La luce dell'alba mi svegliò, ancora mi faceva male il fianco dal colpo della sera prima, ma era diventato sopportabile, mi vestii e presi la spada con me, oltre che al blaster e l'impermeabile.
Arrivai agli uffici dell'ISB e un droide protocollare mi disse che il colonnello Yularen voleva vedermi, andai svelto al suo ufficio e lo trovai a chiudere una olotrasmissione.
<<Colonnello Yularen>> dissi entrando
<<Accomodati Groog, ho appena parlato con il grande inquisitore, ti aspetta sulla luna di Nur, nel sistema di Mustafar>> disse lui con tono serio
<<Grazie signore>>
<<Cautela Groog, guardati sempre le spalle dagli inquisitori>>disse con tono quasi preoccupato<<nemmeno io mi fido molto, ma è l'unica soluzione per cercare di aiutarti>>
<<Certamente signore>>mi congedai
il sangue mi ribolliva nelle vene, avevo seguito i rapporti del progetto inquisitorio avviato dall'Imperatore, quegli agenti del lato oscuro si erano macchiati di crimini indicibili, non avrei mai voluto averci a che fare, ma la mia condizione mi imponeva di rivolgermi a loro
<<Preparate la mia navetta, devo arrivare su Nur il prima possibile>> dissi prendendo a cicchetto un droide e un agente fermi in un angolo del corridoio
<<Ma l'accesso al sistema di Mustafar è stato vietato da lord Fener>>disse il robot con voce acuta e metallica
<<Al diavolo voi e le restrizioni!>>dissi furioso<<farò da solo !>>
Così presi la mia navetta di classe Lambda dagli hangar del COMPNOR, in un batter d'occhio accesi tutti i propulsori e schizzai nel traffico aereo dell'ecumenopoli. Rotta per il settore di Atravis a coordinate L-19, appena uscito dall'orbita del pianeta capitale feci il salto a velocità luce. Le stelle si distorsero in lunghi bagliori bluastri, la navetta sfrecciava nello spazio tra stelle e pianeti, resi irriconoscibili dalla velocità; ad un tratto delle mastodontiche ombre scure affiorarono dalla luce. La sagoma simile ad un cetaceo con dei tozzi tentacoli al posto della coda, ad un tratto un suono simile ad un lamento ruppe il silenzio dell'iperspazio. Un occhio azzurro e luminoso, grande quanto un uomo, mi osservava dalla foschia, un nuovo lamento, poi un altro ancora e intravidi altre sagome tutte attorno alla mia nave. Improvvisamente un suono di allarme mi fece prendere un grosso spavento, pensando che quei cosi segnalati colpiti la nave, per un attimo il panico mi attanagliò, poi vidi che si trattava del navicomputer, ero arrivato nel sistema di Atravis. Feci uscire la navicella dall'iperspazio ancora con il cuore in gola, quando vidi quelle misteriose sagome sparire nella luce per venire sostituite dai pianeti e dalle stelle di quel sistema remoto e dimenticato.
L'immenso e ardente Mustafar si stagliava davanti a me coprendo il suo sole, i vulcani erano talmente grandi che si potevano scorgere le eruzioni dallo spazio. Fiumi immensi di magma rosso scarlatto ribollivano e zampillavano tra la cenere scura, nubi ardenti si spostavano placide spinte da un vento cocente; mi avvicinai al pianeta e iniziai a scorgere qualcosa che emergeva da dietro la sua sagoma, un'accenno di blu scuro, un piccolo pianeta coperto di oceani tempestosi. Era la la luna di Nur, le navi computer iniziarono a suonare, finalmente ero arrivato al covo delle bestie, ora non mi restava che trovavano la loro fortezza. A tutta velocità entrai nell'atmosfera dove mi accolse una forte tempesta, la navetta sobbalzava tra i lampi ed i tuoni, ad un tratto un fulmine colpì l'ala dorsale. Il colpo fu davvero forte e la navicella incominciò rapidamente a perdere quota, le acque ruggenti e tempestose si facevano sempre più vicine, i motori in avaria ei comandi guasti non aiutavano di certo, provai a riattivare l'energia, ma niente, le onde sotto di me si facevano sempre più grandi e minacciose. Il fragore della tempesta era sempre più forte, il cuore mi tornò a rimbombare nei timpani, provavo in tutti i modi a far risalire quella dannata navicella, ma niente, il mare era ormai a poche decine di metri, l'impatto sarebbe stato imminente, non pensare che sarei morto in quel modo, come un povero idiota fracassato da una tempesta. Tirai forte la cloche verso di me, all'improvviso un tremito, poi l'energia tornò e la navetta incominciò ad andare più veloce verso le onde, vibrava tutto, più tiravo e più sembrava che quella navicella si volesse schiantare nell'oceano, poi il miracolo, incominciai finalmente a cabrare, le onde riuscirono quasi ad inghiottire le ali inferiori, sembrava di combattere contro un cavallo riottoso. Ripresi gradualmente quota restando comunque vicino alle onde, lentamente le nuvole si fecero più rade, la tempesta cessava e il cielo si schiariva; dinnanzi a me si ergeva a picco sul mare un'imponente fortezza, una sottile piramide dal centro spezzato che proiettava un'ombra scura su acque ancora più tetre e all'orizzonte, tra le nubi scure si scorgevano Mustafar e un'altra delle sue lune . Sembrava di essere in quadro, quell'atmosfera di quiete apparente mi mise in soggezione, mi sentivo piccolo di fronte a quel panorama, riuscivo a percepire l'oscurità di quel luogo attanagliarmi e farmi diventare sempre più piccolo fino quasi a scomparire. Ai piedi della fortezza virai e sfrecciando parallelo alle nere mura di quella torre arrivai fino all'hangar, in pochi istanti un plotone di stormtrooper si schierò attorno alla mia navicella.
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L'occhio dell'impero
Science FictionLa storia del giovane colonnello Groog dell'ISB si snoda tra intrighi di potere, fantasmi del passato e doppi giochi sotto al naso delle alte cariche dell'impero galattico. La ribellione brilla negli occhi del ragazzo, ma deve stare attento di chi f...