Capitolo 2

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Mi tolgo tutti i miei indumenti ed entro dentro la doccia.
L'acqua fresca mi accarezza il viso, la schiena e le spalle, portando via tutto lo stress.
All'improvviso sento un altro dolore alla voglia, questa volta molto più intenso, la guardo e per poco non svengo.
Si era trasformata in una specie di numero come se fosse un tatuaggio stampato sul mio fianco "2".
Scuoto la testa chiudendo per un attimo gli occhi, li riapro e con sorpresa la ritrovo normale, come è sempre stata, mi ero immaginata tutto.
Appoggio la schiena alla parete della doccia aspettando che il battito del mio cuore si regolarizzasse.
"CHIUDI QUELLA CAZZO DI ACQUA È MEZZ'ORA CHE SEI SOTTO LA DOCCIA"
Le urla di mio "padre" mi risvegliano dal trance, chiudo velocemente il rubinetto e mi avvolgo un asciugamano intorno al corpo.
Inizio a cercare disperatamente un phon, rovisto in tutti i cassetti e armadietti possibili e immaginabili, nulla.
"Ok Rebecca rilassati, ora scendi anche se sei mezza nuda e chiedi a quell'essere che vive in casa con te un phon.."
continuavo a ripeterlo a me stessa, non capivo il perché della mia paura, dovevo chiedergli un phon.
Facendomi coraggio abbasso la maniglia ed esco a piedi nudi nel corridoio, scendo delicatamente le scale, e sistemandomi l'asciugamano entro in soggiorno.
"Woow bambolina cosa desideri?"
Non era la voce di mio padre...alzo di scatto la testa e mi trovo tre ragazzi dell'età di mio "padre" (circa 30), tutti e tre avevano la bocca aperta e mi spogliavano con gli occhi, erano davanti alla tv a guardare una partita, sacchi di patatine e ciotole di pop corn erano sparse per quasi tutto il soggiorno.
Il ragazzo che mi aveva fatto la domanda era biondo, con degli occhi verdi, ma era un verde intensissimo credo di non aver visto occhi più belli.
"Rebecca cosa ci fai qui?"
Esce fuori mio padre dalla cucina, si vedeva che era molto infastidito dalla mia presenza.
"Oh..bhe..ecco m-mi serviva un phon ma non.."
"Nel mio bagno, e non azzardarti ad aprire il mio armadio o per te saranno guai seri, ora sbrigati vai"
"Eddai Scott falla restare ancora un po' è così carina"
Scott ecco come si chiamava mio padre, il ragazzo biondo si avvicina e mi accarezza leggermente una guancia, quasi gemo sotto il suo tocco, è così delicato e piacevole.
" Colton allontanati da lei subito.."
"Hey amico tranquil.."
Si avvicina a lui minacciosamente lo prende per la maglietta e lo allontana da me.
"Ho detto di toglierti da lei immediatamente, guai a te se osi un altra volta toccare o anche solo guardare mia figlia...chiaro?!"
"S-si.."
"Bene, stessa cosa vale anche per voi altri"
Mi guarda con due occhi roventi dalla rabbia.
"Tu sbrigati a salire di sopra oggi vai a letto senza cena, guai a te se scendi di nuovo"
Stringevo forte i pugni avrei voluto così tanto spaccargli il naso in quel momento.
"Ti odio" sussuro, ma faccio in modo che tutti sentissero.
Mi dirigo velocemente su per le scale chiudendomi in camera mia.
Mi butto sul letto ed inizio un pianto disperato, non so neanche io perché, ma se piangi senza motivo è sempre perché hai troppi motivi per farlo, e si io ne avevo moltissimi.
Sapevo che sarebbe andata così, sapevo che sarebbe stata una merda, ero già così stanca di quella situazione.
#Scott#
"Ti odio" quelle parole mi creano un buco nel cuore, ero stato lontano da lei per così tanto tempo ma le volevo bene, era mia figlia, era quella creatura che avevo fatto io, mi venivano i brividi solo a pensarci, ma lei non lo avrebbe capito così facilmente questo mio amore per lei, era cocciuta come sua madre, sorrido malinconicamente al pensiero Allison, la donna che amavo più al mondo, ma avevo dovuto lasciarla insieme alla creatura che più amavo, non era una mia scelta, era necessaria, conveniva molto di più alla madre e a Rebecca.
La voce di Colton mi fa riprendere dai miei pensieri.
"Perché fai così?"
Mi giro irritato, dovevano farsi tutti i fatti prorpi.
"Perché deve capire che con me non si scherza, devo essere una figura di riferimento di cui abbia anche rispetto, sono suo padre cristo"
"Smettila di ripeterlo, tu non sei suo padre"
L'affermazione di Colton mi fa venire voglia di picchiarlo, stringo i pugni e alzo lentamente lo sguardo verso i ragazzi.
"Cosa caz.."
"Scott lo sai meglio di tutti noi che sei suo padre solo di sangue, non l'hai lasciata per tua scelta, ma glielo hai fatto credere per fare tutto più comodo e più facile da capire ora non puoi pretendere l'amore o il rispetto immediato da una persona dopo che gli hai fatto una cosa del genere"
"I-io..."
mi arrendo a me stesso, non aveva senso, aveva ragione Colton.
"Cosa devo fare?"
"Raggiungila..ora"
"Ma mi sbatterà la porta in facc.."
"Bene abituati caro papà, lo farà molte volte, è in piena adolescenza"
Mi da una pacca sulla spalla e raccoglie la sua giacca di pelle.
"Noi andiamo, ti lasciamo con lei"
Usciti gli altri due Colton si avvicina al mio orecchio e mi sussura la frase che mi diceva da quando aveva scoperto che l'avrei presa con me.
"Non parlarle dei viaggi, fino a che non viaggia per la prima volta, la voglia può essere anche solo ereditata dalla madre senza avere potere"
Sussurro un debole "si" e chiudo la porta.
Mi passo una mano sul viso ed inizio lentamente a salire le scale.
Da fuori la porta sento dei soghiozzi, mi sento un mostro, improvvisamente ho paura.
Busso leggermente alla porta,
"Rebecca per favore, posso entrare?"
Aspetto qualche secondo e non sentendo nulla tiro giù la maniglia, scoprendo con un amara sorpresa che era chiusa a chiave.
"Ti prego aprimi, voglio solo parlarti...Rebecca"
Sento la chiave girare, una ragazza con il trucco sbavato, gli occhi gonfi,i capelli arruffati e con solo una mia maglietta addosso mi apre la porta.
"Che vuoi?"
Entro nella stanza e mi siedo sul letto, faccio sedere anche lei vicino a me.
"Senti, mi dispiace...davvero, è che io...uff non sono mai stato bravo con le parole, io, ti voglio bene, sei pur sempre mia figlia, sei frutto di un amore,ma ero troppo bambino per fare un passo così grande, giuro che non ho passato un giorno sapendo di aver fatto un enorme sbaglio a non restare con tua madre, sei tutto quello che mi è rimasto di lei Rebecca, non voglio perdere anche te..."
#Rebecca#
Quel discorso non fa altro che farmi arrabbiare ancora di più, sento il sangue ribollirmi nelle vene, stringo i denti e lo lascio finire.
"...sei importante, voglio prendermi questa responsabilità, ti prego fidati di me"
Si avvicina e fa per abbracciarmi, mi sposto alzandomi velocemete dal letto.
La sua espressione è un misto di delusione, rabbia e tristezza
"Bec puoi fidarti di me, sono tuo padre"
Scoppio, non ce la faccio più a sentire quella cavoltata.
"No, non mi potrò mai fidare di te, te lo ripeterò fino alla morte tu non sei mio padre, non lo sarai mai.
Dov'eri mentre nascevo eh? Cosa facevi mentre dovevi stringere la mano alla mamma, dov'eri quando ho detto la mia prima parola, quando ho imparato a camminare, quando andavo a scuola e mi chiedevo perché tutti gli altri bambini avessero un papà mentre io no, dov'eri metre crescevo, quando ho fatto il mio primo saggio di chitarra? Non c'eri e non ci sei mai stato e non potrai rimpiazzare questa tua mancanza con un abbraccio..cosa ti aspettavi?che dopo quel discorso di merda io sarei caduta fra le tue braccia piangendo, e tu mi avresti coccolato e asciugato le lacrime? non sarà mai così facile per te"
Non ho mai smesso di guardarlo negli occhi, ho visto gli occhi schiarirsi leggermente, poi arrossarsi ai lati e infine ho visto le lacrime formarsi alla base dei suoi occhi e ad un tratto scivolare giù silenziose senza un singhiozzo, e non mi ero mai fermata, non mi aveva fatto pena.
"M-mi dispiace lo so, dammi una possibilità, ti prego"
"Esci"
Gli indico la porta con un cenno della testa, lui abbassa lo sguardo ed esce dalla stanza.
#Scott#
Non sono riuscito a trattenermi, gli ho pianto in faccia, quelle parole erano le più laceranti che avevo mai ascoltato, non erano vere io volevo Rebecca più della mia stessa vita anche a quindici anni, ma non avevo potuto...
Piccola mia se sapessi la verità...

The girl of timeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora