Capitolo 5- imprevedibile

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Jonathan

Nonostante le resistenze iniziali, Marcus sembra essersi rilassato, ed ora siamo seduti su un divanetto ad angolo in una zona appartata del locale.

Dopo che la barista ha preso le nostre ordinazioni, cala un silenzio composto dalle voci di estranei intorno a noi, che sembrano divertirsi e sapere esattamente cosa fare.

Io so perché sono in silenzio. Non capisco perché anche lui sia caduto in questo stato di mutismo.

Per quanto mi riguarda mi sto pentendo di averlo fermato, di averlo convinto a bere qualcosa con me.

Il motivo a tutto ciò è che continuo a guardarlo come se volessi perforare i suoi vestiti con una vista laser che chiaramente non possiedo.

Non capisco cosa mi prenda, ma quando sono con lui non riesco a pensare ad altro che non sia la sua faccia perennemente corrucciata, e a come vorrei toglierla a furia di morsi su quelle labbra stupende.

Mi schiarisco la voce e cerco di far veicolare lo sguardo altrove, per evitare di metterlo in soggezione.

Tuttavia i miei piani falliscono e le mie pupille ritornano sul suo viso, come se fossero ancorate ad una forza invisibile per la quale mi è impossibile fare altrimenti.

Questa volta però, lo sorprendo a fissarmi a sua volta, e quindi gli sorrido.

Questo mio semplice gesto lo fa arrossire, e mi sento uno stronzo orgoglioso. Ho provocato io quel calore che lo sta attraversando al punto da manifestarlo sulle gote.

La mia mente inizia a viaggiare senza sosta, avventurandosi in meandri oscuri. Immagini di Marcus girato di spalle che sussurra il mio nome, io che osservo indisturbato le ciocche bionde e sudate sulla sua nuca, le mie mani che gli scavano nei fianchi, io che...

«Si può sapere che hai da fissare in quel modo?»

La voce di Marcus mi riporta alla realtà e cerco di darmi un contegno, che mal si addice all'enorme erezione che preme nei pantaloni e prega di essere considerata da lui.

«Ho visto che hai conosciuto Max» il mio tentativo di cambiare discorso è imbarazzante, ma almeno parlare del mio amico funziona per farmelo ammosciare.

«Sì, è un uomo simpatico» dice lui mentre si guarda intorno, come a cercare la persona di cui stiamo discutendo, nella folla del bar.

«Vi siete già accordati per un incontro? Penso dovrei presenziare anche io» dico rilassando la postura e divaricando le gambe.

Le nostre cosce si sfiorano e lui fissa per un attimo il punto in cui le nostre gambe si congiungono, prima di riportare gli occhi nei miei.

«Sì mi ha dato appuntamento nel suo ufficio. Non credo sia necessaria la tua presenza.»

Le sue parole sono brusche, ma non tardo a notare come non si sia sottratto al contatto tra i nostri corpi.

È come se quella piccola porzione di noi si stesse trasmettendo un calore inaudito.

O perlomeno è quello che sto percependo io...

«Ecco a voi ragazzi» la cameriera lascia i nostri drink sul tavolo e dopo averci allungato anche una porzione di chips, si infila il vassoio sotto al braccio e si dirige dai prossimi clienti.

Mentre allungo la mano per prendere il mio scotch, noto che Marcus ha bevuto una generosa quantità di vino dal suo calice.

«Vacci piano ragazzino» dico senza riflettere.

Lui mi guarda inarcando un sopracciglio e, portando nuovamente il bicchiere alle labbra, sorride tra sé e sé.

«Quanto vorrei capire perché ridi di me» dico serio allungando una mano per spostare una ciocca bionda dai suoi occhi.

SADLY BUT MINEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora