28 - Cattedrali di Cristallo - Samantha

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Quando mia madre arriva in ospedale, Chris è seduto su un letto del pronto soccorso, non ha ripreso colore ma sembra fuori pericolo

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Quando mia madre arriva in ospedale, Chris è seduto su un letto del pronto soccorso, non ha ripreso colore ma sembra fuori pericolo. Il braccio ingessato è appeso al collo con una benda elastica, gli hanno appena staccato una flebo e medicato quella faccia da culo che si ritrova.

«Aria» bisbiglia con la voce rotta.

La bambina si butta giù dalle braccia di Vanessa per correre da lui che la solleva senza fatica con il braccio buono. Lo abbraccia stretto tra le lacrime.

«Va tutto bene. Sono caduto. Passerà subito». La guarda in faccia e quella frase l'ho sentita troppe volte. «Non fa neanche più male». Il cretino solleva il braccio per farle vedere che non sente dolore e quasi sviene.

Una scena che mi fa venire il vomito perché mi rende difficile odiarlo quanto vorrei. Zanna è introvabile. Sam sparita. Ho lo stomaco stretto in una morsa dolorosa. E non riesco a non volergli bene. Chris è la mia maledizione.

«Tesoro» dice Vanessa con le lacrime agli occhi. «Come stai? Chi ti ha ridotto così?»

Stringo le labbra e fisso fuori dalla finestra. «Mamma, per favore. Quello che si è preso non è niente in confronto a quello che dovrebbe ricevere».

«Mic, non ti permetto di parlare così di Chris» mi riprende lei.

Siamo tutti suoi figli. Dal momento in cui mangiamo sotto al suo tetto, lei ci tratta alla pari. Ma Chris non è suo figlio e lo so bene. Lui è figlio di un ubriacone che per raccattare un goccio di vino si venderebbe anche le mutande. Cambio discorso per evitare di gridarle in faccia in una stanza d'ospedale. «Sei riuscita a chiamare papà?»

Lei scuote la testa. Ha il viso tirato e rughe di preoccupazione le segnano la fronte. «Alla centrale hanno detto che la missione è saltata e che il padre di Chris... Non riescono a rintracciarlo e neanche la ragazza che era con lui».

Il coglione sul lettino chiude gli occhi stordito e gli appoggio una mano sulla spalla non so neanch'io per quale motivo. «Hai fatto la cosa giusta, alla fine».

Lui mi lancia un'occhiata riconoscente, ma non riesco ancora a guardarlo in faccia. Durante il viaggio in ambulanza ho chiamato mia madre e le ho chiesto di prendere Aria dalla vicina di Chris. È l'unica cosa che so di dover fare quando lui è in difficoltà, me lo ripete sempre. Se io non sono in grado, devi occuparti di Aria perché a lei non ci penserà nessuno.

Un colpo deciso alla porta e mio padre entra senza aspettare. Si pianta di fronte a Chris che stringe Aria e fissa il pavimento. Il mio cuore traballa su un filo mentre cerco tra le ombre dell'ingresso quella di Sam e prego con tutto me stesso che mio padre l'abbia portata via, ma lei non c'è.

«È tuo?» Getta il cellulare accanto a Chris. È attraversato da una lunga crepa diagonale.

Lui non risponde.

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