Injustice.

39 3 1
                                    

In quello che era un Cottage di una campagna inglese, il tempo brillava come non aveva mai fatto prima.

Una bambina poco più alta di una piantina di pomodori, rideva a pieni polmoni mentre correva nei pressi di quella che sembrava essere casa sua, seguita da un meticcio color caffè.

La bimba aveva biondi capelli, non troppo lunghi, nascosti per la maggior parte sotto un fazzoletto di ciniglia legato sotto al mento.

Le sue vesti erano leggiadre e svolazzavano accompagnate da un vento primaverile, lasciando intravedere le sue piccole caviglie, dove ad avvolgerle c'erano delle calze minute con decorazioni sfarzose.

Il suo nome era Callie, ed esso rispecchiava alla perfezione il suo carattere sbarazzino e spumeggiante, come lo era il sole sotto il quale giocava con fare gaio.

I raggi le si adagiavano alla pelle di porcellana pallida e sotto questi ultimi i suoi grandi occhi blu si accostavano perfettamente al cielo, quel giorno, senza neanche una nuvola a coprirlo.

La fantasia si prendeva gioco della sua mente il più delle volte, questo portava disprezzo e invidia da parte di coloro che non riuscivano ad averne.

Il piccolo meticcio che le stava appresso, saltellava intorno a lei, delle volte, rischiava anche di farla inciampare in qualche pozza di fanghiglia formatasi dalla pioggia il giorno prima.

Una voce femminile, stridula ed in lontananza chiamò il nome della bambina, che, si girò di balzo e corse verso essa.

Era la zia, una delle persone che ripudiavano la sua esaltata fantasia.

Aveva un carattere burbero e austero, lo si percepiva dalle sue sopracciglia grottesche e incurvate come a formare un'espressione perennemente agitata, accompagnate dalla sua bocca serrata dove gli angoli pendevano per la maggior parte delle volte verso il basso, ricoperti da una peluria nera come la pece.

Ordinò alla bambina di rientrare, per sbrigare qualche faccenda di cui lei probabilmente non ne aveva voglia, inventando costantemente scuse poco credibili.

Voleva rifiutarsi, ma non poteva fare altrimenti che obbedire a testa china agli ordini della donna.

La bambina varcò la porta ed il meticcio sembrava intento a seguirla, ma la zia lo spostò con il piede usando una mossa repentina e brusca, sbattendo poi la porta, lasciando il cane color caffè rotolare fuori, per poi mettersi seduto.

Passava così le sue giornate, intenta a cercare affetto in quello che era più legato ad un sentimento di disprezzo che usciva dai gesti dell'unico membro rimasto della sua tragica famiglia.

Ancora non era stato detto alla bambina come fossero morti i suoi genitori, sarebbe stato tragico dire ad una così piccola creatura un incidente così lugubre e cruento, tanto che anch'io rabbrividisco al sol pensiero.

I genitori di Callie erano persone d'onore, amanti dell'arte.

Vollero saziarsi con una mostra, ma non una qualsiasi, una delle migliori.

Bramavano la bellezza di un tocco su una tela e non gli bastavano i piccoli pittori a loro contemporanei e inglesi.

Al numero civico 35 di Boulevard des Capucines a Parigi, si teneva la prima mostra di quella che era una nuova corrente artistica.

Appena seppero della notizia corsero dirigendosi verso quel luogo.

Erano sfamati da ciò che vedevano.

Intanto, una piccola fuori uscita di gas da un tubo posizionato erroneamente non era intimidita nel prendere posto nella stanza.

Un uomo fuori da quella sala, non faceva altro che prendere in mano la sua pipa, ponendo il tabacco al suo interno.

Tirò fuori dalla sua tasca dei piccoli fiammiferi, nella confezione compariva la sigla di "Bryant and May", da lì si capì anche la sua provenienza, ovviamente inglese.

Ma nel momento in cui l'uomo porse la testa del fiammifero sulla superficie ruvida del proprio pacchetto per poi sfregarlo in essa, fu un boato poi a padroneggiare quel luogo.

Le persone nei paraggi si avvicinarono a vedere, ma non ci si capiva niente.

I corpi erano fusi con il pavimento, come cera.

I brandelli di quelle che prima erano persone sembravano il risultato di una carneficina spietata.

Un quadro, uno dei più crudi mai visti era lì e tutto il paese poteva osservarlo senza censure di alcun tipo.

Nell'aria l'odore metallico prese il sopravvento, quando si percorre quelle strade ancora lo si sente penetrare nel naso, arrivando alla mente che poi rimembra.

Callie era una neonata quando successe, era stata lasciata alla zia con cui convive attualmente e destino vuole che dovette rimanerci per tutta la vita.

Nonostante l'infanzia vissuta nella schiavitù e nella carenza di amore e affetto, senza figure genitoriali, quella bambina aveva sempre un sorriso in volto, contagioso al punto giusto, il che è strano perché la zia non gliene regalò neanche uno in risposta ai suoi, da qua si può intendere alla perfezione il suo stato di apatia incondizionata.

Mentre stava facendo ciò che le era stato ordinato precedentemente, Callie canticchiava e passava quella vecchia scopa ballandoci assieme, come se dentro di lei si sprigionasse una melodia non udibile all'esterno.

Per i più deboliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora