Fu Emery a rimanere scioccata dalla sua stessa affermazione, molto più di Charles.
Da ragazza aveva imparato presto a non mostrare il fianco, ma se dall'esterno il suo sembrava l'atteggiamento di una persona calma e assolutamente padrona di sé, in realtà ogni fibra del suo corpo le si rivoltava contro e la implorava di accogliere l'altro, di farsi voler bene.
Uno dei motivi per cui se n'era andata da Aberdeen era il sogno che l'aveva attratta con forza irresistibile per tutta l'adolescenza: non dover più rendere conto di nulla a nessuno.
Soprattutto, non era mai riuscita a mettere una barriera tra sé e Charles, in nulla.
Si vede che le cose cambiano per tutti, quando sono disperati, quando devono nascondere l'ultima cosa importante e fragile che gli è rimasta, si disse, a quanto pare è così perfino per me.
«Devo ricominciare da capo» offrì, a mo' di compromesso «non mi va di parlarne.»
Costò al suo orgoglio dire una frase del genere. Ma era tanto, tanto stanca.
Si chiese se stesse facendo bene, a parlare così liberamente con Charles senza per questo dire tutto.
Era come raccontare la propria vita a uno sconosciuto sull'aereo e allo stesso tempo come non confessare nulla a qualcuno che si vede tutti i giorni.
Era difficile, in quel discorso interrotto che era la loro relazione, capire che cosa si poteva dire e cosa no.
Ciò di cui era sicura era che parlare con Charles non l'avrebbe tradita: se un giorno avesse voluto sapere qualcosa di lei, una volta che fosse scesa da quell'auto, non avrebbe chiesto a suo padre o a Piper, sarebbe andato da Emery stessa, e da nessun altro. Era fatto così.
Ci fu una lunga pausa tra di loro, rotta solo dall'incessante lavorio dei tergicristalli.
«Torni per restare?» chiese a un tratto lui.
«Non lo so.»
La risposta era sincera: non era neppure sicura che ci fosse un'opzione.
«Perché sei scappata, prima?»
«Anche questa è una cosa che non so.»
«Non sono abituato al fatto che tu non sappia le cose.»
«Neanch'io. Forse sono scappata perché mi hai ricordato che ora non so più niente.»
Charles rise, facendole salire suo malgrado un fremito piacevole lungo la schiena, lungo le braccia, fino alla punta delle dita «Questa risposta non è da te, non ci credo.»
«Si vede che almeno uno dei due, qui, mi conosce.»
«Quando si trattava di conoscerti credevo di essere il più bravo.»
«E forse lo eri.»
Emery giocherellò con l'orlo della felpa, poi fece un sospiro lunghissimo. Non si poteva rimandare oltre: c'era qualcosa che doveva dire a tutti i costi, adesso che erano faccia a faccia.
«Mi dispiace tanto per tuo padre» disse con voce bassa, appena udibile, ma guardandolo «Non sai quanto.»
«Arrivi tardi di tre anni, ma grazie per le condoglianze.»
Era la prima volta quel giorno che nella voce di Charles vibrava una rabbia a stento trattenuta, eppure Emery si disse "ah, ecco. Ecco cos'era questa tensione". Forse era persino il senso di tutta la conversazione, per lui, anche se non ne aveva fatto parola.
Sapeva di dover parlare, prima che il silenzio diventasse troppo lungo.
«Hai ragione. Ho pensato fosse meglio parlare con tua madre. E con James e Leah, anche. Lo so che è stato un errore, ho continuato a pensarci per tre anni. Ma in quel momento nessun'altra scelta sembrava avere senso» tacque, poi aggiunse a bassa voce:

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Prima che torni l'estate
RomanceEmery Wilson, 26 anni, un lavoro appena perso e un marchio d'infamia che pende sulla sua vita, è costretta a tornare nel suo paesino di origine. Il destino le gioca l'ennesimo tiro mancino e le fa incontrare ancora una volta Charles O'Connor, il suo...