CAPITOLO DICIASSETTE

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GIOVANNI

Passare la notte fra le braccia di Federica, dopo due settimane distanti, mi aveva finalmente ridato pace e serenità. Quella mattina mi risvegliai con il suo profumo addosso, visto che il suo viso era schiacciato sull'incavo del mio collo.

La scena mi fece inevitabilmente sorridere. Non era di certo la prima notte che passavamo insieme, ma ognuna di esse era diversa e speciale. Per questo non volevo perdermi nemmeno un secondo di quel meraviglioso viaggio, perché le ore insieme a lei passavano fin troppo velocemente e mi sembrava come se non me le godessi mai appieno.

Le sue mani per tutta la notte avevano vagato sul mio corpo, risvegliandomi di tanto in tanto, poi la riscoprivo puntualmente attaccata al mio petto. Mi stringeva forte, come se avesse paura di qualcosa o semplicemente voleva accertarsi che rimanessi lì con lei.

Mentre rimasi fermo a pensare e ad ammirarla, Federica si mosse leggermente prima di strizzare gli occhi e aprirli piano. In quell'istante potevo giurare di aver sentito il cuore accelerare fortissimo e in procinto di uscire fuori dal mio petto.

Avrei pagato tutti i soldi del mondo se solo fossero serviti ad avere quella scena davanti agli occhi per tutti i giorni della mia vita.

Non avevo dimenticato Clarissa con estrema facilità, al contrario di quello che si poteva pensare. Era stata senz'altro una cosa radicale, perché Federica si era imposta nella mia vita silenziosamente ma con decisione, ma non facile.

Molte cose ancora mi legavano alla mia ex moglie, oltre le mie due figlie, ma la giovane napoletana era stata capace di rendere meno pesanti i tormenti che attanagliavano la mia anima in quei mesi.

E anche in quel momento, quel sorrisetto tenero e il suo viso assonnato, erano stati capaci di sciogliere tutte le preoccupazioni che avevo quando la sera prima ho toccato il suolo partenopeo.

«Buongiorno tesoro» le dissi, spostandole qualche ciuffo ribelle che le contornava il viso.

Si alzò sulle spalle, sbuffando, poi si sporse verso di me e mi stampò un bacio sulla bocca. «Buongiorno» rispose semplicemente.

Nella mia mente frullava insistentemente il pensiero di lei e Clarissa nel procinto di una discussione. Ero abbastanza sicuro che non era solo frutto della mia pazzia di quel periodo, ma che fosse successo davvero.

La guardai alzarsi, aprire tutte le finestre per far entrare luce, e poi andò diretta verso la cucina. Non ci volle molto prima che io la seguì, ma non volevo ancora accennare a quel discorso. Una sua ipotetica reazione negativa mi terrorizzava, considerando il suo carattere particolarmente irascibile.

«Vuoi?» mi chiese, mostrandomi una tazzina di caffè. Scossi la testa.

Sapeva che il caffè non era una delle mie cose preferite, ma lei da buona amante della caffeina cercava sempre di farmelo piacere con scarsi risultati.

«Fede» la chiamai, avvolgendola da dietro. Le lasciai alcuni baci nell'incavo del collo, lei invece sorrise godendo di quel momento.

«È successo qualcosa quando io non c'ero?» le chiesi poi, sentendola irrigidirsi sotto al mio tocco.

Sospirò nervosamente, passandosi una mano tra i capelli. «In che senso?» finì il suo caffè, sfuggendomi di continuo.

Velocemente corse in bagno, ma anche lì la seguii. Mi dava fastidio il fatto che si ostinasse ad ignorarmi, lo aveva fatto anche la sera prima quando avevo provato ad accennare a quel discorso.

«La smetti di scappare?» mi piantai davanti a lei, mentre mi guardò con un'espressione confusa sul volto e lo spazzolino fra i denti.

«O sce, ma me li fai lavare almeno i denti o no?» sbuffò poi, continuando ad ignorarmi.

LIFETIME | GIOVANNI DI LORENZODove le storie prendono vita. Scoprilo ora