48 - La Memoria del Mare

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Non ci accorgiamo che il tempo sta per cambiare finché non sentiamo il tuono, o la pioggia non ci sorprende, fitta, fastidiosa

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Non ci accorgiamo che il tempo sta per cambiare finché non sentiamo il tuono, o la pioggia non ci sorprende, fitta, fastidiosa. Inevitabile. Non vediamo la casa crollare finché non ci troviamo sotto alle macerie, a pregare che qualcuno ci senta urlare, o che la fine arrivi in fretta. Chissà cosa si pensa in quei momenti.

Ci sono state situazioni in cui ho creduto che sarei morta, ma poi non è successo. Sono qui.

Il giorno in cui un uomo dagli occhi celesti mi ha portata via dall'inferno non mi sono accorta della mia fortuna. Non dimenticherò mai chi sono stata, non lascerò mai le armi che mi rendono piena di crepe, ma flessibile, in brandelli, ma solida come lo scoglio a cui mi appoggio mentre Mic all'improvviso va in pezzi. L'ho visto triste, chiuso, silenzioso, ferito, ma quello che succede adesso, pochi secondi dopo che entrambi abbiamo toccato il cielo, mi lascia stordita. È un temporale che neanche il meteo sarebbe in grado di prevedere. Il timore del mare, dentro Mic, assume il significato del tempo che scappa via, della sabbia in quella clessidra che tiene sul comodino. Della frustrazione per non aver salvato la persona che amava come se stesso.

Chiudi gli occhi, Sam, non guardare cosa si nasconde dietro l'incantesimo. Ama la bestia che lui porta dentro, ma evita di guardarla negli occhi, o ti divorerà.

Di scatto Michele si allontana e si gira per tornare a riva. Lo fermo con una mano sulla spalla. Gira su di me lo sguardo di un animale in trappola. «Voglio uscire». Ha il fiato corto e un senso di panico nella voce.

«Cosa succede, se non lo fai?»

Mi prende la mano e la sbatte sul suo petto con forza, negli occhi uno sguardo che non dimenticherò mai. «Muoio» dice solo.

Aggancio le braccia dietro il suo collo e gli accarezzo la nuca. Ho paura di fare violenza su una ferita invisibile che ha dentro, di distruggere difese che gli permettono di andare avanti, ma questa volta, se ho vinto io, deve farlo anche lui. «Dobbiamo vincere insieme» mormoro vicino al suo orecchio.

Lui appoggia i piedi sul fondo di sabbia, afferra le mie gambe e se le porta in vita, poi chiude gli occhi. «Quanto dolore sei in grado di sopportare?» domanda secco. La sua voce è fredda come il vento che ci asciuga il viso. Ha le sopracciglia strette e i muscoli del viso contratti, cerca di resistere al panico che gli dice di fuggire fuori dal mare. Che l'acqua ha ucciso sua sorella e se rimane anche lui se ne andrà allo stesso modo. Spalanca gli occhi nei miei e mi sorprende a fissarlo concentrata. Annego in quel blu profondo. È tutt'uno con il mare e il cielo scuro.

«Ne vale la pena?» geme.

È in arrivo un temporale. Il vento è cambiato di nuovo. 

«Se vale la pena amarti?» chiedo.

Annuisce piano.

«Sopporterò il dolore che sarà necessario. Basta che mi tieni vicino a te».

«Non posso». Gli si spegne la voce. «Non potrò portarti con me».

Mi sento soffocare. Non guardare la bestia, non guardarla negli occhi. Non ascoltare il doppio senso delle sue parole. Sorrido e mi muore il respiro in gola mentre parlo. «Eri bravo a nuotare?»

Lui stringe i denti. «Ero il migliore». Lo dice come una verità scomoda, senza gioia. Cerca di liberarsi dalla mia stretta. Respira veloce, superficiale, senza prendere davvero aria. «Sam. Non ci riesco». Ha la pelle pallida e preme ancora la mia mano sul suo cuore. Non è un battito, quello che sento sotto le dita, è un casino di colpi senza una sequenza.

Studio il ragazzo che ho davanti, il viso spaventato, i muscoli del collo contratti nello sforzo di riprendere un respiro normale e penso che se crollasse qui, ora, se gli succedesse qualcosa di simile a quello che è avvenuto nella serra, non saprei cosa fare. Il panico minaccia di contagiarmi, ma resto immobile, una mano sul suo cuore, l'altra a imprigionarlo dove non vuole stare.

Allora lui parla come se io non fossi lì. Graffia e ferisce con un tono di voce basso, profondo. La sua voce m'incatena.

«Non ha peso il corpo nell'acqua, ma la corrente voleva portarmela via». Chiude gli occhi, mi lascia andare e stringe nel pugno qualcosa di invisibile. «Le guardavo il petto e facevo finta di non sentire che era già inerte, di un'assenza che è irreversibile. Il respiro non tornava, neanche quando a riva le premevo sullo sterno, così forte da quasi spaccarlo». Cerca aiuto sul fondo dei miei occhi e io non mi muovo, nella speranza che possa trovarlo. «Chris mi è venuto incontro con il suo sorriso da bambino troppo cresciuto, che non ha perso nonostante tutte le botte di suo padre, e gli moriva sulle labbra mentre mi leggeva sul viso tutto, senza che avessi il potere di cambiare le cose, mitigarle, nasconderle, renderle più leggere. Era tutto pesante. Il corpo inerte di Lucia tra le mie braccia, con i capelli fradici, riuniti a ciocche, a gocciolarmi addosso, quel pallore viola che si diffondeva sulla pelle e la portava via. Da me. Da lui. Tutto pesante e insopportabile da spaccare l'anima».

Resto in silenzio. Il corpo di Michele è rigido, distante, non si lascia sfiorare, ma rimane di fronte a me. Io mi sono esposta al suo giudizio, lui si espone al mio. Quasi potessi condannarlo per aver patito troppo dolore, per avere amato troppo. «Chris ha detto che sono stato io. Che dovevo proteggerla. È vero. Era mia sorella e dovevo essere più attento, più protettivo, più...» Alza la voce in un grido di rabbia che corre sulla superficie dell'acqua. «Veloce. A cosa serve essere veloce se poi perdi tutto quello che ami?»

«Sai che non sarebbe cambiato niente». Mi sorprendo del tono dolce, basso, che sono in grado di tenere malgrado il cuore che mi sfarfalla impazzito nel petto. Sto per cedere, per lasciarlo fuggire via dalla sua paura, ma lui si calma. Sospira, rilassa il corpo e riprende a respirare più piano.

«Il più veloce» dice con il tormento in fondo agli occhi. Accenna un mezzo sorriso tirato e un lampo pericoloso gli passa sul viso. «Non sono stato più veloce della morte».

È inutile ripetere frasi che ha già sentito, scaricargli la coscienza da una morte che non ha nulla a che fare con il suo intervento, cercare di chiudere una ferita che sanguinerà per sempre.

«Il mare ha memoria». Guardo la distesa infinita che si apre davanti a me, l'acqua ricorda ogni cosa, si plasma su di noi e conserverà per sempre la storia di Lucia, così come il nostro amore di poco fa. Mic inizia a tremare. «Non sono quello che tu credi. Non sono perfetto e non posso darti quello che ti serve».

Guardo il bracciale intorno al mio polso. Sfilo la goccia che brilla nella luce morente del giorno e la aggancio di nuovo al suo nastro nero. «Mi hai già donato tutto».

🦋 🖤Spazio Fede 🖤  🦋

Il rapporto di Mic e Sam evolve, si trasforma, cura lei, ma anche lui. E vincono insieme. Vincono tanto. La vita diventa più leggera, più facile. Quasi dimenticano l'incanto delicato che mantiene in equilibrio un cuore funambolo. E da questa vittoria inizia un rapporto che si consuma in pochi mesi, finché qualcosa si rompe. Ma Mic adesso ha un bracciale al polso e una promessa di felicità che si fa sempre più lontana, ma lo trascina e lo obbliga a resistere.

E se il passato di Sam la costringesse a tornare ad essere quella di prima? La splendida farfalla celeste accetterà di essere prigioniera o sceglierà di chiudersi nella sua crisalide? Si piegherà alla volontà di un padrone o si strapperà le ali per non sbattere più contro le sbarre?

Quanto vale una vita? E quanto dura?

Con tutto il mio cuore

Fede

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