Capitolo 2

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Il giorno dopo la tensione e l'eccitazione che tanto mi avevano infastidita si erano fatte sempre più intense.
Erano palpabili come qualcosa di solido. Erano persino qualcosa di soffocante.
Entrai in classe con calma, senza lasciarmi impressionare o contagiare dall'entusiasmo.
Anche quel giorno le prime due ore erano di letteratura, ma non mi sembrava che gli altri avessero molta voglia di ascoltare con attenzione le parole del professore.
Presi posto, ma dei nuovi studenti non c'era neanche l'ombra.
E nemmeno di Faith.
Lei arrivò circa cinque minuti prima che la campanella suonasse e un paio di minuti prima che il professore entrasse in classe a passo svelto.

Quando si presentò, con il solito sguardo pesante e corrucciato pensai che ormai i nuovi non sarebbero più arrivati.
Il prof posò con enfasi la cartella sulla cattedra ed estrasse un plico di fotocopie. Si sedette con un sospiro e alzò con una mano il grosso fascicolo.
"Qualcuno distribuisca questi e chiuda la porta, per cortesia...Taylor!"
Alzai di scatto la testa dal banco, dove io e Faith stavamo giocando a tris.
Stavo per vincere, prima che il professore assegnasse proprio a me quel compito.
Mi alzai di malavoglia, ma non lo diedi a vedere, e mi avvicinai alla cattedra.

La giornata era più fredda del giorno prima e il cielo era di un colore latteo, macchiato qua e là di nuvolette scure. Solo guardarlo faceva male agli occhi, ma non era quello il punto. Mi dava noia, e senza un minimo accenno di sole la giornata sarebbe stata grigia e senza allegria.
Presi le fotocopie, mi avvicinai alla porta, che non era poi molto lontana dalla cattedra e feci per chiuderla.
Mi parve di sentire qualche cosa nel corridoio, un rumore veloce di passi, ma era talmente lieve che lo ignorai.
Mi voltai verso i miei compagni, ma il rumore attirò di nuovo la mia attenzione e in un secondo, senza che nemmeno io sapessi spiegarlo esattamente, qualcosa mi colpì con forza, mandandomi a sbattere qualche passo più in là, proprio contro la cattedra.

Lo spigolo in legno mi colpì un fianco lasciandomi senza fiato, mentre un dolore intenso esplose diffondendosi nella zona colpita.
Faticavo a respirare e per un istante temetti di avere qualche costola incrinata.
Mi tastai l'addome per assicurarmi che fosse tutto a posto e non avvertii nulla di grave, tranne che faceva un male del diavolo.

"Accidenti, scusami, scusami tanto! Non ti sei fatta niente vero?"
Alzai lo sguardo, ignorando la risatina di alcune ragazze, e finalmente vidi il motivo di quello che mi era successo.
Non era particolarmente alto, ma torreggiava su di me dato che io ero piegata dal dolore e lui era in piedi.

I suoi occhi erano dello stesso colore del cioccolato fuso, lo stesso dei capelli, e la sua pelle era tanto pallida e regolare, da sembrare d'avorio.
Il naso era dritto, le labbra piene, ma non eccessivamente carnose, così simili a quelle delle statue greche, che sapevano esprimere sia forza che armonia.
Mi sentii intimidita dalla pesantezza del suo sguardo e dalla profondità della sua voce.
Per un attimo mi scordai completamente che eravamo in una classe piena di gente, osservata da tutti.

Non si sentiva nessun rumore, tranne il mio respiro, che emetteva un suono strano, quasi un fischio.
Mi lasciai sfuggire un colpo di tosse e velocemente portai la mano alla tasca dei jeans.
Trassi un sospiro di sollievo nel sentire il gonfiore familiare dell'inalatore.
Nemmeno io sapevo con esattezza da quando ero asmatica, ma sapevo che un minimo cambiamento del mio respiro bastava per farmi sentire soffocare.

"Ehi...rispondi, tutto a posto?"
Insistette il ragazzo. Annuii poco convinta, mentre portavo l'inalatore alla bocca ed inspiravo profondamente. Subito mi sentii molto meglio, quando i bronchi tornarono a funzionare a dovere.
"Non è successo niente." Mormorai per tutta risposta, continuando a fissarlo in viso.

I capelli scuri gli cadevano sulla fronte in quelli che dopotutto si potevano definire ciuffi ordinati.
La lunghezza generale arrivava circa alla linea della mascella.
Non erano perfettamente lisci, bensì lievemente arruffati come se si fosse svegliato dopo un sonno un po’ agitato.
L'unica cosa che interrompeva la continuità spettrale della sua pelle erano dei segni rossastri che cerchiavano gli occhi.
Sembrava che non dormisse da giorni.

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