CAPITOLO 1- Il Tetto

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a chiunque stia cercando sé stesso,

non è mai troppo tardi per ammettere

di non averci capito un beneamato cazzo!

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.

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Marcus

Cosa si pensa mentre ci si sfracella al suolo dopo un bel salto dal tetto di un palazzo?

Me lo sto chiedendo proprio ora.

Il vento soffia sul mio viso mentre sporgo il busto oltre il parapetto, per provare la sensazione di instabilità e simulare le vertigini di una caduta.

Si prova paura mentre si cade? Ci si pente di aver saltato?

Queste domande mi assillano la mente, e non perché abbia pensieri suicidari, ma semplicemente perché la curiosità è il punto cardine della mia vita.

Forse, se non avessi avuto una così brutta settimana, sarei anche credibile in merito alla storia "zero pensieri suicidari".

Scuoto il capo e rido di me stesso, mentre capisco che oltre alla curiosità, a quanto pare, anche l'ipocrisia fa parte del pacchetto con gambe e braccia chiamato Marcus Reed.

"Brutta settimana" o "brutta vita" ...non so quale delle due sia più calzante.

Il rumore del traffico in strada arriva attutito sul tetto dove mi trovo. Mi sono intrufolato in un palazzo qualsiasi di New York per riuscire a vedere il cielo.

È asfissiante una vita in cui il cielo ci è precluso e al suo posto abbiamo solo una pallida imitazione delle punte di grattacieli, coperti da dense nubi grigiastre.

Per un ragazzo come me, che viene da un piccolo paese, il cui genitore gestisce un ranch e che è fuggito a gambe levate dal proprio luogo d'origine, questa preclusione della vista sulle stelle è distruttiva.

Mi sento come un maiale!

Sì, proprio un maiale: i muscoli del loro collo gli impediscono di osservare il cielo. Se si prendesse un maiale e lo si mettesse in verticale per farglielo osservare, probabilmente si spaventerebbe.

A volte abbiamo paura di ciò che non abbiamo mai visto, o provato, e questo ci fa chiudere e ripiegare su noi stessi senza la possibilità di buttarci.

E a proposito di "buttarsi", il senso di vertigine mi attanaglia lo stomaco, riportando la mia attenzione alla vista della strada che da qui è surreale.

La mia camicia sventola nel fresco della sera e il cielo invece sembra quasi vero. Non si avvicina lontanamente a quello che riuscivo a vedere in Montana, ma sembra comunque abbastanza valido per farmi battere il cuore al doppio della velocità e ricordarmi che nonostante tutto, nonostante le diversità, noi esseri umani siamo avvolti dallo stesso manto che ci protegge.

«Non mi butterei fossi in te.»

Il suono di una voce pigra mi fa sobbalzare e perdo quasi l'equilibrio. Stringo la mano alla ringhiera e mi volto per guardare in viso l'intruso.

Porca. Miseria.

Mi ritrovo davanti un uomo sulla trentina, o forse un po' di più, con occhi scuri e capelli coperti qua e là da striature grigie che lo rendono decisamente attraente.

Anche la sua posa è pigra come il suo tono di voce; è poggiato al muro con una sigaretta tra le labbra e le mani nelle tasche dei pantaloni.

Pantaloni che foderano delle lunghe e muscolose gambe.

SADLY BUT MINEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora