10. Cerbero

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Zachary's pov

Lacrime
Le ho viste mentre lasciavano il suo volto che sta diventando un punto fisso per me ormai.
Non posso seguirla, non posso più regalarle quelle rose quando i miei occhi sono costretti a guardare i suoi petali che appassiscono.

Ci siamo allontanati e ogni giorno devo ricordare a me stesso di combattere quella forza che supera le conoscenze fisiche del mondo e che riporta in superficie lo Zack del passato.

È scomparsa dai corridoi, è ora di pranzo ma di Lelia nemmeno l'ombra.

Ma io devo sapere che cazzo è successo.

Le maschere non sono una mia specialità, non sono mai stato un bravo attore ma con lei devo imporre alle mie gambe di arrestarsi dal compiere un passo verso di lei e devo obbligare le braccia a non stringerla al cuore.

E la mia testa...

La mia testa è un campo da guerra.

La mia attenzione viene catturata dalla figura di Cassy, sta camminando per il corridoio, le braccia sembrano quasi formare uno scudo intorno a lei e punta lo sguardo a terra. Gli occhi sono lucidi e la pelle arrossata, ovviamente non serve un genio per capire.

Ho trovato chi risponderà alle mie domande, la mia curiosità supera la compassione che dovrei provare per Cassidy Jones.

Procede spedita verso l'aula cercando di evitare chiunque ma non ha ancora capito che sarò un ostacolo insuperabile se non mi dirà tutto.

3, 2, 1 il sipario si alza e un sorriso appare sul mio volto mentre mi pianto davanti a lei.

<Saltando i convenevoli potresti dirmi perché tu e Lelia siete tanto sconvolte e perché lei è scappata in lacrime?>.

Lei alza gli occhi su di me <Zack non è il momento credimi> e fa per superarmi ma, mi riposiziono davanti a lei, seguendo il movimento delle sue gambe.
<Forse non sono stato chiaro Cassy, devi dirmelo> dico incrociando le braccia al petto.
I suoi occhi verdi da cerbiatto impaurito potranno ingannare tutti gli studenti di questa scuola o anche gli abitanti di tutta la città, ma non me. Non oggi, non dopo aver visto la mia piccola rosa in lacrime.

Non posso proteggerla da me stesso per ovvie ragioni ma gli altri non devono neppure pensare di toccarla o di ferirla con l'arma più affilata per lei che è diventata così insicura.
Le parole.

Queste bastarde possono spezzarla in pochi minuti, possono provocarle un'agonia nettamente superiore al dolore per un livido o un taglio. E so questo perché, da quando sono tornato, non ho fatto altro che usarle contro di lei. Soprattutto quando la situazione stava diventando troppo da sopportare, quando avvertivo la sensazione della maschera

che scivolava dal mio volto.

<È già suonata la campanella, dobbiamo entrare> dice Cassy, risvegliando la mia mente.

<Non mi interessa e se ti sta a cuore entrare in classe allora fai in fretta a dirmi tutto> dico inclinando la testa e guardandola dritta negli occhi.

Da un movimento veloce delle sue palpebre si origina, al quel punto, una cascata di lacrime.
<M-mi dispiace tanto> dice con un filo di voce.

Ora capisco, è stata lei.

<Cosa le hai fatto Cassy?> cerco di sembrare il più calmo possibile e di non sembrare troppo aggressivo, perché potrebbe chiudersi in sé stessa e non parlare più, mentre io devo utilizzare questo spazio per farmi dire tutto.

Per arrivare alla verità.

<Sono stata troppo dura, non avrei dovuto ferirla così>

Acqua, sono ancora troppo lontano.

Una rosa senza spineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora