20. Ospite inatteso (I)

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Si misero al lavoro alacremente. Il nuovo braccio multifunzione di Bubi faceva la differenza: la torcia al plasma tagliava in pochi secondi un tubo d'acciaio di dieci centimetri di diametro, l'avvitatore era indispensabile, e perfino la lucetta contribuiva a velocizzare il lavoro.

Le mani e l'inventiva umane, però, erano insostituibili.

Quando uscì per andare a recuperare la barra metallica che bloccava un lato della tenda di kevlasol, Nathan trasalì, trovandosi all'improvviso faccia a faccia con Lobo.

«Che vuoi? Non ho niente per te, adesso.» sbottò bruscamente, irritato per quella intromissione nel suo momento creativo.

Constatare di possedere un talento innato per riparare, modificare e costruire oggetti, era stata una sorpresa anche per lui. A scuola, non c'era mai stato nulla che lo avesse davvero interessato e, in tutta la sua vita, non gli era mai successo che qualcosa gli riuscisse così bene senza dovercisi nemmeno impegnare più di tanto. Traeva un sottile, autentico piacere da quel tipo di attività, una sensazione mai provata, che si moltiplicava quando metteva alla prova il risultato finale e scopriva che funzionava come previsto.

L'animale lo fissò con attenzione, con le orecchie e la coda dritte, increspando appena le labbra, come se fosse indeciso se fosse il caso di minacciarlo, oppure no.

Nathan si pentì subito di averlo trattato male: la belva gli aveva salvato la vita non una, ma ben due volte, e si meritava la sua riconoscenza perpetua.

«Aspetta qui.» mormorò, in tono più dolce.

Rovistando tra gli avanzi della cena, racimolò e mise in un piattino qualche pezzetto di topo canguro arrostito e, siccome gli sembrava troppo poco, aggiunse un paio di barrette proteiche che Allison si era procurata chissà come.
Uscì di nuovo con un largo sorriso dipinto sul volto, ma del lupo non c'era più traccia.

Al suo posto, era apparso uno sconosciuto, il cui aspetto non faceva presagire niente di buono.

Era vestito con una tuta tattica di stampo militare priva di distintivi e di maniche, e indossava un curioso mantello scuro tra le cui falde sembrava nascondersi, accovacciata accanto a lui, una seconda persona. Entrambi erano in controluce, quindi il giovane non riusciva a vederli bene, con il sole negli occhi. Tuttavia, era già evidente il contrasto tra le braccia del nuovo arrivato: abbronzato e tatuato l'uno, artificiale, metallico e scintillante alla luce del sole, l'altro.
Sulla testa spiccava un visore elettronico.

Un cyborg. Una persona pericolosa, da cui stare alla larga.

«Buongiorno. Sto cercando una persona.» si presentò.

In quel momento, Nathan era così concentrato sulla sua compagna, da dare per scontato che l'oggetto di quella ricerca fosse proprio lei. Fece un passo avanti e, in tono cauto, si informò: «Chi la cerca? E cosa volete da lei?»

Nel fare quelle domande il giovane, ancora con il piatto in mano, aveva fatto qualche passo avanti, uscendo dall'ombra dell'edificio e facendo sì che la luce lo illuminasse in piena faccia.

Lo sconosciuto si lasciò andare ad un largo sorriso. «Piacere di conoscerti, Nathan Flynn.»

La seconda figura si agitò al suo fianco. «Mi dispiace!» piagnucolò, con voce femminile. «Mi dispiace tanto.»

Qualcosa, in quel tono, gli fece drizzare i capelli sulla nuca. Guardingo, cominciò a spostarsi di lato, in modo da poterli guardare meglio. La donna era chiaramente prigioniera dell'altro, che la tratteneva per un braccio. Nathan trasalì, mettendo a fuoco il suo aspetto: il volto era gonfio e tumefatto a causa di violente percosse, i vestiti erano macchiati di sangue, e l'arto sinistro, spezzato, pendeva inerte con un angolo innaturale. Il volto della poveretta era ridotto in un tale stato, che ci mise un attimo a riconoscere l'amica di Allison che era venuta ad avvertirli dello sfratto imminente.

«Mi dispiace.» si scusò ancora «sei un amico di Alley, non avrei mai voluto tradirti... Mi dispiace davvero...»

«Piantala con questa lagna!» sbottò il suo aguzzino. Con un movimento troppo rapido perché Nathan potesse intuire cosa stava per succedere, lasciò la presa con cui l'aveva costretta al proprio fianco fino a quel momento, l'afferrò per il collo minuto con la protesi e, con una torsione improvvisa e violenta, glielo spezzò, provocando un rumore che il ragazzo non avrebbe scordato mai più, in tutta la sua vita.

L'assassino gettò a terra il cadavere, come se fosse un giocattolo di cui si era stancato.

«Che cosa hai fatto?» gli urlò contro Nathan.
Prima Scelta si strinse nelle spalle. «L'ho liberata.»
«L'hai uccisa!» lo accusò l'altro, di rimando.
Il sicario abbracciò i dintorni con un gesto dell'arto umano. «Per chi vive in questa merda, la morte è una liberazione.»
«Bastardo!»

Il mercenario lo ignorò. «Sono qui per riportarti a casa, signor Flynn.» spiegò.

«Chi sei?» chiese di nuovo il giovane.
«Prima Scelta, per servirti.» ridacchiò il cyborg, producendosi in un inchino esagerato. «Detective, spia, assassino, sabotatore: secondo l'occorrenza.»
«Per... servirmi?» Nathan era confuso. «Ma io non ho richiesto i tuoi servigi.»
«Tuo padre attende con ansia il tuo ritorno.»
«Mio padre ha cercato di uccidermi!» ritorse lui.
«Il fatto che ancora respiri, è la dimostrazione di cosa succede quando non ci si affida ai professionisti.» commentò il killer. «Ad ogni modo, i vostri trascorsi non mi interessano affatto. Andiamo.»

Nathan emise un moto di scherno. «Ti aspetti davvero che venga via con te così, senza opporre resistenza?»

«Al contrario. Mi aspetto che tu opponga una vana, insensata resistenza. Anzi, ci spero. Perciò coraggio, fatti sotto.»

Nathan esitò. Lo sconosciuto sembrava sapere il fatto suo, inoltre il suo braccio da cyborg, come aveva avuto modo di dimostrare, era molto più forte di qualsiasi arto umano.

Tuttavia, non poteva lasciarsi catturare: per Allison avrebbe significato morte certa.

Valutò la distanza che lo separava dall'avversario. La sua gamba era migliorata, ma non era ancora in grado di correre. Avrebbe avuto qualche speranza, se si fosse dato alla fuga? È in tal caso, che ne sarebbe stato della ragazza? Sarebbe riuscito a tornare a prenderla prima che fosse troppo tardi?

«Se stai pensando di scappare come un coniglio» osservò l'altro in tono divertito «mi sento di sconsigliartelo. Ma prego, fai pure il tentativo...» concluse, invitandolo con un gesto ad allontanarsi.

Non aveva mai provato un terrore così forte in tutta la sua vita, nemmeno quando gli androidi di Edgard avevano tentato di ucciderlo. Quell'uomo lo destabilizzava: le sue movenze, il modo in cui parlava, ciò che aveva fatto a quella sventurata... Tutto lasciava intendere che si trattasse di uno squilibrato, un sadico folle, imprevedibile e pericoloso.

BAZZA DI TORDO 2172Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora