Epilogo

155 12 5
                                    

Chiacchiere notturne su di noi. E tutte le volte che non ti ho detto ti amo ma in realtà ti stavo dicendo ti amo.

Il sentimento che ha legato Nico e Will dal primo giorno in cui si sono parlati, in effetti, non può essere spiegato a parole. Lo si potrebbe definire con una moltitudine di perifrasi, si potrebbero snocciolare inquantificabili vocaboli, tuttavia resterebbe sempre un margine di vaghezza assoluta -ed è questo margine, indefinito e indefinibile, che rende autentica la loro storia d’amore.

Il sentimento che ha legato Nico e Will non aveva una spiegazione razionale. Nessun cavillo logico. Nessun ragionamento articolato che ne avrebbe trovato un senso. Quando i loro sguardi si erano incrociati e le loro mani sfiorate per la prima volta, c’era stato qualcosa, che -inizialmente- non poteva avere nome. O meglio, il nome era sempre stato lì, come dimenticato su una mensola polverosa. Amore. Ma faceva paura, intimoriva, spaventava. E la fuga aveva preso posto all’atto di rimanere. Nico avrebbe voluto urlare che in amore non vince chi fugge -lui lo aveva imparato e non voleva più dimenticarselo- ma, fondamentalmente, chi ti sceglie e resta.

Ecco, volendo riassumere tutto -dagli albori del loro rapporto fino alla partenza di Nico, in quell’anno in cui la loro relazione si era basata solo su lunghe telefonate e sporadici incontri- si può dire che il comune denominatore della loro relazione fosse stato l’imperturbabile atto di scegliersi. Avevano scelto il nonostante tutto, nonostante tutto Nico non poteva stare senza Will, Will non poteva stare senza Nico, perché si erano scelti. Futile sarebbe investigare sul motivo. Erano sempre stati capaci, seppur con soventi difficoltà, di leggersi dentro. Il silenzio tra di loro non esisteva, era uno spazio-vuoto di parole non dette, mal celate, tacite ma, sempre, a loro modo, udibili. Anche nel completo, assoluto, silenzio.

Nico aveva ritrovato in Will il coraggio: di mettersi in gioco, di amare, di scegliere, dunque -di restare. Will aveva ritrovato in Nico la spontaneità, l’arte di essere fragili, il coraggio di mostrarsi per quel che si è -insicuri, tenui. E ora Will era in Nico, Nico era in Will. Un’armonia sfuggevole che rincorreva fervente l’equilibrio del loro amore.

Restare. In un certo senso, è il contrario di fuggire.
Quante volte si erano sfuggiti, in una danza spasmodica che li ricongiungeva nel suo ritmo cadenzato.
Poi avevano scelto l’amore. Avevano scelto di restare, nonostante tutto.
Will, dopo due anni e mezzo dal loro incontro, aveva preso una decisione. Dopo aver passato interi pomeriggi facendo zapping da una pagina di Google ad un’altra, si era iscritto alla facoltà di pediatria, a Venezia, per convivere con l’uomo di cui si era innamorato. Non c’era più nulla che potesse trattenere il suo amore -voleva abitare la quotidianità di Nico, vederlo di mattina appena sveglio, vederlo mentre si faceva la doccia e la pelle pallida rifulgeva dietro lo strato di vetro appannato, voleva accarezzargli le tempie nei suoi momenti no per poi stampare proprio lì un bacio, voleva discutere con lui e poi farci l’amore. E Nico, quando aveva acquisito consapevolezza del trasferimento dell’altro, gli aveva sorriso. Un sorriso tenue, quasi labile, ma come miele che ti lambisce le labbra e ti avvolge nella sua accomodante dolcezza. Nico non usava le parole per confessare il suo amore, ma i suoi occhi scuri si colmavano di un luccichio radioso che avvolgeva come un raggio di sole tiepido sfuggito dai fori di una persiana -un raggio di sole che, nella sua umile luminosità, ti riscalda.
Will lo aveva preso in braccio e gli aveva riso nelle orecchie. La sua innata estroversione cozzava con l’intrinseca timidezza di Nico, in un connubio ideale che li aveva legati fin dal principio.

—-
Nico si svegliò di soprassalto. Da quando aveva iniziato la magistrale e, in contemporanea, aveva iniziato a scrivere articoli saltuariamente per un giornale, gli capitava di accumulare una tensione spasmodica che lo svegliava nel pieno del sonno. Si sedette sul bordo del letto e guardò di soppiatto Will. Dormiva serenamente accanto a lui, mentre la luce lunare delle quattro di mattina rimbalzava sul suo viso armonioso formando arabeschi di luce e ombre. Quanto lo amava. Gli faceva quasi fisicamente male constatarlo, come se un peso gravoso gli appesantisse la schiena. Poi si soffermava sulle guance abbronzate del dottore e ne contava le efelidi. Il numero era sempre lo stesso, si amavano come sempre.

When sunrise meets sunset // SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora