabbiosamente le sue labbra contro quelle dell’altro che non lo respinse, anzi ricambiò entusiasta. Quando poi quest’ultimo tentò di approfondire il bacio, Nico si scostò come se qualcosa l'avesse ferito. Guardò Richard, ora confuso, e lo vide. Vide che in fin dei conti, era un estraneo. E lui non voleva baciare altre labbra, sfiorare altri volti, ammirare altri occhi. Nonostante la rabbia e la tristezza accumulata in quei giorni, Nico avrebbe comunque voluto al suo fianco una sola persona.

Si sentì afferrare per un braccio e quando, ormai troppo confuso per poter dire qualcosa, si girò, si accorse che Emma lo aveva avvicinato a sé.
“Che cazzo fai?” Sbraitò Emma. Nico non le rispose, sentendo improvvisamente il desiderio di abbracciarla e di stringerla e di piangere insieme a lei. Non sapeva nemmeno lui perché lo avesse fatto -o meglio, certo che ne sapeva la ragione, ma quanto sarebbe stato umiliante ammetterlo?
“Fammi uscire di qui.” Le sussurrò soltanto.
Emma annuì e afferrò la sua mano, trascinandolo con un certo impeto rabbioso fuori dal locale. Nella confusione generale, mentre la musica scandiva il ritmo di quella serata e le risate gioiose di chi lo circondava si fondevano in un’unica melodia, Nico si rese conto che, sì, stava piangendo. Piangeva in mezzo a tanta gente che non ci avrebbe mai fatto caso. Ed era triste perché l’unica persona che avrebbe dovuto prestare attenzione al suo stato d’animo non se ne era minimamente curato.

When sunrise meets sunset // SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora