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La notte imperversava sulle vie di New Orleans. Chris guidava lento verso la villa di quello che doveva essere suo padre.
Quella notte si sarebbe fermato lí per dormire, non se la sentiva di lasciare solo il vecchio Augustus dopo quella discussione, dopo le parole brucianti del vecchio che testimoniavano la sua attesa pacata della morte.
Chris era rimasto profondamente deluso, ma sapeva di non avere altra scelta: doveva rispettare il volere di suo padre.
Non avrebbe venduto quella dannata azienda. Almeno fino al giorno in cui il vecchio non avesse abbandonato quel lungo e imperverso percorso che tutti chiamano vita.

Tornó nella grande casa e chiuse a chiave la porta.
Andó nel salotto. Suo padre dormiva sulla poltrona ancora con gli spessi occhiali sul naso e un libro stretto fra le mani: "l' alchimista" di Paulo Coelho.
Dietro la poltrona di pelle si intravedeva la porta spalancata della stanza di Augustus. Chris ripensó a quella lettera. Quando Margaret ce l' aveva in mano, aveva provato a leggere ció che vi era scritto, ma senza successo poiché la carta ingiallita era caduta dalla presa della ragazza. Chris aveva colto solamente poche parole:

Cara Sarah
So che non mi perdonerai mai per

E poi chissà cos' altro c' era scritto.
La lettera era stata spedita da suo padre, ne era sicuro, aveva riconosciuto la scrittura che certo, era molto meno tremolante dell' attuale calligrafia del vecchio. Questo testimoniava che la lettera non era affatto recente, e la carta rovinata ne era la prova.
Ma chi era Sarah?
Probabilmente Margaret aveva pensato fosse sua madre, ma non era possibile, il suo nome era Belle.
Si diresse verso lo scaffale dove Margaret aveva riposto quel foglio malandato, ma una voce rauca lo interruppe.
-Che ci fai qui?- Suo padre lo fissava con occhi stanchi.
-Niente... Vorrei dormire qui questa notte, se per te va bene...-
-Il tuo letto è fatto, se hai freddo le coperte sono nell' armadietto nell' angolo, penso che tu lo sappia-
-Certo, buonanotte-.
Dopo una lunga doccia calda, Chris prese il pigiama e si lasció avvolgere dall' abbraccio candido del materasso e si preparó a spegnere il flusso continuo delle sue preoccupazioni.

Fu svegliato da un urlo straziante.
Ancora sospeso tra sonno e veglia, Chris accese la luce fioca della lampadina sul comodino: erano le quattro e venti.
Le urla si ridussero a un lamento disperato.
Chris si alzó lentamente dal letto e procedette a passi incerti nel corridoio.
Silenzio.
Appena udibile, il lamento proseguiva a intermittenza.
Silenzio.
Lamento.
Silenzio.
Cos' era stato?
Ora quel suono indescrivibile si era tramutato in una serie di respiri affannosi, accompagnati dai continui colpi del cuore di Chris che sembrava stesse per uscire dal petto.
Entró nella cucina e I respiri si fecero più pesanti.
Il buio era quasi impenetrabile, il ragazzo si muoveva con l' aiuto delle mani che tastavano le superfici intorno.
Ne era sicuro, quella era la cucina.
Riuscí, dopo alcuni tentativi, a trovare il cassetto di legno che conteneva le posate e ne estrasse il coltello di ceramica.
Sapeva che non avrebbe mai avuto la forza di usarlo, ma in qualche modo quell' oggetto gli dava sicurezza.
Ad un tratto il rumore cambió di nuovo: non erano più respiri... Piuttosto... Un pianto, un pianto straziante e misterioso.
Quel pianto in qualche modo, conteneva ogni singolo briciolo di tristezza che un umano potesse provare.
Chris era in preda al panico, la paura si insidió in lui come un serpente che stritola la vene.
Aveva paura di parlare, di muoversi, perfino di respirare. La sua sagoma si era trasformata in una figura immobile e inerme.
Doveva accendere la luce. Doveva scoprire chi si nascondeva tra le tenebre.
E ad un tratto il panico sembró abbandonarlo e, senza nemmeno pensarci, Chris premette l' interruttore.

Quando la luce illuminó la stanza, si accorse di avere gli occhi chiusi, lentamente, sollevó le palpebre.
E poi la vide.
Il volto ebro della donna era nascosto dalla massa di capelli inzuppati d'acqua, ma Chris sapeva chi era.
La figura in lacrime di Margaret si ergeva davanti a lui, lo fissava con quei suoi occhi che sbucavano dalle ciocche fulve.
Le guance, la bocca, gli occhi, il naso, tutto il volto era intriso di pesanti lacrime salate.
La ragazza ebbe un fremito, e poi parló.

La strada in discesa che conduce al traguardo
tu sarai, mio splendido guerriero.
La fatica cede il posto al dolce sollievo della vendetta.
Le braccia aperte di ció per cui abbiamo lottato
ci attendono per accogliere le nostre membra.
Ti consumerai, innocente frutto del male
inconsapevole delle tue emozioni.

Chris gridó disgregando la quiete della notte e si ritrovó seduto sul letto.
Tutto intorno le coperte giacevano sul materasso e sul pavimento, il lenzuolo non si vedeva nemmeno e il cuscino era stretto tra le braccia di Chris.
Era fradicio di sudore. Ma aveva freddo.
Si toccó la fronte con il palmo della mano, scottava, eppure quello era l' ultimo dei suoi pensieri.
Stesso sogno.
Stessa frase della prima volta. Ma adesso il quadro era completo.
Le parole di quella poesia, sempre che si potesse chiamare cosí, erano stampate nella sua mente.
Gli faceva male la testa, sembrava che la sua fronte stesse andando a fuoco.
Si concentró e cercó di interpretare quelle orribili parole.

La strada in discesa che conduce al traguardo
tu sarai, mio splendido guerriero

Quei versi erano rivolti a lui, TU sarai: sí, erano rivolti decisamente a lui.
Provó a riordinare le parole nella sua mente: tu Chris, mio splendido guerriero, sarai la strada facilmente percorribile che porta allo scopo.

La fatica cede il posto al dolce sollievo della vendetta

Vendetta...
Ma la vendetta di chi?
Contro di chi?
Se a pronunciare tutto questo era veramente Margaret, allora di chi si doveva vendicare? E perché?
Era tremendamente stanco, ma aveva paura di riaddormentarsi.
Voleva capire il senso di tutto questo.
Un pensiero lo sopraffece come un lapsus: la lettera.
Doveva leggere quella lettera.
Si incamminó tra I muri dello stretto corridoio e diede un' occhiata nella fessura della porta della stanza di suo padre, dormiva, bene. Il problema adesso era evitare di svegliarlo, ma Chris sapeva che il vecchio aveva il sonno pesante. Il silenzio era rotto solo dai respiri pesanti di Augustus.
Ovviamente non accese la luce della camera, ma la lampada del corridoio offriva la luminositá necessaria per poter vedere nitidamente.
Si avvicinó allo scaffale dove Margaret aveva posto la lettera.
Non c'era.
Chris fu colto dall' ansia. Com' era possibile che fosse sparita? Si guardó intorno: guardó sulle mensole, sui comodini, su tutti I mobili della stanza.
Guardó sul pavimento, forse era caduta una seconda volta.
Fece due volte il giro della stanza.
Niente.
Due sole persone avevano potuto prenderla, ma Chris sapeva che il vecchio non aveva bisogno di nascondere le sue cose: nessuno entrava mai nella sua stanza, nessuno aveva mai avuto la necessitá di sbirciare tra le sue cianfrusaglie, e la consapevolezza invase Chris come un lampo.

La testa gli pulsava tremendamente, sudava. Si sentí venir meno, si appoggió al mobile di fianco a lui, ma gli arti rifiutarono di rispondergli.
E cosí, con un tonfo, il corpo stremato di Chris squarció il silenzio di quella notte d' Autunno.

La ragazza dai capelli di peceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora