31b - Salto nel vuoto

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Non sento il vuoto allo stomaco quando precipito in mare, non l'acqua che impatta contro il mio corpo, niente

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Non sento il vuoto allo stomaco quando precipito in mare, non l'acqua che impatta contro il mio corpo, niente. È lo stesso quando attacco Mic. Ho un cancro che morde e dilania dentro, figlio del bisogno di prendermela con un dio troppo distante. Non ho paura dell'altezza o di schiantarmi contro uno scoglio. Non ho paura neanche della morte.

Nella mente mi sono rimasti solo gli occhi spalancati di Sam che guardano giù e poi si voltano verso di me. Mi sono mosso prima di scorgervi il biasimo, il disprezzo che ne sarebbe seguito. 

«Mic!» Cazzo mi vuoi dire dove sei?

Riemerge poco lontano con il fiatone e vado verso di lui. «Non dovevi buttarti davvero».

«Mi hai detto tu di farlo».

Ho il cuore che mi rimbomba nel petto, mi ha fatto una fottuta paura. Un salto del genere mette sotto sforzo un cuore normale e distrugge quelli come il suo. Deve vedere la mia paura perché la sua espressione si addolcisce appena. È La stessa situazione che vivo in sogno. Mi guardo intorno e non trovo Michele, non c'è più nessuno. Ci sono solo io.

L'acqua mi preme intorno e guardo verso la cima. Sam scende veloce sulla spiaggia, entra in acqua, la maglia che le galleggia intorno e avanza fino alla vita. È così in ansia che non lo vede, poco lontano da noi. «Dov'è Mic?»
Il cancro che mi brucia dentro stringe, soffoca, e non riesco a rispondere.

«Dov'è?» insiste lei e mi colpisce forte con il mio tutore contro la spalla sana. Stringo il braccio dolorante al petto come se avesse il potere di cancellare questa giornata infernale; il tuffo in mare è stato una pessima idea per la frattura in via di guarigione. «Cosa ti è saltato in testa, brutto cretino? Perché l'hai provocato così?»

Non trovo le parole e per me è insolito. Gli occhi di lei mi divorano furiosi. Sono spalancati, spaventati, e non sa ancora niente del cuore di Mic, altrimenti mi ucciderebbe subito.

Riprendo a guardarmi intorno e Mic è lì, immobile sulla spiaggia, i vestiti fradici e la faccia tirata. Mi scappa un sorriso di sollievo e lui incrocia le braccia senza cambiare espressione.

«Le puoi dire di smetterla?» gli grido.

Sam si volta verso di lui e le sfugge un sussulto di sollievo. Lui le sorride. Un sorriso vero, non come faceva negli ultimi tempi per mentire ai suoi genitori e fingere di stare bene.

«Continua pure, Sam. Gli fa bene. Ne ha tanto bisogno» le grida.

Lei esce dall'acqua e lo abbraccia stretto. «Hai fatto una cosa molto stupida».

«Non è la prima volta».

«Che ti butti o che fai cose stupide?»

Mic solleva le spalle senza rispondere.

Raggiungo la riva. Siamo fermi dove l'acqua tocca la sabbia e ogni mi energia è impegnata a respingere il suo ricordo. «Mic... » lo chiamo. Mi lancia un'occhiata mentre continua a stringere Sam. Invidio quello strano legame nato dal nulla.

«Vado a studiare» dice piano. Lo conosco troppo bene per non notare il petto che si alza e si abbassa in debito di fiato. «La prossima settimana ho l'esame e vorrei evitare di perdere l'anno».

Sam si stacca. «Aspettami».

Si gira verso di me e mi viene vicino. I vestiti le aderiscono al corpo sottile ed evidenziano forme che di solito nasconde. Si porta i capelli dietro le orecchie e mi strappa di mano il tutore. Temo che voglia riprendere a sbattermelo addosso, invece me lo infila al braccio e lo aggancia dietro la spalla. Vorrei dire qualcosa, ma lei mi dà solo il tempo di socchiudere le labbra e mi punta un dito sul petto. «Hai parlato abbastanza per oggi».

Mic trattiene una risata e torna verso casa. Lei mi saluta con la mano e lo raggiunge. Tiro il fiato con fatica e mi rendo conto di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo che mi è stata vicina.

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