Amare è come morire

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Immersa in quella visione, Mercoledì stava urlando. Era in una grotta, sentiva il freddo penetrarle nelle ossa, ma non era una sensazione piacevole quella volta.

Davanti a lei, qualcuno stava facendo del male ad Enid, la sentiva gridare dal dolore, ma non riusciva a muoversi, qualcosa la bloccava, nonostante nessuno la stesse tenendo.

La visione era così offuscata che le figure che vide erano solo delle macchie nere, ma le grida della sua Enid l'assordavano, erano strazianti, così tanto che Mercoledì perse la concentrazione e le immagini sbiadirono.

Quando si risvegliò, era coricata sul letto, con Enid che la chiamava, preoccupata, ma ancora rossa in volto, doveva essere passato solo qualche istante.

-Mercoledì, cos'hai visto? - Le chiese la bionda, mentre l'altra cercava ancora di calmare il respiro.

Enid non aveva mai visto l'Addams così spaventata, nemmeno quando l'aveva costretta ad indossare la sciarpa che le aveva regalato.

Mercoledì non fiatò e guardò l'amica con occhi persi.

Non voleva perdere Enid, non poteva. Per una volta che qualcuno nella sua vita le aveva fatto ricordare perché valesse la pena vivere, o almeno sopravvivere.

Sentì i tagli sulla sua schiena bruciarle, ma non le importava.

Non sentiva più quella rabbia verso Enid, non voleva più morderla, voleva solo tenerla a sé il più possibile, prima della fine.

Enid percepì quelle emozioni e vide per la prima volta una Mercoledì vulnerabile. Riuscì a leggerla e la baciò dolcemente.

Mercoledì la lasciò fare ed accarezzò il viso soffice e liscio di Enid, se non per la cicatrice che l'Hyde le aveva lasciato, mentre l'altra la svestiva con una delicatezza quasi disturbante.

Si accorse di qualcosa che le stava cadendo sulla guancia. Sperò che fosse una goccia di sangue caduta dal soffitto, come al ballo alla Nevermore, ma non lo era.

D'istinto abbracciò Enid, prima che l'altra se ne accorgesse e si asciugò con il polso quella dannata lacrima che aveva osato uscire dai suoi occhi.

Perché piangeva?

Era solo una stupida visione.

Qualsiasi suo macabro pensiero venne interrotto da Enid, che aveva iniziato a fare le fusa in quell'abbraccio. Non capì subito perché, ma quella cosa la fece sorridere, seppur per un istante e lontano dagli occhi di Enid.

Si accorse che, essere nude, l'una tra le braccia dell'altra, le dava più pace della morte a cui aspirava.

Forse, era proprio questo che Madre voleva farle capire, quando la spingeva ad avere una relazione.

Amare era un po' come morire.

Mercoledì stava per parlare, d'istinto, ma qualcosa le interruppe.

-Ragazze! Perderete l'autobus, perché siete ancora su? - La signora Sinclair stava gridando dalle scale.

-Si mamma, arriviamo! - Urlò Enid e nell'alzarsi di scatto cadde dal letto, mentre il suo corpo riprendeva tutte le sue fattezze umane.

Mercoledì si affacciò dal materasso per vedere la bionda a terra, senza fiato, che guardava il soffitto, troppo silenziosa.

-Stai avendo un infarto? - Le chiese, incurvando un sopracciglio.

Enid la guardò e le sorrise. Un sorriso così puro che quasi accecò Mercoledì.

-No! Ma ho troppe emozioni, mi sento il corpo pesante. - Le rispose, scoppiando a ridere.

Quella risata. Quella dannata risata. Non era fastidiosa, per una volta.

-Allora dovrò trascinarti per i piedi. Non perderò l'autobus per colpa tua. -

Enid si era quindi costretta ad alzarsi per rivestirsi.

-E come pensi di tornare senza la felpa?- Ridacchiò la bionda, indicando la felpa di Mercoledì, a brandelli sul pavimento.

-Mi devi un vestito, lupa. - Mercoledì cercò di recuperare ciò che restava dei suoi abiti e nel farlo diede le spalle ad Enid, che urlò, coprendosi poi la bocca con le mani.

-Mercoledì, la tua schiena! -

-Ah, già. - Commentò Mercoledì, cercando di guardarsi la schiena allo specchio. Quei tagli, che il lupo le aveva lasciato, sarebbero diventate bellissime e macabre cicatrici. Le si addicevano.

-Scusami, io... - Enid aveva di nuovo le lacrime agli occhi.

-Enid, sapevo a cosa andavo incontro. Non agitarti. -

-Avrei potuto ucciderti. -

-Non lo avresti fatto. - Cercò di tranquillizzarla Mercoledì.

-Cosa ne sai? -

-Tu non hai voluto, per il tuo ingiustificato imbarazzo, ma io ho terminato di leggere il capitolo sui legami intimi dei lupi mannari. - Le spiegò Mercoledì, indicando il volume che avevano lasciato a terra.

-Il lupo non uccide mai la persona che ama, nella sua impulsività, sa controllarsi. Purtroppo. - Aggiunse.
Enid cercò di non arrossire per ciò che aveva appena detto l'altra, ma la cosa non le riuscì e dovette voltarsi per non darlo a vedere, cercando il suo kit di pronto soccorso che teneva sempre con sé in quel pesantissimo zaino, abituata com'era a dover sempre medicare i suoi fratelli dopo i loro giochi nel bosco. E forse anche perché era sempre troppo ansiosa, sì.

-Devo almeno medicarti. -

-Non abbiamo tempo. Non è grave. - Mercoledì cercò di defilarsi dalle grinfie di Enid, quasi rincorrendosi per la stanza.

Enid emise un lamento, frustrata dalla sua testardaggine.

-Se non ti fai medicare, ti darò un mio maglione colorato e dovrai tornare a casa con quello!- La minacciò.

-Non oseresti. - Mercoledì era nuovamente sul piede di guerra.

Mi farà tardare, quella micia.

Purtroppo, Enid era seria, così Mercoledì si costrinse a farsi medicare da lei, tra un lamento e un gemito dovuto al dolore del disinfettante.

Alla fine, Enid rubò una maglia scura a suo fratello, che a Mercoledì stava il doppio più grossa e salutando frettolosamente la signora Sinclair, corsero alla fermata dell'autobus, senza accennare una singola volta a ciò che era successo. Era stata una giornata troppo inverosimile per credere che tutto fosse stato reale.


Enid si addormentò sul sedile dell'autobus, con la testa china sulla spalla di Mercoledì, con la convinzione che quella giornata fosse stata solo il frutto di un lungo sogno lucido.



Quella sua oscura luce - WenclairDove le storie prendono vita. Scoprilo ora