Bestie Brutali.

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Eravamo maledettamente poveri, abitavamo sotto un cavalcavia, in un luogo dove il buio prevaleva sui nostri volti e con esso anche il malessere generale che provocavano i fumi tossici delle auto.

Le persone a volte ci deridevano, passando ci sputavano addosso, ci buttavano spazzatura, nonostante questo cercavo di essere cordiale, dovevo dare il buon esempio ai miei figli. Che ogni volta mi fissavano con i loro grandi occhi.

Thomas e Jeffrey, così avevo chiamato i pezzi della mia stessa carne, avevano sette anni, ma erano molto svegli.
Ognuno di loro aveva una testa, una bocca, due occhi, due orecchie, un cuore e un'anima.
Condividevano i polmoni, ne avevano due in due, i reni uguale, la cassa toracica era una, avevano due braccia, due gambe, un membro.
La madre l'avevamo persa il giorno del parto, il suo corpo non sopportò tale sofferenza e stranezza.

Le persone urlavano cose come "scherzi della natura", "mostri".
Non riuscivo a trovare un lavoro perché le persone con le parole hanno ucciso la mia reputazione da avvocato.

Vivevamo così, mangiavamo qualche ratto di tanto in tanto, Thomas li amava, invece Jeff era più schizzinoso e molte volte si rifiutava di cibarsi.

Erano gemelli siamesi molto diversi, uno aveva capelli lunghi e biondi, l'altro moro, uno occhi cerulei, un altro neri come la pece.

Uno assomigliava alla madre, l'altro a me.

Una notte, una brutto male colpí Thomas, corremmo in ospedale, inutile dire che gli sguardi e la suscettibilità superavano i limiti dell' immaginabile.

Thomas quella stessa notte morì, aveva lo sguardo perso, il viso pallido ed estremamente freddo le labbra cianotiche.

I medici molto insensibili facevano domande a Jeffrey.

"Non senti nulla?"
"No, a parte il dispiacere di aver perso mio fratello."

Disse il bambino, il medico mi prese in disparte iniziando a fare un discorso immenso su un intervento che avrebbe innovato la medicina moderna, consisteva nello staccare la testa di Thomas dal corpo, così da poter far vivere Jeffrey come un bambino normale.

Le mille e mila parole mi convinsero, mio figlio in lacrime mi pregò di non farlo, che non poteva sopportare tale dolore e che aveva paura, cercai di rassicurarlo fino al punto di convincerlo.

Passarono 7 ore e ancora non avevo notizie, vidi il medico uscire dalla sala operatoria e corsi verso di lui.

"Dov'è mio figlio? Sta bene?"

L'uomo mi spintonò, dicendomi che ero pazzo, facendomi uscire dall'ospedale scortato dalla sicurezza.

Non vidi mai più mio figlio, molti anni dopo per sbaglio lèssi una notizia sul giornale, parlava di un medico che grazie allo studio su un corpo di gemelli siamesi era riuscito a trovare una soluzione sull'operazione, però con la conseguenza della morte di entrambi.

Sconvolto da questa notizia, decisi di risalire il cavalcavia, una volta arrivato in cima notai che bello fosse il cielo e quanta luce emanasse. Mi lasciai andare, buttandomi di sotto, cercando di raggiungere i miei bambini.








"Leggi questa notizia, un uomo si è buttato da un cavalcavia, stiamo proprio perdendo le staffe."

"No, non mi interessa, sto studiando."

"Ancora? Non credi di star esagerando? Non ti basta aver scoperto come si svolge l'operazione sui siamesi? Hai già la tua fama."

"Non lo faccio per la fama. Lo dovresti sapere."

"Sei sempre così serio Jeffrey, comunque non mi hai mai detto perché hai quella cicatrice sul collo. Ti ha tipo morso un ratto?"

"Una cosa del genere. Mi hanno sempre fatto schifo quelle bestie."

Per i più deboliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora