66 - Let's hurt tonight

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Impressa sulla retina ho quella macchia rossa nel nero del bosco, solo lei, e fa impazzire il cuore, ma anche le viscere, brucia ogni razionalità e mi rende incosciente, imprevedibile

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Impressa sulla retina ho quella macchia rossa nel nero del bosco, solo lei, e fa impazzire il cuore, ma anche le viscere, brucia ogni razionalità e mi rende incosciente, imprevedibile. So di aver spaventato anche Chris, dietro di me. Proprio lui, che tra i due è sempre stato il più pazzo.

Da qualche minuto non dice una parola: una mano mi stringe la vita in una presa rigida e l'altra è arpionata alla maniglia laterale. Segue i miei movimenti con facilità, anche quando inclino troppo e la moto slitta nella neve che non smette di cadere. Accelero ancora e lo sento irrigidire i muscoli del tronco, ma non dice niente. Questa notte metto a dura prova la sua fiducia nei miei confronti, che non ha mai vacillato prima.

«Piegati in avanti verso il manubrio. Hai più stabilità» grida nelle raffiche ghiacciate che gli graffiano il viso. Mi giro appena. Il cappuccio è scivolato indietro e lui ha il naso rosso e i ricci pieni di neve ghiacciata.

Inclino la moto in una curva e le ruote slittano. Chris stringe la presa con entrambe le mani intorno a me. Poi grida: «Rallenta prima della curva, idiota. Finiamo di sotto, se non la pianti». Anche se lo sento appena immagino il suo tono stizzito e sorrido sotto al casco integrale.

Dalla curva che abbiamo appena superato sbuca un'auto scura, si avvicina senza rallentare e lampeggia. Sbando. Riprendo il controllo e Chris aderisce alla mia schiena. «Cosa fanno?»

«Ci vengono addosso» grido. L'auto riparte, accelera, mi affianca e spinge verso il guardrail a picco sul mare. Rallento per evitare la fiancata e poi riprendo velocità. «Se lo fanno di nuovo finiamo di sotto».

Il cuore mi batte forte nel petto e riesco a sentire anche quello impazzito di Chris contro la schiena. «Accelera. Più forte che puoi» dice.

«Così andiamo fuori strada da soli...»

«Meglio soli che...» Lo sento appena nel fischio del vento ghiacciato.

«Ti odio, Chris». E vorrei che non fossi mai salito su questa moto.

Chiudo la mente e giro la manopola dell'acceleratore al massimo senza pensare alle conseguenze. La moto schizza neve dalla ruota posteriore e impenna. Cerco di non perdere il controllo. La presa sicura di Chris non mi abbandona neanche quando ci colpiscono sul fianco e sbandiamo in direzione del dirupo. La sua paura mi arriva attraverso la stretta improvvisa delle braccia che mi tolgono il respiro. Usciamo dalla carreggiata e solleviamo schegge di pietra dal ciglio della strada. Incasso le imperfezioni dello sterrato stringendo le gambe e trattengo le braccia di Chris con una mano per paura che venga sbalzato via. Riesco a riguadagnare la strada, ma davanti a noi, a poco più di cinquecento metri, c'è un posto di blocco della polizia. L'auto nera che ci stava speronando gira su se stessa e riparte in direzione opposta, ma io devo trovare il modo di superarlo.

Accosto sotto agli ultimi alberi. Christian cerca di riprendere fiato e per un po' resta senza parole. «Non ti facevo così spericolato, Zanardi».

Indico con un cenno le tre auto della polizia di traverso, a bloccare la strada più avanti. «Come lo superiamo?»

«Entra nel bosco».

È impazzito. «Stavamo per finire in mare e adesso, secondo te, devo guidare tra le radici degli alberi?»

«Vuoi arrivare da lei o tornare a casa?» mi provoca lui.

Gli faccio cenno di tenersi stretto e mi inoltro nel bosco. È molto buio e mi è impossibile evitare alcuni ostacoli, ma riusciamo a raggiungere i vicoli del labirinto. «Dove andiamo?»

«Insieme? Da nessuna parte. Ci prendono subito» ribatte Chris. «Mi lasci nei pressi del Black Bridge, poi scendi lungo il fiume e la cerchi».

«In quel posto ti fanno fuori».

«Ho un'amica che potrebbe avere informazioni».

«Candy?»

Annuisce con la faccia di un bugiardo che si caccerà in un mare di guai. «Starò attento».

«Non ti fidare di nessuno».

Scende a tre isolati di distanza dal capannone del Black Bridge. È parecchio che non vengo e la visione del posto mi fa stare male, come se ancora il nod avesse un richiamo potente sul mio sangue. Stringo gli occhi e Chris mi colpisce con una pacca sulla spalla. «Ci vediamo presto».

E mi sembra una delle più grandi bugie del mio amico pirata. «Ci troviamo qui tra venti minuti» rispondo.

Sorride e non annuisce. «Se non ci sono torna a casa dalla tua mamma, piccolino». Nasconde il viso nel cappuccio e posso vedergli solo gli occhi, verdi nel buio, brillano di tensione e paura. Non c'è derisione nella sua voce e io mi sento strappare un pezzo di cuore. Staccarmi da Chris in questo momento brucia.

Storco il naso e abbasso la visiera del casco. «Se non ci sei ti vengo a prendere».

Lo guardo incamminarsi a testa alta, con il suo passo inconfondibile e so che non dovrei lasciarlo andare. «Chris» grido.

Lui si volta e solleva due dita nel saluto dei motociclisti. Rispondo con indice e medio verso il basso, all'altezza dello sterzo, e riparto verso i vicoli del labirinto.

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