10. Infezione (II)

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Si risvegliò di soprassalto, con il fiato corto e il cuore che gli martellava nel petto.

Pur essendo nato in un'epoca in cui la maggior parte della gente portava addosso i segni della follia nucleare, Nathan era sempre stato di costituzione eccezionalmente robusta. Ciò, unito alla sua condizione di agiatezza, che gli aveva sempre garantito igiene, ottimo cibo e assistenza medica di prim'ordine, aveva fatto sì che le volte in cui si era ammalato si potessero contare sulle dita di una mano, se si escludeva qualche modesto raffreddore.

Per questo motivo, quando scoprì di avere la fronte incandescente e di essere immerso in un lago di sudore, nella sua mente prese forma una ferrea consapevolezza: aveva contratto il morbo blu, che ancora aleggiava in quella casa maledetta.

Del resto, si disse, cos'altro avrebbe potuto mai essere?

Allison entrò, spalancando la porta con un calcio, le braccia occupate da un'ingombrante cesta di plastica bucata in più punti.
«Ah, ti sei svegliato!» Esclamò, rivolgendogli un radioso sorriso, solo in parte smorzato dalle bende.

Al pensiero che stava per essere separato da lei per sempre, il giovane provò una fitta al petto. Anche se la conosceva soltanto da qualche giorno, la stracciona si era dimostrata una persona più autentica e sincera di qualunque altra l'avesse mai frequentato, per non parlare di tutto quello che aveva fatto per lui, senza mai chiedere niente in cambio. Le poche esperienze che avevano condiviso erano state così intense da fargliela sentire vicina più di chi lo conosceva fin da bambino.

«Forza, prepariamo la colazione.» Propose, posando il carico a terra e precedendolo all'angolo cottura.

Per la seconda volta in poco tempo, il ragazzo si ritrovò a fantasticare su quali forme fossero nascoste sotto i cenci indossati dalla sua ospite. Era impossibile intuirlo, sebbene il modo in cui si muoveva suggerisse un certo tono muscolare, e l'assenza di malformazioni maggiori.

L'incognita più grande, tuttavia, era rappresentata dal volto.

Si era chiesto più volte se sarebbe stato disposto ad accettare qualunque cosa si nascondesse sotto quegli strati di stoffa grigiastra. Aveva cercato di convincersi che, dopo una vita passata a inseguire con superficialità la sola bellezza, era giunto il momento di guardare oltre.

Eppure, l'incubo appena conclusosi era la dimostrazione plateale di come non fosse ancora pronto a farlo.

Nonostante tutti i pregi che si erano palesati in quei giorni, nonostante fosse ormai sicuro che non avrebbe mai più trovato una persona come lei in tutta la sua vita... non era disposto ad accettarne le fattezze, nel caso fossero state lontane dai suoi canoni di bellezza.

Si rendeva conto di aver sbagliato a dare sempre così tanta importanza all'apparenza. Desiderava con tutto sé stesso di poter cambiare.

Eppure, non riusciva ad andare oltre.

Ancora una volta, era incapace di reagire da solo: nel suo intimo, sperava che qualcuno lo cambiasse, magari per magia, o con una tecnologia di cui lui ignorava l'esistenza.
O meglio ancora che, con quest'ultima, guarisse la donna e la rendesse splendida.

Ma lei non aveva bisogno di essere "guarita". Aveva bisogno di essere amata, compresa, sostenuta; come ogni altro essere umano.

Lui, però, non ci riusciva.

E per questo motivo sarebbe morto solo, rifletté, chiuso in una baracca fatiscente, alla periferia degradata di una città sorta in mezzo ai rifiuti.

Perché era quella la fine che si meritava chi sa solo pretendere, ma non riesce a dare nulla, rifletté. Sarebbe diventato nient'altro che ulteriore immondizia, alimentando la montagna intorno a cui esseri umani più sfortunati di altri si arrabattavano per sopravvivere.

BAZZA DI TORDO 2172Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora