La bellezza mi salverà.

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Davanti allo specchio rimembro i tempi che furono.

Più mi guardo più penso allo scorrere inevitabile degli eventi e a quanto essi passino in fretta, rifletto su quanto la bellezza stia abbandonando il mio corpo.

Con la mancanza di quest'ultima so solo che a sostituirla ci saranno le fredde braccia della morte.

Non è quello che mi spaventa, bensì la perdita del bel corpo che avevo cercato di costruire, non curandomi della pessima personalità e carattere che avevo nutrito fino a quel momento.

Ormai sono arrivata a quell'età in cui ti chiedi se tutto quello che hai fatto, è stato utile a qualcosa.

Sono rimasta tutta la vita con l'inconsapevolezza di come essere una brava persona e questa incoscienza, ora, convive con la mia anima.

Credo sia tardi per recuperare tutte le cose perse, causate dal menefreghismo nei riguardi dell'aspetto più importante, quello interiore.

È un concetto soggettivo quello della bellezza, ne sono pienamente consapevole, per esempio; odio gli specchi che hanno acquistato per decorare questa stanza di ospedale, pur essendo colorati, non rallegrano l'atmosfera cupa che padroneggia questo luogo, lasciato a lacrime e urla imperterrite. Questo paragone è più che azzeccato con le riflessioni che sto facendo questi ultimi giorni.

Lo specchio sono io, o meglio, il mio aspetto fisico, l'atmosfera lugubre, il mio interno.

Toccai il mio riflesso, per un attimo speravo di poter distruggere il tempo, di vincerlo per poter rimediare a qualsiasi cosa io avessi commesso per avere una così cruenta condanna, la peggiore, quella chiamata "solitudine".

Rimembrai tutto l'egoismo da me donato ai miei cari, ammettendo i molteplici errori.

Iniziai a scusarmi con me stessa sapendo che non sarebbe servito a niente.

Esco dal bagno, mi avvinghiai al letto, facendomi intrappolare dal tepore delle coperte, insolito ma, assomigliava ad un abbraccio, anche se ricordarsi come ci si sente a ricevere affetto per me è complicato.

Mia madre, quando ero solo una ragazzina, mi ricordava in continuazione la mia bellezza, ma io la negavo il più delle volte, cercando di  migliorarla sempre di più con cose assurde e illogiche che portavano a molti conflitti in casa.

La società aveva stabilito dei canoni ed io, a mio parere, non ne rispecchiavo nessuno, anche se, ad ogni festività, dei parenti magari visti un paio di volte, si complimentavano sempre di più con mia madre per il mio aspetto delicato dai lineamenti francesi. Tutto ciò tirò fuori in me un egocentrismo malefico e una fame insaziabile di apprezzamenti che sentivo la necessità di cogliere.

Tutte le volte che provai ad innamorarmi mi accorsi che, gli uomini che frequentavo si focalizzavano sul mio corpo. Quel materialismo mi faceva ribrezzo, ma come potevo capirlo a quei tempi? Ero cieca.

La mia relazione più stabile, se così la vogliamo nominare, fu con un uomo più grande di me di sette anni, io all'epoca ne avevo appena compiuti venti.

Ero assente, pensavo alla mia immagine, lui invece, credevo veramente si fosse innamorato di me, del mio essere e anima, quando invece, dopo i quattro anni di relazione, non venni a scoprire che io ero l'amante di quell'uomo, che intanto, aveva una famiglia e amava il carattere di un'altra donna molto più del mio. Perché parlo dell'aspetto interiore di quella donna? Perché oggettivamente la mia bellezza la superava.

Quello fu un evento della mia vita che mi diede un po' di nitidezza, ma non quanto bastava per cambiare.

Ora mi rendo conto di essere stata un oggetto sessuale, tutte le volte che mi sputava un ti amo non era riferito a me, ma al materialismo del mio corpo.

Il letto iniziava a scaldarsi con il calore del mio corpo ed il mio cuscino divenne grondo di lacrime che stavo lasciando scorrere, lo girai e rigirai un paio di volte fino alla decisione di toglierlo del tutto.

Decisi di rialzarmi dal letto, per appoggiarmi al davanzale della finestra a contemplare quel tramonto che si lasciava guardare, privo di esitazioni.

Chiusi gli occhi, anche se facendo questa azione sentivo come se stessi offendendo ciò che osservavo.

Un'immagine apparve, me in punto di morte, con Dio che mi accusa di non sapere neanche il significato di quello che è il bene per il prossimo, mi dice che ho peccato per poi spingermi nel sottosuolo, all'inferno. Diavoli affamati si scagliano su di me divorando le mie membra, strappandomi gli occhi e il viso, abusando del mio corpo immobile, rassegnato all'idea di aver sbagliato in vita.

Oppure iniziai ad immaginarmi una visione Dantesca dell'inferno.

I peccatori sono nudi tra loro ci sono anche io a esprimere miseria, sul fondo di quella che viene chiamata da Dante stesso "bolgia".

Sui massi attorno al fossato, vedo dei diavoli cornuti che con lunghe fruste mi colpiscono sulla schiena e sulle natiche, pena molto più umiliante che dolorosa.

L'immagine mi spaventa, mi vengono i brividi e riesplodo in un pianto che inonda il davanzale dove stavo appoggiata.

Con lo sguardo perso nel vuoto e malinconico mi avvicinai al piccolo comodino con le rotelle, posto accanto al letto.

Cercai il telefono messo precedentemente in un cassetto, lo presi in mano, ma mi accorsi di non avere numeri da digitare, persone a cui chiedere come fosse andata la loro giornata o da cui trovare sollievo e supporto emotivo.

Non avevo nessuno, perché la mia mente mi aveva sempre fatto capire che la bellezza interiore fosse uno scalino sotto a quella fisica.

La paura e le paranoie mi invasero, presero posto nella stanza.

Mi sentivo intrappolata, in gabbia. L'Alienazione mi stava catturando.

Promisi al tempo di migliorare, prima che finisse.

Migliorerò, prima che questa morte mi prenda io migliorerò sempre di più, diventerò la persona migliore che esista e potrò riavere la mia vita è l'amore dei miei cari.

Io so che la bellezza mi salverà, quella giusta.

Per i più deboliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora