16. Gerarchie (II)

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Allison gli aveva lasciato accanto alla porta una sacca con tutto l'occorrente. Con un sospiro, Nathan se la mise in spalla e s'incamminò.

Appena varcato le le barriere antiradiazioni, si sentì subito in pericolo, e non certo a causa delle radiazioni stesse. Per quanto avanzasse in modo circospetto, sapeva di essere lontano anni luce dall'abilità della sua maestra. Con l'istinto di un antico nativo americano, infatti, ella sapeva sempre quando muoversi e quando era più prudente restare fermi, era in grado di riconoscere le tracce e di capire quanto erano fresche, e aveva un udito quasi soprannaturale.

Non si riteneva affatto pronto ad affrontare quella prova da solo. Eppure, sapeva di dover almeno tentare: non poteva restare per sempre la palla al piede della compagna!

***

Sulla via del ritorno, si concesse di provare un po' di cauto ottimismo: la quantità di acqua raccolta non gli sembrava molto inferiore a quella che riportava Allison quando usciva da sola, stava rincasando prima che la temperatura cominciasse ad aumentare troppo, e non aveva combinato disastri, ad esclusione di un piccolo incidente: non aveva controllato bene dove metteva i piedi e aveva finito con lo sprofondare in un buco. Non si era fatto male, ma il foro si era rivelato essere la tana di un grillo imperatore: un insetto delle dimensioni di un gatto, che si era dimostrato assai furibondo per quell'intrusione nella sua privacy.

Terrorizzato, Nathan lo aveva preso a bastonate con un ramo secco finché aveva smesso di muoversi, quindi l'aveva infilato nella sua bisaccia. Insieme con le creature che aveva raccolto dalle trappole, sarebbe stato una cena succulenta.

Si stava facendo mentalmente un sacco di complimenti, quando un movimento alle sue spalle gli fece rizzare i capelli sulla nuca.

Voltatosi, cominciò ad indietreggiare, guardandosi intorno mentre lottava contro l'impulso di fuggire a gambe levate. L'erba alta si mosse, di certo non a causa del vento; il giovane continuò a retrocedere fino a portarsi in un'area in cui la vegetazione era più rada e bassa.

Un lupo spinoso apparve davanti a lui, emergendo dalle piante.

Nathan stava per tirare un sospiro di sollievo, quando si rese conto che non si trattava del loro amico. Il predatore scoprì le zanne in un ringhio sommesso, mentre altre due creature facevano capolino ai fianchi di Nathan, pronte a tagliargli la ritirata.

Il cervello del ragazzo viaggiava a velocità supersonica, vagliando ogni opzione, prendendo in considerazione ogni risorsa disponibile, cercando una soluzione.
Alla fine, giunse alla conclusione che non aveva alcuna possibilità di salvarsi, in una situazione simile.

Gli scappò da ridere: era assurdo essere sopravvissuto a tutte quelle sofferenze, per finire divorato dai lupi in una anonima steppa, solo e spaventato.

Al suono della risata, il predatore si abbassò leggermente e appiattì le orecchie sulla testa, ringhiando. Dopo un attimo, però, valutato che quel rumore non rappresentava una minaccia, le sollevò, e avanzò ancora di qualche passo tenendosi accucciato, pronto a spiccare il balzo con cui avrebbe posto fine all'esistenza della sua vittima.

Nathan strinse i pugni. Aveva sempre amato i film vintage, dove paesaggi come foreste, spiagge tropicali e coste congelate erano ripresi dal vivo, non sofisticate simulazioni.

Gli era venuto in mente che, in uno di questi, c'erano due personaggi in fuga, alle prese con alcuni cani poliziotto. Uno dei due spiegava all'altro che, nel caso fossero stati raggiunti, avrebbe dovuto cercare di infilare il pugno nella bocca dell'inseguitore, per renderlo inoffensivo.

Lui però non era affatto certo di riuscirci; inoltre, dubitava della reale efficacia di quel metodo, nel momento in cui c'erano altri due esemplari pronti a balzargli alla gola, e forse anche altri componenti del branco nascosti nell'erba alta.

BAZZA DI TORDO 2172Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora