6. I was made for lovin' you

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THOMAS

Sono una malattia, e un uomo, e un albero, e un uccello, e un frutto.

Sono una malattia, e un uomo, e un albero, e un uccello, e un frutto.

Sono una malattia, e un uomo, e un albero, e un uccello, e un frutto.

Sono una malattia, e un uomo, e un albero, e un uccello, e un frutto...

Quelle parole continuano a ripetersi all'infinito nella mia mente, come se la risposta fosse da sempre nascosta in me.

Sono una malattia, e un uomo, e un albero, e un uccello, e un frutto.

Chi sono?

Il mio respiro si muove alla stessa velocità dei miei pensieri, turbinoso. La mia testa è diventata un connubio di idee senza alcuno sfondo, che si sforzano di trovare la soluzione più scontata che esista.

Io la so, so la risposta. Allora perché non riesco a farla arrivare anche lì dove le parole prendono forma?

«Thomas. Guardami.» Paige sta cercando di attirare la mia attenzione, ma io sono bloccato, rinchiuso e non ne uscirò fin quando la risposta non arriverà.

«Ora basta. Chiudi il telefono.» O forse fin quando qualcosa di più forte mi smuoverà dalla mia condizione.

Paige senza alcuna delicatezza mi strappa il telefono dalle mani tirandomi poi per un braccio e c'è mancato poco che non cadessi a terra.

Scuoto la testa cercando di ritornare alla realtà, però allo stesso tempo mantenere la concentrazione. «Devo trovare la risposta.» sussurro puntando il mio sguardo perso nel suo. «Io non posso permettergli di farci del male.»

Lei però non sembra avere le mie stesse intenzioni. Nei suoi occhi non c'è la mia stessa preoccupazione, non c'è alcuno sforzo mentale di continua ricerca verso una risposta. Un'audacia inumana è dipinta in quel castano che considero casa.

Mi basta guardarla, assorbire la sua essenza per sentirmi solo poco dopo esattamente come lei. «No, Thomas. Non permetterò più a nessuno di rovinarci le giornate con delle inutili minacce.» si impunta afferrandomi le spalle. «Sai cosa faremo ora?» Non aspetta una mia risposta, me la regala direttamente. «Ora andiamo a divertirci. Siamo all'università, presto saremo sotto esame e non ne avremo nemmeno il tempo e io voglio passare una giornata con il mio ragazzo.» ammette tutto d'un fiato.

Ed ecco perché ci completiamo, seppur come un quadro imperfetto, io e Paige riusciamo a tirare fuori il meglio di noi in ogni situazione. Se io sto male, lei è lì a tendermi una mano. Se lei è giù, io sono lì a mostrarle quanto è ineccepibile nella sua manchevolezza e lo faccio con tutta la delicatezza di cui sono composto, vale a dire nessuna. Ma è proprio questo che ci contraddistingue.

Noi siamo strani. Quando qualcosa va male, chiunque si precipiterebbe a cercare una soluzione, noi invece stiamo facendo tutto il contrario salendo sulla mia moto per passare una giornata di soli noi due.

In un attimo siamo immersi nel traffico con il vento a farci da unico rivale e una sensazione di pura libertà a farci da alleato.

La libertà è ciò che l'uomo da sempre afferma di ricercare, eppure io sono convinto che non sia realmente ciò che vuole.

L'essere umano cerca di affermare l'inesistenza del destino perché vuole credere nel libero arbitrio, ma allo stesso tempo desidera che il fato sia vero solo per affidargli la colpa dei propri errori.

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