Capitolo 5

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† Callum †
🪷
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Inspirai il fumo, lasciando che mi scivolasse in gola mentre lasciai che una lieve nube bianca mi fuoriuscisse dalle narici e passai la lingua sulla labbra carnose.

Afferrai la stecca del piercing tra i denti, incastrando il filtro della sigaretta tra pollice e indice  e con forza, lo spinsi verso un punto indefinito del viale.

Sembra inghiottito dalle tenebre.

Ancora una volta i lampioni erano stati staccati e oltre la pallida luce della luna, nient'altro riusciva ad illuminare la strada.

Il cielo torvo era ricoperto da nuvole torbide che sembravano in procinto di esplodere assieme a tuoni e lampi.

Una folata di vento freddo s'innalzò insinuandosi al di sotto del tessuto della felpa nera che indossai assieme al chiodo di pelle nero.

Tutto, di quella notte, sembrava inscenato da un regista di film horror.

Anche se negli anni ci eravamo prodigati affinché il quartiere venisse riqualificato, quell'aurea tetra e marcia che si era aggrappata alle sue fondamenta come un cancro non sembrava intenzionata a lasciarla andare. Liberarla dal suo passato era diventata un impresa più ardua di quanto credessi, ma non mi sarei arreso, avrei continuato a lottare senza sosta per questo posto.

Deliv si piazzò davanti alla porta, bussando con tre colpi secchi delle nocche.

«Parola d'ordine?» domandò la voce nasale oltre la porta blindata.

Mi tolsi il cappuccio da sopra la testa e guardai con la coda dell'occhio Deliv al mio fianco.

Deliv sbatté la mano tatuata al lato della fessura con forza facendo vibrare la porta «Baciami il culo, coglione.» tuonò sporgendosi con il busto verso la voce  guardando oltre la fessura.

Vervet chiuse la mano a pugno e la portò davanti alla bocca soffocando una risata. «Yuri si è cagato sotto dalla paura.»

«Ah siete voi.» rispose la voce. «E non mi sono messo paura.»

Deliv abbozzò un sorriso e prese il pacchetto di gomme dalla tasca posteriore dei jeans. Lo portò alla bocca e ne prese un paio iniziando a masticarle come al suo solito.

Infilai le mani in tasca e attesi che il ragazzino si decidesse ad aprire la porta.

«Non voglio problemi, Callum. Dopo il matrimonio me ne andrò.»

Schioccai la lingua tra i denti, ricordando le sue parole.

Tornare dopo tutto questo tempo equivaleva già al volere problemi, se è vero che mi conosceva come immaginavo, era consapevole che non le avrei permesso di viversi il soggiorno in città tranquillamente. Del resto perché avrei dovuto?.

A maggior ragione se dopo il matrimonio di Kelly e Jason non l'avrei più rivista. Era in debito con me di tre anni e in un modo o nell'altro, li avrebbe scontati tutti in questi giorni.

Respirai e afferrai la stecca del piercing tra i denti mordicchiandola e armeggiai con le mani all'interno della tasca senza un vero e proprio motivo.

𝐂𝐀𝐋𝐀 𝐋𝐔𝐍𝐀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora