CAPITOLO TRE

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FEDERICA

Erano passate più di sei ore da quel messaggio e mister capitano del Napoli non si era più fatto vivo. Sinceramente questa cosa stava urtando i miei nervi, già di base poco saldi, ma sapevo di non poter pretendere chissà cosa; lui era sposato ed io ero, con ogni probabilità, la sbandata di una sera. Anche se poi, a quanto pare, non era successo nulla di eclatante.

Quella sera non mi andava proprio di fare nulla, l'indomani avrei dovuto lavorare e per questo non volevo esagerare, ma Alma insistette al punto da farmi accettare pur essendo contraria. Il plan della serata prevedeva aperitivo al nostro bar preferito, una sigaretta in compagnia e poi per me andava bene così.

«Non ci vengo a ballare con voi. Domani lavoro, nel te lo fossi scordato» mi lamentai con la bella spagnola, che sbuffò contrariata.

«Sei insopportabile. Non puoi fare il pomeriggio?» mi chiese poi, ancora nel pieno tentativo di trascinarmi con lei verso una delle mille discoteche che conosceva.

Scossi la testa animatamente. «Mattina e basta» risposi, sperando che Alma si arrendesse.

Quando uscimmo fui travolta da una sensazione di pienezza, perdendomi ad ammirare ogni angolo di quel luogo che avevo la fortuna di chiamare casa. In città si respirava una quantità enorme di passione e amore per il Napoli, che aveva da poco vinto il terzo scudetto dopo trentatré anni, e tutte le strade erano ancora piene di striscioni e bandiere che pendevano dai balconi anche a distanza di un mese.

«Ci stanno aspettando Roberta e Fabi, se smetti di fare foto andiamo» mi ammonì Alma, che spesso sapeva essere più pesante di mia madre. Mi trascinai, senza alcuna voglia se non quella di dormire, fino al nostro bar preferito a Chiaia che non distava tanto a piedi da casa mia.

La serata era passata piuttosto velocemente tra un gossip e l'altro, tra questi era compreso anche quello che riguardava me e Giovanni Di Lorenzo ovviamente, perché Alma non sapeva proprio farsi i cazzi suoi. Divertente, no?

Quando stavo per rincasare, con Alma attaccata al mio braccio che si trascinava dopo aver bevuto un po' troppo, una notifica mi fece sobbalzare. Non gli diedi tanto peso, l'unica intenzione che avevo era raggiungere casa mia per mettere la mia migliore amica a letto, ed ovviamente io l'avrei seguita a ruota.

Però trillò ancora, insistentemente. Sospirai e lo afferrai dalla mia borsetta, sbarrando gli occhi quando realizzai chi era il mittente. Allora è vivo, pensai.

Sei in giro? Ci vogliamo vedere?

Non lo avrei mai creduto un tipo così sfacciato se non avessi letto con i miei occhi quel messaggio. Pensavo fosse uno serio e non da tradimenti alla moglie, con due bambine di mezzo tra l'altro.

Perché non sei in vacanza
con tua moglie? Il campionato è finito.

Rispose subito, nemmeno il tempo di bloccare il cellulare, come se sapesse già cosa dire perché aveva previsto le mie mosse. Questo mi mise i nervi.

Non avevi detto di non conoscermi?

Non mi piace parlare di queste cose
tramite messaggi. Ci vogliamo
vedere o no?

Io sono a Chiaia, ma ho da fare prima.
Non mi libero prima dell'una e mezza.

Se mi ci fossi vista non mi sarei fatta vedere in condizioni pietose, mi serviva tempo per sistemarmi e lo avrei fatto aspettare perché lui non aveva assolutamente niente di più rispetto agli altri uomini.

LIFETIME | GIOVANNI DI LORENZODove le storie prendono vita. Scoprilo ora