Capitolo 4

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Le ore di lavoro di Taylor passarono abbastanza in fretta e insieme a Luis si stava dirigendo verso la sua auto.
Solitamente dava un passaggio a casa al collega, ma questa volta lui rifiutò tanto che aveva delle commissioni da sbrigare; i due si salutarono dirigendosi l'uno dalla parte opposta dell'altra.
La castana raggiunse la vettura e iniziò a cercare le chiavi di essa nella sua disordinatissima borsa. Con sé portava di tutto: fazzoletti, salviette umide, cerotti, qualche antidolorifico, degli integratori, un collirio,uno spray per la gola, due creme per le mani, un'agenda, un paio di penne, le chiavi di casa e finalmente trovò quelle della macchina.

-Eccovi, maledette!-
Disse tra sé e sé.

Una volta entrata e messa la cintura di sicurezza, Taylor uscì dal suo parcheggio e si diresse verso casa seguita dallo sguardo scuro del cliente del tavolo 6.
Egli era appoggiato con le spalle sul tronco di un albero al marciapiede opposto alla caffetteria. Teneva una mano all'interno della tasca dei suoi Jeans e l'altra si massaggiava la sua barba corta e curata. "Quell'odore...non posso sbagliarmi" pensò prima di dileguarsi.

Xavier e Ryder avevano appena finito di apparecchiare la tavola per il pranzo nonostante l'orologio segnasse le 4.00p.m. e il biondo si rimise ai fornelli quando la porta della casa si aprì facendo entrare Taylor.
La giovane rimase meravigliata dal gesto dei due, non credeva veramente di tornare e trovare tutto apparecchiato e pronto per mangiare.
Nel suo ideale di convivenza con dei coinquilini, ognuno pensava per sé o almeno questo sentiva dire da chiunque vivesse nella sua stessa situazione.

-Eccoti arrivata in tempo! Ho fatto delle semplici omelette perché ne avevo voglia. Era da tanto che non le mangiavo, ti vanno bene?-
Chiese il biondo.

-Si certo! hanno un aspetto buonissimo sai?-

-Lo sono-
Ammiccò Ryder.

Xavier si era limitato a salutare la ragazza con un cenno della testa per poi tornare a leggere alcuni articoli dal suo cellulare.

-Allora vado a mettermi una tuta e torno subito, non vorrei mangiare le omelette fredde-
Sorrise di gratitudine Taylor.

Si chiuse in camera a chiave e aprì il suo armadio prendendo un completo della tuta verde bottiglia e si cambiò, ai piedi aveva già le sue fidatissime pantofole rosa e infine andò per mettere i vestiti nella cesta dei panni sporchi posizionata tra la porta e la scrivania.
"Cavolo ,devo far asciugare la divisa di ieri che ho lasciato in lavatrice. Lo farò più tardi, ora ho una fame tremenda" pensò.

Il pranzo di gradevole per lei come la compagnia e le chiacchiere, alla fine persino Xavier si stava aprendo un po' di più (ovviamente senza abbandonare il suo freddo modo di fare).
Più parlava con i fratelli Gavrila e più si trovava a suo agio, notava del feeling con entrambi e questo la rassicurò parecchio.
Scoprì che i due avevano ventisei anni e che le loro origini erano rumene; le raccontarono che negli anni si sono spostati fino ad arrivare nell'Oregon, che avevano visitato molti posti come la Germania, la Svizzera, la Cina e tanti altri.
Taylor era affascinata dai racconti dei loro viaggi e Xavier notò la sua estrema curiosità che non lo infastidì, anzi questo lo portava a conversare a tavola:

-Tu hai mai fatto viaggi invece? Magari con la scuola o con il college-

Taylor si ammutolì di colpo e posò la forchetta che stava per raggiungere la sua bocca. Strinse le spalle e si grattò la guancia destra con l'indice come per nascondere il suo imbarazzo prima di dare la risposta.

-Io non... Non ho fatto il college...non ho continuato gli studi dopo il diploma, ho sempre lavorato da quando avevo 16 anni e per questo non sono mai partita con la scuola se non quando ero più piccola... N-non ricordo dove sono andata, forse in California quando stavo al secondo anno e basta...-

-E come mai la questione sembra imbarazzarti?-
Chiese il moro con il suo modo di fare che era lontanissimo dall'essere empatico.

-Perché ecco... Voi avete viaggiato molto, avete visto tante e diverse culture e avete argomenti interessanti di cui parlare, io invece sono sempre rimasta qui. Ho lavorato tanto per permettermi di andare via di casa rinunciando all'istruzione e non ho mai avuto un momento per poter viaggiare-

-Questo non vuol dire che non sei interessante Taylor- intervenì Ryder -Guarda Xavier per esempio, ha girato il mondo e rimane comunque una persona pallosa-

Lo sguardo omicida che ricevette il biondo dal fratello fece tornare di nuovo il sorriso a Taylor; le chiacchiere non cessarono più, le risate della ragazza e del biondo contro Xavier non accennavano a fermarsi poiché egli diventò oggetto di discussione. Per quanto il moro sembrasse duro e apatico, la presenza del fratello lo rendeva una persona più "umana". Sorrise sotto i baffi lui stesso per le prese in giro che Ryder continuava a infliggergli fino a quando lo scontro di parole si trasformò in un vero duello di ironia.
Taylor ammirava il rapporto che avevano i due, un modello esemplare di quello che doveva essere un legame tra fratelli e totalmente opposto a quello che lei aveva con la sorella maggiore.

-È giunto il momento che io vada a mettere fuori i panni che si trovano nella lavatrice, se non lo faccio subito non lo farò mai più-
Sbadigliò Taylor alzandosi da tavola.

-Oh non c'è bisogno, mi sono permesso di farlo io-
Disse Ryder alzandosi anche lui per sparecchiare insieme al fratello.

-Ah... Grazie allora, non sono abituata a tornare a casa e non fare niente. Almeno la cucina lasciatela a me!-

-Alla cucina ci penso io-
Ribatté Xavier -E comunque ho tentato di fermare Ryder nel prendere i tuoi panni, ma lui non ha voluto sentire ragioni. Credo che ti imbarazzi sapere che ha visto il tuo intimo-

Taylor diventò bordeaux tutto d'un colpo e sgranò gli occhi verso Ryder che mandò a quel paese il fratello il quale non riusciva a capire le reazioni esagerate dei due.

-Perdonalo non lo fa apposta, è solo tremendamente diretto-

-Ho detto qualcosa che non andava?-

-Visto? È un coglione-

- Sei proprio un pezzo di me- -

Prima che Xavier potesse finire la frase, improvvisamente Ryder sentì delle forti fitte alla testa che lo fecero gemere dal dolore. Si porto le mani tra i capelli e li strinse cercando di combattere quella sensazione terrificante che alcune volte si faceva viva.
Xavier si avvicinò velocemente al fratello aiutandolo a sedersi e aspettare che quella tortura terminasse: altro non potevano fare.
Taylor era immobilizzata dalla scena, non sapeva come comportarsi e come muoversi per aiutare il coinquilino che respirava a fatica.

- C-cos'ha? Perché sta male?-

Non ricevette risposta poiché Xavier in quel momento aveva attenzioni solamente per Ryder.
Dovettero passare una manciata di secondi che sembrarono interminabili per tutti, un velo di angoscia aveva colpito la casa creando un silenzio atroce alle orecchie della ragazza.

-S-sto bene ,grazie. Ora sto bene-
Sussurrò Ryder -Devo s-solo mettermi un attimo a letto-

Mentre cercò di alzarsi, Ryder ebbe un capogiro e fu preso al volo da Xavier prima che potesse cadere.
Inerme alla situazione, Taylor osservò i due allontanarsi verso la loro stanza e aspettò un paio di minuti prima che il moro tornasse da lei.
Senza fiatare, i due continuarono a pulire la cucina, tuttavia la curiosità stava divorando Taylor la quale si sforzò a non chiedere nulla.

-Ha avuto un brutto incidente qualche anno fa, ha delle placche in ferro fissate al cranio, è questo che causa questi dolori improvvisi a Ryder. Detto ciò, ti chiedo di non fare domande sull'accaduto-

Taylor, intimorita dal suo tono, annuì silenziosamente. Xavier era teso come una corda di violino nonostante fosse abituato da diversi anni agli improvvisi cedimenti di Ryder.
La casa piombò nel silenzio totale mettendo la ragazza in soggezione e difficoltà; si sentiva inutile perché pur volendo aiutare i due, non avrebbe potuto fare nulla.
L'idea di raggiungere il ragazzo a letto le era balenata un secondo nella sua mente, il tempo di essere immediatamente repressa per la paura della reazione che potesse avere Xavier.
Ryder, nel frattempo, ansimava dal dolore cercando di non farsi sentire per non allarmare più del dovuto i suoi coinquilini: teneva gli occhi serrati accucciato su un fianco in posizione fetale, le spalle gli tremavano e la testa martellava incessantemente tanto da fargli uscire una lacrima dall'occhio destro che gli rigò la guancia. I suoi pugni erano stretti tra i suoi capelli biondi.

I miei coinquilini sono vampiri Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora