Capitolo 7

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Ne ebbi la prova il mattino dopo, grazie alla stretta allo stomaco che provai non appena lo vidi entrare in classe.
La campana era appena suonata e il professore fece il suo ingresso due secondi dopo, perciò non potei parlargli.

Attesi con impazienza la ricreazione, ma sia lui che Eireen scapparono via come se fuggissero dal diavolo in persona.
Pensai subito che forse avevano qualcosa da fare e ignorai per tutto il giorno il loro comportamento, ma anche i giorni seguenti fecero lo stesso.
Mi fu allora chiaro che mi stavano evitando.
Il senso di colpa fu frustrante, ma venne presto sostituito dall’irrequietezza e dal nervosismo. Anche Faith non seppe bene come comportarsi con il mio umore suscettibile.

Dopo un po’ di ore che cercavo di parlare con Robert, lasciai perdere. Se non voleva rivolgermi la parola peggio per lui.
Non era un comportamento da persone mature, ma in fondo chi ero io per poter giudicare?
Il mio umore, già nero di per se, precipitò sotto la suola delle scarpe quando durante la pausa pranzo entrai a scuola diretta alla classe e mi fermai dietro all’angolo di un corridoio.
Oltre l’angolo avevo chiaramente sentito le voci dei fratelli Paige. Erano inconfondibilmente melodiose e cadenzate, ma erano entrambe esagitate come se stessero prendendo parte ad un’importante, quanto spiacevole conversazione.

Posai la schiena contro la parete e tesi l’orecchio, ben consapevole che origliare non era giusto, ma sinceramente incurante di peccare di curiosità.
"Non puoi fingere che non stia succedendo niente, Rob." Disse la voce di Eireen.
"Stai scappando. Non dimostri tanta dignità comportandoti così."
Il tono di Robert lasciava trasparire un’intensa frustrazione.
"Ho perso la dignità molto tempo fa. Non voglio che si ripeta ciò che è già successo."
"Allora diglielo! Dille che non la puoi frequentare, ma almeno prendi una decisione! Non puoi evitarla all’infinito, frequenti la maggior parte dei suoi corsi!"
Parlavano di me. Era chiaro come il sole.
"Cosa dovrei fare secondo te? Cosa le posso dire?"
"Sono solo parole!"
"Sono molto di più! È del mio cuore che si parla…E del suo. Non posso presentarmi da lei e dirle senti, mi sono innamorato di te, ma comunque vada non voglio frequentarti perché sono un…"
"Shh!"
"Cosa c’è?"

Troppo tardi mi resi conto di aver emesso un gemito di sorpresa. Aveva detto che era innamorato di me. Ma…Non voleva frequentarmi.
Purtroppo quella sorta di esclamazione mi costò il nascondiglio.
A stento vidi il volto di Robert emergere da dietro l’angolo della parete, perché già stavo correndo fuori dalla scuola, per evitare di parlargli.

Il mio cuore batteva all’impazzata mentre i corpi degli altri studenti mi sfilavano di fianco.
Avrei potuto investire qualcuno e fargli male sul serio, tanto veloce andavo, ma non successe e io mi trovai all’aria aperta.
Non mi limitai ad appoggiarmi ad un muro, corsi finché non raggiunsi il grande albero in mezzo al giardinetto e la sua maestosa ombra.
Lì appoggiai le mani contro il suo tronco e crollai in ginocchio, ansimando.
"Jackie!" La voce di Robert era sempre più vicina. Mi avrebbe raggiunto in fretta e anche se non avevo voglia di pensarci, avrei dovuto trovare le parole adatte per parlargli.

Il mio respiro aveva uno strano rumore. Avevo corso troppo, non riuscivo più a prendere aria.
Mi tremavano le mani, tanto forti da farmi cadere l’inalatore, quando lo estrassi dalla tasca.
Lo raccolsi dall’erba ben curata e inspirai due volte. Ancora sembrava che non bastasse.

"Jackie…"
Una mano mi si posò sulla spalla e mi fece voltare.
Era Robert.
Mi allontanai da lui quando bastava per appoggiare la schiena contro all’albero e abbracciarmi le ginocchia.
"Stai bene?"
Lo guardai, consapevole di avere gli occhi sgranati.
"Cos’hai sentito?"
Ci misi un paio di secondi a capire che si stava riferendo alla conversazione di un attimo prima.
"Solo che non mi vuoi frequentare. Che cos’ho che non va?"
Sorrise amaramente.
"Tu non hai niente che non va…Sono io il problema. Hai sentito altro?"
"Che sei innamorato di me…" Nel dirlo arrossii più del dovuto.
"Nient’altro?"
Scossi la testa. Per quanto mi riguardava, mi bastava, ma la sua espressione mostrò sollievo, come se mi tenesse nascosto chissà quale enorme segreto di stato.

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