03. Fiducia testata?

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JULIA POV

Ernest Hemingway scrisse: "Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia."

Improvvisamente, un tonfo così forte da provocarmi fastidio mi costrinse a spalancare lo sguardo in pochi nani secondi, interrompendo quelli che erano i miei soliti incubi. Probabilmente era solo la mia mente che giocava brutti scherzi.

Continuai a sentire come se qualcuno picchiasse contro il muro insistentemente e rumori di scarpe che picchiettavano sul pavimento, con sottofondo delle delicate risate, con successivi insulti rivolti a qualcuno sottovoce.

'Certo che qui sono tutti pazzi. Ora non mi lasciano neanche dormire.'

Presa dalla curiosità e dalla paura che si trattasse di qualche stupido fantasma che si aggirava per i corridoi della struttura, tirai fuori i piedi dalla copertina e mi alzai dal letto. Certo, i fantasmi non esistevano, ma da piccola mi era stato raccomandato che anche i mostri non ci fossero sulla terra... eppure io ne incontrai di molto brutti, e ora ne ero a caccia.

Mi avviai a piedi nudi verso la porta, incuriosita ma anche all'oscuro di ciò che avrei visto, aprii lentamente e con lo sguardo di chi era stato appena svegliato da un incubo. Davanti a me una scena che non credevo possibile, o almeno non dopo quasi una settimana dal mio arrivo; davanti a me, con le gambe che circondavano la vita di Benjamin, c'era la vipera di Kate. Le mani di lui erano impiantate sulle sue natiche, mentre lei continuava a baciarlo con foga, quasi come se le era mancato tutto quello. E mi venne quasi da ridere nel sentirli insultarsi in quell'istante. Erano così strani; si odiavano perché lui l'aveva ferita, eppure sembrava non riuscissero a far a meno di toccarsi e volersi, persino mentre discutevano.

«Sei un lurido bastardo. Ti odio» sentii sussurrare da lei, mentre un flebile gemito fuoriusciva dalla sua bocca.

Le labbra di lui abbandonarono le sue, trasferendosi con lentezza sul suo collo. Provocandola, desiderandola e dandole quell'eccitazione che speravo la trasformasse in un piccolo angelo. «Allora perché desideri che entri dentro di te più di qualsiasi altra cosa, cowgirl?»

La vidi distorcere lo sguardo, mentre stringeva con forza i suoi occhi. Non ero mai stata sotto l'incantesimo dell'amore, tantomeno sapevo cosa volesse dire desiderare qualcuno che ti aveva ferito... per quello non riuscivo a comprendere i loro gesti. «Non ti ho perdonato. Non chiamarmi così, stronzo.»

Fù in quell'istante che gli occhi di Kate si aprirono, notandomi dietro di loro, con indosso solamente una camicia da notte in seta. Vidi odio in quello sguardo che mi fulminò in pochi secondi. Benjamin non si accorse della mia presenza e lei neanche glielo fece presente, mentre veniva schiacciata contro la parete e lui le succhiava un piccolo lembo di pelle.

I suoi occhi non smettevano di fulminarmi, mentre con le labbra si avvicinava all'orecchio di lui per sussurrare: «andiamo dentro. Ci sono delle nuove regole, lo sai. Qualcuno potrebbe vederci.»

Dalla bocca di lui fuoriuscì un grugnito, mentre la lasciava andare, intento a voler passare la notte nel suo letto. La camera davanti la mia era proprio quella di Kate, per questo Benjamin non si voltò, non accorgendosi di me. Entrambi entrano in silenzio, ma poco prima che la porta venisse chiusa lei mi lanciò un'ultima e crudele occhiata, quasi per dirmi: 'ne riparleremo domani.'

Tornai nella mia camera, incredula davanti quello che avevo appena visto. Ovviamente non sarei mai andata a spifferare tutto a Felipe, non ero mai stata quel tipo di persona, ma cazzo, forse i drammi di quella scuola mi sarebbero davvero piaciuti. Quando tornai nel mio letto, qualcosa mi teneva ancora sveglia... una voglia.

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