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Il bambino venne chiamato Eunwoo, e per Jimin fu un'inesauribile fonte di gioia.
Era un cucciolotto allegro e vivace. Quando aveva fame si faceva sentire, ma i suoi strilli si trasformavano immediatamente in felici gorgoglii appena Jimin si preparava a nutrirlo. Il nero scuro dei suoi capelli cedette presto a un color castano chiaro, e Jungkook non poté trarre alcuna certezza nemmeno dai suoi occhi, che erano profondi con idiri viola. Durante le prime settimane dalla sua nascita, Wang Lin non gli si era mai avvicinata, ma ora quando il bimbo era in circolazione Jimin poteva star certa che sua madre si trovava poco lontano. L'anziana donna non osava entrare nella Casa dell'Alpha senza il permesso di Jungkook o Jimin, ma se la giornata era tiepida si accovacciava sulla soglia e restava a guardarlo steso a sgambettare su una pelliccia davanti al camino. In quei momenti Wang Lin pareva distante, come assorta in lontani ricordi. Tanti anni prima aveva guardato il suo bambino dai capelli di castani giocare in quello stesso salone, e ora ricordava con nostalgia quei tempi felici. Jimin sperava tanto che col tempo gli orrori che avevano scosso la mente di sua madre cominciassero a impallidire e lei tornasse quella di prima.

Le lunghe giornate d'estate si accorciarono, e con l'arrivo di Settembre il primo soffio d'inverno rinfrescò le notti. Sotto la guida di Jungkook, i campi erano stati curati con grande attenzione, e il raccolto prometteva di essere abbondante come mai prima. Taemin, presissimo dalle sue mansioni, girava continuamente con i suoi libri mastri, annotandovi minuziosamente ogni cosa, e i contadini cominciarono a chiamarlo perché quantificasse i frutti del loro lavoro e ne registrasse l'ammontare, prima di stiparli nelle dispense e nei granai.
Tirate dai buoi, le macine girarono a pieno ritmo; anche le attività commerciali fiorirono, in particolare la bottega di fabbro di Dae-Jung, dove venivano forgiati e venduti gli attrezzi per preparare i campi alla semina della prossima primavera e diversi oggetti e utensili che sarebbero stati utili durante l'inverno.
La fine del primo raccolto si avvicinava, e le ultime spighe stavano ancora maturando al sole. I granai già straripavano, e le dispense si riempirono di carni essiccate e affumicate e lunghe file di salsicce appese alle travi del soffitto. Jimin reclamò una parte di tutto, e le cantine del Casa dell'Alpha cominciarono a riempirsi. Le ragazze raccolsero uva e altra frutta e vino, marmellate e canditi andarono a unirsi al resto. Enormi favi di miele vennero sciolti in giare di terracotta, e la cera che venne a galla fu messa da parte per farne candele. Quando una giara era colma lo strato superficiale veniva lasciato seccare così che sigillasse il Contenitore, che poi raggiungeva le altre scorte nelle cantine. Il Casa dell'Alpha era costantemente fremente d'attività, e quando il bestiame venne macellato, tenendo solo i capi migliori per l'allevamento dell'anno successivo, l'odore della carne e della concia si mescolò a quello del posto. Carri di sale furono trasportati dalla palude, e la carne venne messa in salamoia. La mano di Whee-in era sempre presente nella preparazione dei cibi da conservare, e la sua abilità nell'insaporire e affumicare era molto richiesta, così la giovane vedova, avendo poco tempo da dedicare al figlio, fu Contenta che Dae avesse trovato un amico in Yoongi. L'Isolano insegnò al ragazzino le abitudini delle oche selvatiche e di altri volatili, e dove tirare una freccia per catturarli; dei cervi e dei daini e dove scovarli nei boschi; delle volpi e dei lupi, e come disporre una trappola, scuoiare gli animali a trasformare le loro pelli ispide e sanguinolenti in una morbida, calda pelliccia. Presto i due divennero la coppia più assidua in circolazione, e Dae seguiva il biondo ovunque egli andasse.

Gli alberi cominciarono a tingersi di rosso, il sud della Corea fu sorpreso da una prematura morsa di gelo.
Quel giorno Dae era rimasto senza il suo amico, che era andato a Ungjin per sbrigarvi alcune faccende, così si avventurò da solo a vuotare le trappole che avevano piazzato e risistemarle. Sir Gohain lo vide lasciare il Casa dell'Alpha e lo guardò allontanarsi in direzione della palude.
Whee-in non si accorse della sparizione del figlio fino all'ora di pranzo. Allora andò nella scuderia a cercarlo, pensando fosse con Yoongi, e lì le dissero che l'Isolano era a Ungjin. Tornò al Casa dell'Alpha , e Gohain , vedendola domandare a tutti notizie del ragazzino, le disse di averlo visto addentrarsi nella palude.
Taemin cessò immediatamente le sue occupazioni e, col Gohain, si avviò lungo la pista lasciata dai piedi di Dae nello spesso strato di brina. Lo trovarono in un ruscelletto, incastrato sotto un pesante ciocco di legno. Era rimasto preso da una trappola destinata a un lupo o una volpe. Solo la testa del ragazzo sporgeva dall'acqua, e attorno alle labbra aveva assunto un colorito bluastro.
Era lì da ore; aveva gridato fino a non aver più voce, e nessuno l'aveva sentito. Quando lo tirarono fuori dalla gelida acqua del torrente riuscì solo a gracchiare raucamente "Mi dispiace, Gohain. Sono scivolato."
Tremava come una foglia, e i due uomini lo coprirono bene e lo portarono in tutta fretta da sua madre, ma anche quando fu in casa davanti a un fuoco crepitante e avvolto in calde pellicce non smise di rabbrividire.
Taemin avrebbe voluto andare a chiamare Jimin, ma Whee-in glielo impedi.
"Quella omega è una strega!" strillò, spaventata. "Non voglio che getti un incantesimo su mio figlio. No, lo curerò io."
Con il passar delle ore la fronte del ragazzino cominciò a scottare; il respiro gli usciva a fatica, e nel suo petto risuonava come un rantolo. Tuttavia, Whee-in insisteva a rifiutare l'intervento della Luna della Casa dell'Alpha .
Era ormai buio quando Yoongi tornò da Ungjin e, apprendendo la notizia, si precipitò a cavallo a casa di Whee-in, scese di sella d'un balzo, spalancò con uno spintone la rozza porta di legno e volò a inginocchiarsi accanto al giovane amico. Prese la mano del ragazzino fra le sue e la sentì bruciare. Non esitò più di un secondo a rivolgeris a Gohain , che lo aveva seguito lì: "Va' a prendere Luna Jimin"
"No, non voglio!" protestò Whee-in, turbata e combattuta tra la consapevolezza, da una parte, che suo figlio aveva bisogno di cure esperte e il suo risentimento e la diffidenza che le era stata instillata da Somi, dall' altra "Quell' omega è uno stregone! Lui ha gettato un incantesimo su Jungkook per legarlo a sé e impedirgli di guardare un altro omega. E' un mago, ti dico. Non lo volglio qui!"
Yoongi, ancora accovacciato accanto a Dae, si voltò guardarla, e la sua voce risuonò come un basso ringhio. "Whee-in, tu bestemmi un Omega baciato dalla Dea per la tua sconfitta, ma posso passarci sopra. Quel che importa ora è che cos'ha questo ragazzo, e ho già visto altri nelle sue condizioni, e morirà se non verrà curato immediatamente. C'è qualcuno che può salvarlo, e quel qualcuno lo voglio qui, subito. Di te mi importa ben poco, ma a tuo figlio tengo molto, e non ti permetterò di gettare via la sua vita. Prova a fermarmi, e ti spedirò all'inferno a cavallo della mia ascia. E adesso fatti in là."
Si alzò e Whee-in, vedendo il suo sguardo, lo lasciò passare.
Jimin stava giocando con Eunwoo davanti al focolare della camera da letto. I suoi lucenti capelli erano sparpagliati sulla pelliccia su cui era sdraiato, e rideva felice facendo rimbalzare il bimbo tenendolo a cavalcioni della sua esile vita. Jungkook, seduto sulla sua sedia, li guardava in silenzio, e provò il desiderio di toccare entrambi.
Una pioggia di colpi risuonò contro la porta. Eunwoo sgranò gli occhi, e il suo labbro inferiore prese a tremare. Jimin lo tranquillizzò cullandolo tra le braccia e, a una parola di Jungkook, la porta si spalancò e Yoongi fece irruzione nella stanza.
"Chiedo scusa, Luna Jimin," tuonò. "Il ragazzo, Dae, è caduto in acqua e ora ha febbre alta e brividi. Lo aiuterete?"
"Senz'altro, Yoongi." Jimin si guardò attorno, un po' confuso, il bambino ancora in braccio. Poi si voltò verso Jungkook, che si era alzato dalla sedia, e gli piazzò il bambino tra le braccia.
"Jungkook, tienilo tu, per favore. Io non posso portarlo con me. Prenditene cura, e se piange chiama Sunmi."
Il suo tono fu più autoritario di quello dello stesso Kim Namjoon, e Jungkook non ebbe scelta. Il marito si gettò il mantello sulle spalle, prese il vassoio con le pozioni e un sacchetto di erbe, e in un batter d'occhio se n'era andato con Yoongi.
Jungkook restò li impalato, con in braccio quel figlio che non sapeva né accettare né rifiutare. Guardo il bambino, che ricambiò il suo esame con una serietà e un'intensità tali da farlo sorridere. Provò a farlo saltellare come aveva visto fare a Jimin, ma il suo ampio torace e il suo ventre piatto e duro non erano comodi come quelli dell'omega, e il piccolo si mise a frignare.
Con un sospiro, Jungkook tornò alla sua sedia e si prese in grembo il paffuto angioletto. Li il ragazzino sembrò contento. Tirò le maniche della camicia di Jungkook e presto prese abbastanza confidenza con lui da avventurarsi sul suo petto, mostrandosi ben poco intimorito dal feroce dell'Alpha Joseon, e giocare con i lacci del colletto.

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