01. Questo giorno è la mia maledizione

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PRIMA PARTE DELLA STORIA:
Tra cuore e mente

~•~

JULIA POV

Un anno dopo.

Un giorno Charles Bukowski scrisse: "A volte non hai il tempo di accorgertene, le cose capitano in pochi secondi. Tutto cambia."

Fortunatamente avevo ereditato il patrimonio dei miei genitori, non sapevo quanto fosse realmente una cosa buona, ma grazie a quest'ultimo non ero finita per vivere in mezzo a una strada. La casa dove mi trovavo era stata messa sotto sequestro per indagare sul loro assassinio. Per un po' mi venne data una camera d'hotel, tuttavia una volta parlato con il notaio e aver ricevuto almeno una piccola percentuale dell'eredità in anticipo, riuscii a prendermi un appartamento in affitto, nella stessa città dove tutto mi venne tolto. Non seppi mai il perché, ma nonostante mi avessero trovata in quella casa, in piedi tra i corpi e con un'arma in mano, non venni mai vista come una sospettata. Non raccontai tutto subito alla polizia, quando mi trovarono ero così scossa da quel che avevo sentito e visto che non parlavo, ci vollero settimane prima che riuscissi a raccontar loro l'evento sotto il mio punto di vista, e nessuno mise in dubbio ciò che dissi.

Al momento mi trovavo nel bagno della mia nuova dimora, se così si poteva chiamare. Era così spoglia che non sapevo come definirla; nella mia camera c'era solamente un letto, un piccolo armadio e una lampada che tenevo poggiata a terra. Per molti le condizioni in cui vivevo, e come lo facevo, potevano non sembrare nulla, ma per una ragazza che aveva sempre avuto tutto, trovarsi senza più un qualcosa da ritenere suo non era la miglior cosa. Quell'abitazione non la sentivo mia... in realtà, dopo l'accaduto non chiamai più nessun posto in quel modo.

Facendo un lungo e profondo respiro mi abbassai all'altezza del lavandino, presi dell'acqua fredda tra le mani e mi bagnai il viso, cercando di svegliare i miei occhi e in qualche modo magico far andare via quelle chiazze nere che si erano create sotto di essi. Non funzionava mai, erano sempre lì, ma continuavo a sperarci. Solo una cosa poteva farle andare via con un po' di tempo: un bel sonno, ma questo per me rimaneva solo un sogno.

Mi rialzai lentamente, sperando che, in quello specchio consumato dal tempo e rotto da un mio pugno che ricevette la prima notte del mio soggiorno, ritrovassi quella bambina piena di vita che ero una volta. Come accadeva sempre, non appena mi guardai, sentii i brividi trapassarmi il corpo alla vista dei miei occhi privi di ogni vita e con la stanchezza che li contornavano. Mi fissai a lungo, ma non vedevo altro che morte. Posai le mani ai lati del lavello, sentendo la freddezza della ceramica accarezzarmi il palmo, mentre lo stringevo con forza... con rabbia. Il ricordo di quella sera tormentava la mia psiche da un anno, e ogni giorno era lì a ricordarmi quanto era accaduto, senza mai darmi pace. Forse era la mia maledizione.

Sentii gli occhi pizzicare, così li chiusi e feci un sospiro lungo e duraturo, mentre cercavo di calmare il correre del mio cuore. Io avevo tutto; una famiglia felice, una vita sociale, una vita normale... dopodiché, tutto d'un tratto, non avevo più nulla. Mi venne tutto strappato con così tanta foga e velocità che mi ci vollero minuti per metabolizzare l'accaduto, compresi solamente all'arrivo della polizia e alla vista delle loro pistole puntate contro di me. All'udire delle loro bugie; «andrà tutto bene», mi dicevano. 'Ieri, oggi o domani? Quand'è che lo farà?', avrei dovuto chiedere.

Ero felice una volta, lo ero davvero. Ora? Non avevo più niente.

E con ancora gli occhi chiusi, una piccola e luminosa stilla riuscì a scapparmi da essi, lasciandosi cadere e accarezzando per pochi istanti le mie guance calde e rosicce. A quel punto lasciai che tutto riaccadesse; i ricordi mi si presentarono davanti, come se stessi ripercorrendo la mia vita in una sitcom, concedendomi la forza di non crollare. Non ora.

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