7. CREEP

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Sono agitatissima.

Ho il cuore a tremila e le gambe che tremano.

La Mano Invisibile prova a colpire, ma lo stato di tilt generale ha un effetto anestetizzante su tutte le parti del corpo. Lei non può che rimanere inerme.

Massi apre la porta scorrevole del furgone e mi fa cenno di scendere.

Mi sento paralizzata, ma è giunta l'ora di tirare fuori il coraggio. Non c'è tempo per l'ansia, non c'è spazio per il panico. Non posso permettere ai mostri della mente di rovinare questo momento, lo aspetto da troppo tempo!

Scendo dalla Hippie Car con la determinazione di Nairobi, cammino verso il palco con il fuoco negli occhi di Berlino, guardo la mia band con la convinzione del Professore prima del colpo alla Zecca di Stato.

E come direbbe la nostra cara Tokyo: "Non c'è un giorno perfetto per fare una rapina".

Il tempo è mio. E quel palco me lo devo conquistare sparando tutti i colpi in canna.

L'automotivazione è una gran cosa.

Dovrò proprio ringraziare Mir quando la vedrò; lei mi esorta sempre a lavorare su questo aspetto.

"I più grandi risultati si ottengono attraverso il lavoro su se stessi. Nessuno riuscirà mai a tirar fuori la forza che hai dentro, solo tu puoi farlo".

Le sue parole risuonano nella testa come un mantra.

«Test microfono, uno due tre. Tutto ok, potete iniziare a provare i pezzi» dice la tipa del service.

«Ok, grazie. Possiamo parlare prima con il responsabile per le ultime informazioni?» chiedo io.

«Certo, te lo chiamo subito» risponde lei.

«Ali, intanto iniziamo a provare almeno l'apertura» consiglia Leo.

Annuisco.

Ci sono dentro con la testa, con il cuore, con tutta me stessa.

Sistemo il microfono e alzo gli occhi al cielo pensando a papà.

Mi starà sicuramente guardando e sarà orgoglioso di me, ne sono sicura. Mi ha sempre incoraggiato nell'inseguire i sogni, anche se non era bravissimo a esternare i sentimenti.

Quando ero più piccola, mi chiedevo il perché dei suoi pochi slanci di affetto, paragonandolo spesso agli altri papà apparentemente più premurosi. Con il tempo, poi, ho imparato a interpretare i suoi gesti: a capire che il rimboccarmi le lenzuola di notte era un ti voglio bene, che lo zaino di scuola pronto vicino alla porta, preparato ogni mattina alle cinque prima del lavoro, era un'attenzione per farmi sentire la sua presenza, che i suoi silenzi erano spesso pieni di cose.

Oggi, mi nutro di quei silenzi e sono finalmente sazia.

Questo mio traguardo lo dedico a lui, ovunque sia.

Torno concentrata sul "qui e ora".

Manca poco, devo parlare con il responsabile. Dov'è?

«Ma guarda un po' chi c'è, Miss Simpatia!» esclama una voce alle mie spalle.

Rimango impietrita. Non può essere lui. Ma che ci fa qui?

Un milione di pensieri scorrono nella testa, ma devo rispondere a tono. Immediatamente.

«Ecco Slash dei poveri! Come mai da queste parti? Da buon mitomane dei Guns 'N Roses, sei passato ad ascoltare un po' di sano rock?» chiedo io con un mood, lo ammetto, esageratamente sarcastico.

«Fino a prova contraria, sei tu che sei venuta dalle mie parti, Miss. E io non voglio ascoltarvi stasera, io vi ho scelti per suonare qui. Spero di non pentirmene, viste le premesse» controbatte lui, consapevole del potere che ha tra le mani.

Alice vuole sognareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora