2. Gola

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Gola: nel suo senso concreto, è l’irrefrenabile bramosia di ingurgitare cibi o bevande senza fermarsi al limite della sazietà imposto dal corpo, ma proseguire nella consumazione per puro piacere e ingordigia. In senso astratto, “goloso” è chi abusa di una determinata cosa, andando al di là del limite imposto dalla natura umana.
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GOLA

Tw: droga, scene esplicite
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L’autobus su cui viaggiava traballava qua e là, sballottandolo mentre percorreva il tratto che univa casa sua alla sua destinazione: l’ospedale San Jacopo.

Il fatto che l’ospedale della città avesse lo stesso nome del gemello perduto di Simone – quello stesso gemello che gli piaceva pensare li avesse uniti molti anni prima per mezzo del dinosauro che ancora stringeva la notte per sentirsi meno solo in quella sua nuova vita – era stata la discriminante principale per la quale aveva scelto di fermarsi lì. Lo aveva preso come una sorta di segno del destino, un modo attraverso il quale chi stava scrivendo la sua storia intendeva fargli capire che fosse lì che doveva stare, che magari aveva fallito nel compito che Jacopo gli aveva suo malgrado dato molti anni prima, ma lo avrebbe rammentato per tutta la vita, rendendo ancora più indelebile il ricordo di Simone nel suo cuore.

La ragione per cui stava andando lì, tuttavia, non aveva nulla a che spartire coi dolci ricordi del passato, ma con un’urgenza del presente: doveva incontrare Maurizio, il suo spacciatore di fiducia da quando aveva incominciato a farsi, e sapeva che la roba migliore lui la vendeva la mattina nel piccolo parco antistante l’ospedale, lì dove nessuno guardava mai perché “chi mai avrebbe smerciato stupefacenti in pieno giorno e in prossimità di un ospedale”, diceva sempre.

Non rammentava esattamente quando fosse iniziata, quando fosse passato dalle canne a tutto il vasto campionario dal quale adesso dipendeva: sapeva solo che era successo e che, in qualche maniera, doveva esser connesso al suo lavoro, perché aveva il distinto ricordo del fatto che la seconda striscia se la fosse tirata per dimenticare tutta la repulsione per sé stesso e per quel mestiere dopo aver scoperto che funzionava alla perfezione a quello scopo.

Il traballante mezzo di trasporto arrestò la sua corsa permettendogli di scendere, così che lui potesse inoltrarsi nel piccolo parchetto e girare attorno al grosso cipresso per tre volte, accendendosi poi una sigaretta ed emettendo tre anelli di fumo uno di seguito all’altro, il segnale convenuto a seguito del quale un uomo sulla trentina, piccolo ma muscoloso e con una capigliatura alla Mirko di Kiss me Licia, lo raggiunse con fare disinteressato, estraendo il telefono e fingendo di star scrivendo chissà quale importate messaggio mentre gli si fermava davanti, scusandosi perché gli si fermava davanti come fossero due estranei e non cliente e fornitore che si conoscevano da almeno 4 anni.

«Buongiorno signore» gli disse, attenendosi al copione ormai appreso a memoria. «Chiedo scusa, ma lei è sulla mia strada.»

«Me ne dolgo, signore» replicò lui senza fingere di stare al telefono. «Posso far qualcosa per farmi perdonare?»

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