XI.

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1900




«Buongiorno, signor Williams. Come vi ho già detto, sono l'ispettore Elmstone, polizia di York. Ho pensato di porvi qualche domanda a seguito del ritrovamento di un cadavere nei pressi della vostra clinica.»

Il proprietario del centro di Nightingale era un uomo troppo alto e troppo magro, con due occhi acquosi sul volto spigoloso, di pietra. Un urlo disumano squarciò le pareti dell'ufficio; l'ululato di una bestia, un suono lungo e acuto. Rumori di lotta, infermieri che cercavano di tenere fermo l'autore di quel grido. Si fece più forte. Il signor Williams manteneva una rigidità facciale inquietante.

«Vedete, il corpo presentava ferite che, in un primo momento, sono state ricondotte all'attacco di un orso» Horace dissimulò il suo disagio. «Il petto era squarciato, il cuore asportato con violenza. Le braccia coperte di graffi. Tuttavia, il resto del corpo era intatto. La prima ipotesi, dunque, è che sia stato un uomo, magari un fuggitivo dalla vostra clinica. Voi ne sapete qualcosa? Ci sono stati episodi di fughe, ultimamente?»

Aveva pronunciato quelle frasi una dietro l'altra mantenendo il contatto visivo e la voce ferma. Aveva parlato con un tono fatto per infondere sicurezza e calma. Aveva sperato a ogni sillaba di vedere un cambiamento di espressione sul volto del signor Williams, ma i suoi lineamenti restarono fatti di cera.

«Sono spiacente» disse poi. «Non abbiamo registrato nessuna fuga, in questi giorni. Nightingale è un centro di massima sicurezza, e nel caso sarebbero già state avvertite le opportune autorità. Ma può darsi che l'assassino sia lo stesso della catena di omicidi di dieci anni fa. Non è mai stato catturato.» Aveva una voce che lo infastidiva, anche se non sapeva perché – gli dava l'impressione di una lucertola con il dono della parola.

«Dieci anni fa?» chiese. «Ci sono stati degli omicidi?»

L'urlo che prima aveva bucato il silenzio si ripeté. Il paziente si era, forse, svegliato dai sedativi che gli avevano somministrato. Horace sentiva che non sarebbe riuscito a rimanere in quel posto un istante di più.

«Sì. Una scia di cadaveri orribilmente mutilati si è sparsa in città. Ma nessuno di questi è mai stato trovato nel bosco. La scia si è poi interrotta senza che il colpevole venisse in alcun modo trovato.» Dettagli che emergevano con prepotenza, vecchie storie di cui lui non sapeva nulla. E che avrebbero potuto essere un pezzo fondamentale del puzzle. Blackwood non gli aveva mai accennato a omicidi precedenti. Eppure qualcosa era successo, prima che si trasferisse a York; una catena di morti inspiegabili, il cui artefice non era mai stato identificato.

«Il resto del corpo era, in verità, sorprendentemente intatto. Vi potrebbe ricordare qualcosa?»

«No», rispose il medico, forse in modo troppo precipitoso. «Sono spiacente, signor Elmstone. Mi è impossibile aiutarvi, al momento.»

C'era qualcosa di teso nell'atteggiamento di Williams, lo spettro di segreti nascosti sotto la polvere.

«Bene» si limitò a dire l'ispettore. «Arrivederci, allora. Buona giornata.»

Si rimise il cappello sulla testa. Mosse passi lenti verso la porta dell'ufficio, sforzandosi di ignorare la voce roca dell'internato che spaccava l'aria in due. Fu preso dall'irrefrenabile voglia di coprirsi le orecchie, anche se sapeva che quelle grida non se le sarebbe mai dimenticate. Le mura sporche sembrarono scagliargli dentro la profonda sensazione di solitudine che dovevano provare gli internati nel manicomio. La lontananza dalle famiglie, i farmaci, i pasti alla mensa dove mangiavi con chi ti poteva cavare un occhio con la forchetta. Si trattenne dal tirare un sospiro per liberarsi del peso che gli si era annidato nello stomaco, sentiva gli occhi del signor Williams bruciargli addosso ostinati.

Arrivò alla centrale che il cielo si era fatto plumbeo; un lampo guizzò in mezzo al grigiore delle nuvole, un tuono preannunciò che, da lì a poco, avrebbe piovuto.

Horace sistemò sulla testa il cappello a bombetta ed entrò muovendo lunghe falcate; si chiuse dietro il portone intarsiato con uno scatto, schivando di poco il temporale. Arricciò le labbra; qualche goccia di acqua piovana si era già posata sui suoi baffi, dandogli un fastidioso senso di umidità.

«Signor Elmstone» un giovane poliziotto – lo avevano appena assunto, non ricordava il suo nome – lo accolse con l'agitazione negli occhi. «Un altro omicidio. Simile a quello di stamattina.»

Dietro di lui, a poca distanza, due uomini che avranno avuto circa l'età della recluta con cui stava parlando. Uno era alto e allampanato, con folti ricci neri; l'altro, pur essendo evidente che fosse un coetaneo, sembrava invecchiato di colpo. La pelle itterica, i capelli corti che somigliavano agli aculei di un istrice. Le mani tremavano.

Horace pensò solo una cosa.

Il nuovo omicidio aveva un testimone.



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