MIO FRATELLO SA CHE BACI SUO FRATELLO?

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<Ma'. Esco!> Manuel s'affacciò nella cucina dove sua mamma Anita stava guardando all'interno del frigorifero per trovare invano qualcosa da mangiare per cena. Si voltò verso il figlio: <Torni per cena?> gli domandò.

<No. Sto co' Jacopo. Vado a casa sua che dobbiamo studià> si rigirò il casco in mano per non farsi beccare da sua madre mentre mentiva spudoratamente. Sì, stava andando da Jacopo, ma di certo non avrebbero studiato. Si sarebbero fatti un bagno in piscina, avrebbero fumato le canne. Ormai era maggio, le lezioni erano agli sgoccioli e di certo non avrebbe iniziato ad impegnarsi a qualche settimana dalla fine della scuola.

<Non dirme cazzate Manuel che tanto te conosco come le tasche mie...> sua madre non credette neanche un attimo alla bugia del figlio ma lo lasciò andare, scacciandolo con la mano per poi tornare a concentrarsi sul frigorifero. Lo chiuse con una leggera spinta, prese il telefono e ordinò una pizza.

Manuel salì sulla moto e si immise nel traffico di Roma per raggiungere villa Balestra. C'era stato qualche volta, mesi prima, ma sempre un po' di sfuggita, sempre in modo schivo senza mai mettere piede in casa.

Sapeva che la famiglia di Jacopo era la tipica famiglia del mulino bianco, due genitori innamorati, con dei lavori stabili e redditizi, due figli tanto simili quanto diversi. Infatti, non aveva mai conosciuto Simone, il fratello gemello di Jacopo, ma aveva visto qualche loro foto ed erano identici. Jacopo gliene aveva parlato e si sentiva quasi di conoscerlo già. Avevano lo stesso sguardo, lo stesso taglio di capelli. Ma l'atteggiamento era completamente differente. Jacopo era più piccolo di 15 minuti rispetto a Simone e quel quarto d'ora aveva segnato la loro crescita.

Jacopo era il minore, era sgamato, furbo, sveglio. Simone era quello composto, buono, pacato. O così credeva.

Si tolse il casco e dal balcone vide Jack salutarlo, sventolando una canna tra le dita.

<Non avrai mica iniziato a fuma' senza de me eh?>

<Te pare?> sollevò le spalle: <Aspe' che scendo. Hai portato il costume?> si poggiò sulla ringhiera, incastrandosi la canna sull'orecchio. Manuel gli fece cenno di sì e lo aspettò lì.

<Tu sei...?> sentì una voce alle sue spalle. Era Jacopo, in costume. O meglio, Simone, in costume. I capelli gli sgocciolavano sulle spalle chiare e linde. Aveva un fisico più vigoroso. Jacopo glielo aveva detto che Simone giocava a rugby ma non pensava che la differenza fosse così evidente.

<Manuel. Tu sei er gemello...> Simone lo squadrò. Sapeva benissimo chi fosse, lo chiese forse per sembrare altezzoso. Per sembrare il proprietario e far sentire l'altro l'estraneo. Lo aveva visto in qualche foto di Jaco, su Instagram. Simo fece un passo in avanti per stringere la mano all'amico di suo fratello. Rimasero quasi immobili a fissarsi per pochissimi secondi. Manuel aveva le ciglia lunghe e gli occhi castani stretti in due fessure a causa del sole. Le labbra socchiuse e il mento alto per poter affrontare lo sfidante. I ricci spettinati dal casco e la braccia magre che accompagnavano i pugni serrati lungo il busto scarno ricoperto da una maglietta da basket rossa.

Notò i tatuaggi ma non si soffermò. O meglio, non fece in tempo perché Jacopo li richiamò.

<Ve siete già presentati?> strinse Manuel attorno al collo quasi trascinandolo via verso la piscina dietro la villa.

Simone proseguì per la sua strada, prese due birre dal frigorifero e si sedette al tavolo in veranda, aspettando Lorenzo che pochi minuti dopo parcheggiò la macchina accanto alla moto di Manuel.

Così si alzò e gli lasciò un bacio sulle labbra. La sua mano strinse il fianco del fidanzato e con il suo naso sfiorò quello dell'altro.

Lorenzo era bello. Giocavano a rugby assieme fino a pochi anni prima ma poi Lorenzo smise, capendo che non era portato per lo sport. Preferiva suonare la chitarra.

Pinguini - Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora