Capitolo 7 ( pt.2 )

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Luna
🌙
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Una settimana.

Un lasso di tempo breve, non eccessivamente lungo, eppure mi sembrava essere trascorsa un'eternità.

Ero certa che questa volta non sarebbe stato facile, non che la prima volta lo fosse, ma ora più che mai la distanza dalla mia famiglia, dai miei amici e da lui mi aveva turbata.

Pensavo a loro ogni secondo, di ogni minuto, di ogni singolo giorno.

New York non era casa mia.

Questo squallido locale nella quale ero costretta a fare la cameriera sotto sua costante e vigile sorveglianza mi faceva venire il volta stomaco.

Ma non potevo fare nulla se non accettarlo.
Zante e Tyler erano seduti poco distanti dal bancone, parlavano tra di loro in modo animato, lanciandomi di tanto in tanto delle occhiate veloci.

Passai la pezza sul bancone di legno, tenendo lo sguardo fisso su di loro fregandomene di come avrebbero potuto reagire.

Mi ero ripromessa di diventare la loro spina nel fianco.
Se dovevo barcollare come un'anima in pena tra le onde del purgatorio, l'avrei fatto tormentando tutto colore che mi avevano recluso in questo maledetto limbo.

«Portaci due birre.» proferì Zante, poggiando il piede sulla sedia di Tyler.

Mi trafisse con lo sguardo. Gli occhi scuri erano sempre caratterizzati da quel malsano luccichio che sembrava pronto ad esplodere come le fiamme di un incendio doloso.

La maschera che indossava, nera e con un teschio bianco disegnato sopra, gli copriva lo sfregio raccapricciante che gli solcava quella parte del viso.

Solo mentre beveva la scostava da un'unica parte e Tyler non accennava ad alcun tipo di reazione.

Per lui, la cicatrice di Zante, doveva essere comune, niente di così raccapricciante da togliere l'appetito o il sonno.

«Sei sorda stasera? Che hai?» domandò battendo le mani tra di loro. «Muovi il culo e portaci quello che ti ho chiesto.»

Il rumore echeggiò nella stanza e tutti i presenti rimasero a fissarci.

Serrai la mascella e strinsi il tessuto dello straccio tra le mani fino a ridurre la pelle delle nocche bianche e sottili.

«Fattelo da solo.» risposi lanciando la pezza nel lavandino.

Alzò il sopracciglio e Tyler si girò verso di me sogghignando.

«Al nostro piccolo fiore di loto piace essere masochista a quanto pare.»

Marcò quel nomignolo. Solo al sentirglielo pronunciare mi venne il voltastomaco e sentii la pelle aggrinzirsi al suono stridulo e raccapricciante della sua risata.

Zante si alzò, con il piede scansò la sedia di legno sulla quale era seduto poco prima e camminò verso di me.

I capelli lunghi gli accarezzarono il volto duro e per metà coperto dalla sua solita bandana ma gli occhi scuri mi erano ben visibili e dal modo in cui mi stava fissando, non premettevano niente di buono.

Cadde il silenzio nel locale. Tutti i presenti fermarono qualsiasi cosa stessero facendo per guardare noi. Per vedere ciò che sarebbe successo di lì a poco.

Nessuno aveva mai osato rispondergli in quel modo prima d'ora e nonostante alcuni di loro si dovettero sforzare nel trattenere una risata, altri smisero di respirare, soprattutto le donne a loro fianco.

𝐂𝐀𝐋𝐀 𝐋𝐔𝐍𝐀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora