Epilogo

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Il sole alla finestra stava per sorgere, Napoli non era mai stata più bella di come lo era quel giorno. In una stanza di ospedale Federica e Giovanni si preparavano al primo appuntamento speciale con il loro bambino.

Le mani di lei stringevano quelle di lui con forza. Avrebbe voluto sentirlo più vicino, ma non poteva. I dolori del travaglio la stavano piegando a metà. Pur essendo stata sempre forte, dura e tenace, il suo scricciolo le stava togliendo tutte le forze.

Giovanni sospirò, preoccupato e in trepidante attesa. Continuava a lasciare baci sulla fronte di Federica al fine di calmarla, abbinando ad essi anche alcune parole di incoraggiamento sussurrate al suo orecchio. Il capitano azzurro era un intero fascio di nervi, solo pochi istanti lo dividevano dal tenere in braccio per la prima volta il suo primo figlio maschio.

Federica sentiva la pressione calare ad ogni spinta. Desiderava fermarsi, mai come allora lo voleva. Le voci delle ostetriche erano solo suoni ovattati, nella sua mente non c'era altro che il suono del pianto di suo figlio che non vedeva l'ora di sentire. Di tanto in tanto lanciava qualche occhiata a Giovanni, ancora in piedi al suo fianco dopo ore, intento a darle forza come faceva da ormai quasi un anno.

«Dio mio, fa malissimo, non ce la faccio più» sospirò stanca la giovane mamma, scacciando via una lacrima dal suo viso.

«Ci sei, Fede. L'ultima spinta, più forte che puoi»

I due innamorati si guardarono, spaventati. Era arrivato il momento di conoscere il loro bambino, adesso sì. Federica fece come gli era stato ordinato, liberando un grido straziante. Poi una sensazione di vuoto crebbe dentro di lei, mentre il suono più dolce del mondo si sprigionò in quella camera d'ospedale: quella piccola creatura che aveva tenuto al caldo per nove mesi nel suo grembo era finalmente venuto al mondo.

«È nato, com'è bello Fede» la sua ostetrica le sorrise, porgendole il suo cucciolo ancora impiastricciato di sangue per farglielo guardare.

«Dammelo! È mio, il mio bambino» Federica pianse esausta, desiderosa di tenere quel bambino tra le braccia.

Giovanni sorrise intenerito, carezzando i capelli di Federica ormai disordinati, poi le lasciò un bacio sulla fronte. «Sei stata bravissima, Fede. Bravissima» le disse.

Quando le porsero il suo bambino, Federica sobbalzò spaventata. Le braccia e le gambe le tremavano, sembrava come se gli arti superiori e inferiori avessero perso totalmente sensibilità. In un attimo milioni di responsabilità l'avevano avvolta, quel piccolo cucciolo dipendeva esclusivamente da lei e da Giovanni.

«È proprio nostro?» chiese poi, guardando il suo fidanzato negli occhi.

Il capitano azzurro sorrise orgoglioso e annuì. «Tutto nostro. Mi hai fatto un regalo immenso» mormorò emozionato.

Non c'era niente che Federica e Giovanni avessero desiderato più di tenere in braccio quello scricciolo. E ora che lui era lì, insieme a mamma e papà, intento a scrutarli con attenzione, il mondo si era fermato. Quel viaggio sarebbe stato lungo, tortuoso, pieno di ostacoli, ma soprattutto pieno di amore e vita.

«È lui, come l'ho sempre sognato. È proprio il nostro Leonardo» pronunciò convinta Federica, guardando Giovanni che non poté far altro che annuire.

Due anni dopo

Federica osservava con attenzione il mare infrangersi sugli scogli, rimanendone ammaliata. Leonardo dormiva, Giovanni avrebbe fatto ritorno a casa di lì a poco. Tutto era al proprio posto. Lei rimase lì a godere del cinguettio degli uccelli, intenta a carezzarsi la pancia di tanto in tanto: aveva appena scoperto che in lei stava crescendo un'altra creatura.

LIFETIME | GIOVANNI DI LORENZODove le storie prendono vita. Scoprilo ora